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58 Giugno 2019
Speciale Dalle cure palliative alle DAT

Cardinale Elio Sgreccia, l’amore per la vita nella bioetica

Mercoledì 5 giugno scorso è morto, all’età di novant’anni, il Cardinale Elio Sgreccia, bioeticista di fama internazionale al quale si deve la fondazione della bioetica dal personalismo ontologicamente fondato.
Ci ha lasciato un incommensurabile insegnamento e patrimonio culturale ed etico scientifico che troviamo nella pubblicazione dei suoi scritti, più di quattrocento, in articoli di riviste, saggi e in libri, tra i quali il testo che continua ancor oggi ad essere apprezzato da studenti e studiosi in tutto il mondo, tradotto in numerose lingue, e che costituisce le basi della bioetica di ispirazione personalista, da lui fondata, il «Manuale di Bioetica» in due volumi pubblicata nel 1986, rieditata e aggiornata più volte, la cui prima edizione nel 1984 riportava il titolo, «Manuale per medici e biologi».

Era un precursore dei tempi. Erano gli anni in cui alla Facoltà di Medicina e Chirurgia «Agostino Gemelli» dell’Università Cattolica del «Sacro Cuore» dove don Elio Sgreccia era  assistente spirituale dagli anni settanta e collaborava come co-direttore con il professore Angelo Fiori Ordinario di Medicina legale alla rivista «Medicina e Morale» veniva introdotto per la prima volta l’insegnamento della bioetica che venne a lui affidata sin dal primo corso accademico 1983 – 1984. Da lì nasceva l’esigenza di un manuale per i futuri medici. Agli inizi degli anni ottanta, come spiega infatti lo stesso professore Sgreccia nella sua opera ultima autobiografica, uscita a pochi mesi, all’età di novant’anni, dalla sua dipartita il 5 giugno 2019, intitolata «Contro vento. Una vita per la bioetica» (Effatà): «non c’era alcuna Facoltà, né in Italia né in Europa, che preparasse i bioeticisti. L’insegnamento era cominciato con incarichi temporali e annuali negli Stati Uniti, dove fu pubblicata anche una enciclopedia nel 1978 in tre volumi prima, poi in cinque, con il nome di «Encyclopedia of Bioetics», curata da Warren T. Reich. Non esisteva un manuale di bioetica e non c’era nessuna Università che la insegnasse, ma solo incarichi di docenza qua e là».

Ispiratore e fondatore di una bioetica dal personalismo ontologicamente fondato le cui basi sono proprio in questo primo «Manuale» in cui, attingendo agli studi filosofici, vi ha elaborato un proprio concetto di personalismo: «Mi pronunciai dunque per una fondazione metafisica dell’etica secondo cui l’uomo è uomo dal primo momento in cui si costituisce l “esistenza”, e cioè dal concepimento: da quel momento in poi, quello che verrà fuori sarà uomo e non avrà altro destino che l’uomo; da quel momento lì è uomo in tutto il suo valore. Quello che conta non è il fare, non è l’”avere” (inteso anche come avere le facoltà intellettive, fisiche, ecc.) ma l’”esserci”, perché tutto il resto presuppone l’esserci, sono “sviluppi “successivi all’esistenza. Da qui formulai la fondazione filosofica che stavo cercando e che inserii nel «Manuale»: “il personalismo ontologicamente fondato”. Tutto quello che andavo dicendo e tutto quello che scrissi nel «Manuale» prendeva origine da questo presupposto filosofico» («Contro vento», pp. 106). E vi trasmette un metodo nuovo, detto  “integrazione triangolare” che consiste, come lui stesso spiega in modo semplice avendo a mente come interlocutore lo studente di medicina: «prima l’aspetto scientifico: lo studente deve sapere che tu non stai barando ma prendi in considerazione quello che prende in considerazione lui. Successivamente, su quello che prendi in considerazione, elabori una riflessione antropologica, non puoi andare subito a dire cos’è buono e cos’è cattivo dal punto di vista morale, perché se affronti subito la questione morale rischi di arrivare a conclusioni dettate dall’emotività, dalle abitudini, dalla cultura, dal senso comune e tante altre cose simili. È indispensabile fare un “triangolo” e approdare all’etica, la parte applicativa che ha a che fare col bene, alla fine. Il bene si proporziona all’essere buono, «ens et bonum convertuntur», e l’applicazione dev’essere fatta «recte agendo». L’etica ha delle sue regole applicative, come nel diritto, e quindi il processo epistemologico va regolato in maniera più complessa di quello che comunemente si è portati a fare» («Contro vento», p. 109).

A lui si deve la creazione della Cattedra di Bioetica e di centri per la diffusione della cultura personalista in Bioetica, dall’Istituto di Bioetica annessa alla Facoltà di Medicina e Chirurgia  al Centro di Bioetica dell’Università Cattolica del «Sacro Cuore» che diresse entrambi per anni e con il suo impegno zelante il collante di coordinamento con l’estero, la Federazione Internazionale di Centri e Istituti di Bioetica di Ispirazione Personalista (FIBIP) che raggruppa più di quaranta Paesi e dal 2016 la sede è negli Usa anziché a Roma. È un infaticabile conferenziere nel mondo. La sua attività accademica si moltiplica con l’incarico di vicepreside prima e poi presidente nominato da Giovanni Paolo II alla Pontificia Accademia per la Vita in cui si affrontano sul piano della ricerca le questioni etiche più difficili ed emergenti.  È membro sin dal suo costituirsi del Comitato nazionale di Bioetica, dagli anni Novanta fino al 2006. E all’età ottant’anni si congeda dall’attività accademica per dare vita ad una nuova Pastorale, quella della Vita, formativa ed educativa sui temi etici della vita e famiglia e di sostegno attraverso la Fondazione «Ut Vitam Habent »e l’Associazione Donum Vitae e proseguire con una ampia pubblicistica, tra cui la ponderosa enciclopedia di «Bioetica e Scienza Giuridica»  co-diretta con il prof. Antonio Tarantino, il cui ultimo, dodicesimo volume, è stato pubblicato nel 2017.

Un uomo, un sacerdote, un filosofo e un bioeticista dai modi semplici e umili che ha saputo con tenacia affrontare le difficoltà che incontrava  lungo il  cammino della vita trasmessagli dall’ambiente famigliare contadino in cui era cresciuto, in un piccolo paese marchigiano Nidastore di Arcevia nel 1928 e dal Vangelo della Vita: «Dagli anni ’84 in poi, quando ho incominciato a insegnare in Cattolica, Facoltà di Medicina, e  specialmente dal 1986, anno  in cui fu pubblicato il primo «Manuale» di bioetica, mi sono sentito non come colui che ha portato la bioetica in Italia ma colui che è stato portato dalla bioetica in giro per l’Italia e per il mondo senza potermi talvolta rendere conto adeguatamente di quello che si stava costituendo tutti insieme intorno a noi» afferma il Cardinale Elio Sgreccia durante il suo discorso  nella cerimonia di conferimento di onorificenza del «Dottorato di Honoris Causa» dalla Pontificia Università «Regina Apostolorum» del 25 marzo 2011. È possibile riascoltare la sua «Lectio Magistralis» sul sito dell’Ateneo in un video registrato assieme a quello di Padre Gonzalo Miranda LC,  suo “discepolo”  e Decano della Facoltà di Bioetica presso il medesimo Ateneo nella «Laudatio» pronunciata in tale occasione, corredati da uno scritto a firma dello stesso Decano in memoria di «Elio Sgreccia, Maestro di vita e per la vita» (www.upra.org/news/sgreccia/)  all’indomani della sua morte, 6 giugno 2019. Tra gli aspetti del suo ritratto: «ha formato numerose generazioni di bioeticisti»,  «ha impegnato la sua solidità di pensiero e la sua finezza argomentativa, non per dilettare o dilettarsi ma per trasmettere idee, verità e valori che illuminano la vita di ogni persona umana».

Grazie alla sua figura si sono diffusi in modo capillare nel territorio italiano  istituti e centri di bioetica per portare la conoscenza della cultura della vita e dell’etica medica negli atenei e  fuori dall’ambiente accademico. Tra diversi centri viene istituito nel 2007 il nostro attuale Centro Cattolico di Bioetica dell’Arcidiocesi di Torino a seguito dell’incontro tenutosi il 13 ottobre 2006 tra il Cardinale Severino Poletto e monsignor Elio Sgreccia in occasione dell’inaugurazione della prima edizione del Master universitario in Bioetica presso la Facoltà Teologica di Torino.

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