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News dal Mondo

30° Spirito di Assisi. Incontro internazionale “Sete di pace, religioni e culture in dialogo”

20 Settembre 2016

Papa Francesco arriva ad Assisi, nel  tardo  mattino di oggi,  20 settembre,  per suggellare l’incontro interreligioso della Giornata mondiale di preghiera per la Pace,  a trent’anni da quello storico convocato da San Giovanni Paolo II (programma del Santo Padre ad Assisi, www.vatican.va). Ne aveva fatto riferimento dopo l’Angelus di domenica scorsa:  «Invito le parrocchie, le associazioni ecclesiali e i singoli fedeli di tutto il mondo a vivere  quel giorno come una Giornata di preghiera per la pace. Oggi più che mai abbiamo bisogno di pace in questa guerra che è dappertutto nel mondo. Preghiamo per la pace! Sull’esempio di san Francesco, uomo di fraternità e mitezza, siamo tutti chiamati ad offrire al mondo forte testimonianza del nostro comune impegno per la pace e la riconciliazione tra i popoli».

Anche nella meditazione a Santa Marta, questa mattina,  il Santo Padre ha ribadito con gioia che «oggi  che il mondo avrà il suo centro ad Assisi, ma sarà tutto il mondo a pregare per la pace»,  ma anche a pensare  «alla gente – bambini e anziani – alla quale non può arrivare l’aiuto umanitario per mangiare; non possono arrivare le medicine,  ⌈…⌉ e mentre noi oggi preghiamo, sarebbe bello che ognuno di noi senta vergogna che gli umani, i nostri fratelli, siano capaci di fare questo» (da Meditazione Mattutina nella cappella della Domus Sanctae Martae, La vergogna della guerra, 20 settembre 2016).

Al  Sacro Convento di Assisi Papa Francesco è stato accolto dal  Custode  padre Mauro Gambetti e poi ha abbracciato –  come illustrano i filmati video e  gli scatti fotografici  riportati sul sito della Comunità di Sant’Egidio –   il  patriarca S.S. Bartolomeo I, Ignatius Aphrem II patriarca siro-ortodosso di Antiochia, Justin Welby arcivescovo di Canterbury e Primate della Chiesa di Inghilterra, Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma e  Abbas  Shuman vice presidente dell’Università di Al-Azhar fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi. Ha salutato anche alcuni  rappresentanti del Governo e 25 rifugiati che hanno preso parte con lui al pranzo della Pace.

Gli scenari di oggi sono differenti da quelli in cui Papa Giovanni Paolo II convocò  trent’anni fa, per la prima volta la Giornata Mondiale di preghiera ad Assisi, ma la sfida della pace li accomuna. Nella cerimonia conclusiva dell’incontro con i leader mondiali delle religioni,  27 ottobre 1986, Giovanni Paolo II  fece riflettere sulla necessità di un obiettivo  da perseguire insieme nonostante la  diversità delle religioni a cui  la “drammatica sfida” dell’epoca richiamava,  essere a favore di una  “vera pace”  o  “guerra catastrofica”: «Per la prima volta nella storia ci siamo riuniti da ogni parte, chiese cristiane e comunità ecclesiali e religioni mondiali, in questo luogo sacro dedicato a san Francesco per testimoniare davanti al mondo, ciascuno secondo la propria convinzione, la qualità trascendente della pace. La forma e il contenuto delle nostre preghiere sono molto differenti, come abbiamo visto, e non è possibile ridurle a un genere di comune denominatore. Sì, ma in questa stessa differenza abbiamo scoperto di nuovo forse che, per quanto riguarda il problema della pace e la sua relazione all’impegno religioso, c’è qualcosa che ci unisce. La sfida della pace, come si pone oggi a ogni coscienza umana, comporta il problema di una ragionevole qualità della vita per tutti, il problema della sopravvivenza per l’umanità, il problema della vita e della morte. Di fronte a tale problema, due cose sembrano avere suprema importanza e l’una e l’altra sono comuni a tutti noi. La prima, come ho appena detto, è l’imperativo interiore della coscienza morale, che ci ingiunge di rispettare, proteggere e promuovere la vita umana, dal seno materno fino al letto di morte, in favore degli individui e dei popoli, ma specialmente dei deboli, dei poveri, dei derelitti: l’imperativo di superare l’egoismo, la cupidigia e lo spirito di vendetta. La seconda cosa comune è la convinzione che la pace va ben oltre gli sforzi umani, soprattutto nella presente situazione del mondo, e che perciò la sua sorgente e realizzazione vanno ricercate in quella Realtà che è al di là di tutti noi. È questa la ragione per cui ciascuno di noi prega per la pace.»

Numerosi  sono i  panel (Sfide dell’Africa globale, Economia e disuglianze, 1986-2016: l’attualità dello spirito di Assisi, La “casa comune”: nostra madre terra, Cristiani e Ebrei in dialogo: punti fermi e nuove domande, Vivere insieme tra le religioni in Israele, Cristiani e musulmani alla prova della convivenza, Migranti e integrazione, Il terrorismo nega Dio,  religioni e poveri,  Cibo e acqua per tutti,  Save Aleppo! e altri  pubblicati sul sito www.santegidio.org)  che si sono svolti durante i lavori della tre giorni ad Assisi, incontro  promosso dalla Comunità di Sant’Egidio, dalla Diocesi di Assisi e dalle Famiglie Francescane Assisi attorno al tema «Sete di pace. Religioni e culture in dialogo».

È iniziato domenica 18 settembre con la celebrazione eucaristica nella Basilica Superiore di San Francesco  presieduta dal vescovo di Assisi – Nocera Umbra – Guado Tadino mons. Domenico Sorrentino alla presenza di rappresentanti delle Chiese cristiane e delle comunità ecclesiali  e l’Assemblea inaugurale presso il Teatro Lyric Santa Maria degli Angeli. Il Simposio internazionale si è aperto alla presenza del presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella,  con i saluti istituzionali di Hilde Kieboon vice presidente della Comunità di Sant’Egidio, che presiede l’evento inaugurale,  mons. Domenico Sorrentino vescovo Diocesi di Assisi, Catiuscia Marini, presidente della Regione Umbra  e  gli  interventi dal fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi e del patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I a Faustin-Archange Touadéra (presidente della Repubblica Centrafricana), Baleka Mbete (presidente dell’Assemblea nazionale della Repubblica  del Sud Africa), Avraham Steinberg (rabbino, Israele), Mohammad Sammak (consigliere politico del Gran Mufti del Libano) e Nichiko Niwano (presidente del buddismo Rissho Kosei -kai, Giappone).

Andrea Riccardi ricorda come  trent’anni fa la sfida della pace «non era scontata» ed oggi, «nemmeno, quando il totalitarismo religioso si fa violenza e terrorismo» e rimarca come  «proprio in quegli anni, le religioni andavano assumendo un ruolo pubblico e nelle relazioni tra i popoli. Giovanni Paolo II aveva intuito che andavano ancorate alla pace e liberate dalla tentazione di rassegnarsi alla guerra o di giustificarla. Si recuperavano, in un solo gesto, le speranze e gli sforzi pioneristici di quelli che hanno sognato e visto da lontano quello che stava accadendo» (www.diocesiassisi.it).
Dal discorso del patriarca ecumenico di Costantinopoli, S.S. Bartolomeo I,  emerge  che «la ragione fondante dell’apertura e del dialogo, in ultima analisi, è che tutti gli esseri umani si confrontano con le stesse sfide. Il dialogo, quindi, conduce persone provenienti da culture diverse ad uscire dall’isolamento, preparandole ad uno scambio di rispetto reciproco e coesistenza. ⌈….⌉ Nella volontà di abbracciare l’altro, al di là di ogni timore o pregiudizio, la realtà di qualcosa, o di Qualcuno, che è oltre a noi stessi, ci conquista. Ed allora ci rendiamo conto come il dialogo porta benefici che sono di gran lunga superiori ai pericoli». Dialogo religioso,  consapevolezza ecologica («il problema dell’inquinamento  è collegato direttamente ai poveri della terra») e  coesistenza pacifica («richiede una trasformazione dei valori che sono profondamente radicati nel nostro cuore e nella società. La trasformazione in senso spirituale è la nostra unica speranza di rompere il ciclo di violenza ed ingiustizia») sono «le dimensioni profonde ed essenziali della pace, quella personale, ecologica e culturale», sostiene il patriarca. Conclude affermando che l’unica domanda alla quale siamo chiamati a rispondere è: “Vuoi guarire?” (Gv 5,6). «Se non lo vogliamo, rimarremo immobilizzati ed incapaci a dare una risposta alla sofferenza paralizzante attorno a noi. Ma se lo vogliamo, ci è stato assicurato che il più piccolo seme di pace può avere un effetto immenso sul mondo. È così il Regno dei Cieli! (Mt 13, 13-32)».
Sua Santità Bartolomeo I, nel venticinquesimo anno di elezione patriarcale,  ha ricevuto dall’Università per Stranieri di Perugia, ieri mattina, la Laurea Honoris causa  in Relazioni internazionali e cooperazione internazionale.  Dalle parole del discorso del prof. Marco Impagliazzo spicca la motivazione «Il patriarca ecumenico, è l’arcivescovo della Chiesa di Costantinopoli-Nuova Roma, ma anche il primus inter pares tra i primati ortodossi, fra cui ha la missione d’esprimere l’unità e l’universalità. Lei ha chiarito fin dal primo giorno della sua intronizzazione alla sede patriarcale: “Il patriarcato ecumenico rimane un’istituzione puramente spirituale, un simbolo di conciliazione e una forza disarmata, resta distaccato da ogni politica e si tiene lontano dalla ‘fallace arroganza del potere secolare”. Questa è la sua visione del patriarcato ecumenico. E noi la accogliamo in questa Università con rispetto e onore, proprio a partire da queste sue parole» (www.santegidio.org)

Redazione Bioetica News Torino