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5 Gennaio 2013
Speciale L'Inizio della vita

Il Libro “Dare vita. Per una bioetica del nascere”

Il linguaggio comunemente usato per dire “fare un figlio” assume nella società odierna un’accezione più ampia del  significato tradizionale di pro-creare, che viene a comprendere “nuovi modi” del nascere, frutto dell’applicazione di tecniche riproduttive, che appaiono sempre più sofisticate e  mirate a superare l’ostacolo dell’infertilità.

Il  tema delicato e complesso delle questioni etiche legate alla vita nascente diventa argomento di riflessione per il  bioeticista e  medico specialista in cardiologia Gian Antonio Dei Tos  che le analizza, si  interroga sul  senso del nascere e dà uno sguardo sui criteri morali delle tecnologie riproduttive ispirandosi alla  visione  della tradizione e dell’antropologia personalista, avendo  come punto di osservazione il protagonista più debole, più fragile. Non nasconde la propria  fede cattolica che non viene però utilizzata come discriminante teoretica o supporto argomentativo, come osserva  Francesco D’Agostino nella prefazione al libro.

Quasi una metà del volume contiene accurate  informazioni tecnico scientifiche nel settore della fecondazione, della clonazione e della predeterminazione del sesso con tanto di dati statistici e legislativi – fecondazione in vivo e in vitro, crioconservazione degli spermatozoi e di ovociti e di tessuto ovarico, congelamento degli embrioni, diagnosi genetica preimpiantatoria dell’embrione. Il linguaggio usato da Dei Tos, coadiuvato da Nazzareno De Nardi, medico ginecologo e bioeticista  è agli occhi di un lettore non specialistico del settore sanitario chiaro e accurato, non annoia diversamente da quanto si possa pensare e suscita invece un interesse nella materia. Una conoscenza scientifica, che si rivela utile per seguire il discorso etico di Dei Tos su tre questioni che il tema della persona solleva all’esperienza del nascere: il diritto alla vita, il contesto d’amore che l’antropologia della sessualità assegna all’accoglienza di ogni nuova vita, l’unità e la stabilità della vita di coppia.

Si legge che non oltre il 30 per cento dei tentativi di fecondazione in vitro arriva a buon fine e  tra le cause, la manipolazione non innocua dell’embrione. Ancora elevato rimane   comunque il numero degli embrioni sacrificati. Se per un verso si desidera dare la vita, dall’altra non la si garantisce a tutti per «i limiti intrinseci delle metodiche adottate» e per l’ottimizzazione del processo nel caso di gravidanza multipla in cui si può ridurre il numero di embrioni. E seppure sia vero che

anche in natura accade che non tutti gli embrioni concepiti possano impiantarsi e svilupparsi, ma è anche vero che in genere gli embrioni perduti sono spesso portatori di gravi difetti incompatibili con il prosieguo spontaneo della gravidanza; viceversa gli embrioni concepiti in provetta e poi trasferiti nel grembo materno sono embrioni con caratteristiche biologiche ottimali, con tutte le potenzialità per potersi sviluppare e vivere in condizioni naturali, mentre la metodica in sé contempla se non addirittura pianifica la possibilità della loro perdita.

Così il destino della crioconservazione che espone l’embrione al rischio di morte o di grave danno per l’integrità fisica dovuta alle procedure di scongelamento e soprattutto la maggior parte di embrioni scongelati destinandoli ad essere orfani o all’abbandono.

Sul testo dell’autore monsignor Antonio Staglianò coglie una prospettiva che appare “magistralmente auspicata e documentata”: «Un saper congiungere e integrare le istanze tese alla ricerca del bonum suffragate dalla prassi preventiva e diagnostica nonché dalla promozione della cura in favore della vita nascente, nel contesto del rapporto medico-paziente».

La trama narrativa è costruita sulla basilare questione etica dell’embrione  che  Dei Tos argomenta nel primo capitolo con la disquisizione sull’identità umana dell’embrione, di cui è ancora acceso il dibattito nel mondo scientifico. Quantunque si volesse tentare di cogliere (anche attraverso l’osservazione e la sperimentazione scientifica) i segni dell’umanizzazione dell’embrione dobbiamo riconoscere – scrive Dei Tos –  che siamo poveri di strumenti tecnici e interpretativi  e […] di fronte  anche alla sola incertezza del dato noi non possiamo agire  come se il dato non esistesse, soprattutto se il nostro agire compromette l’integrità della vita o la stessa possibilità di esistere […].

Il riconoscimento dell’identità all’embrione/feto diventa rilevante nel dibattito etico sulla liceità  dell’interruzione  di gravidanza. Non senza tralasciare   i casi delle pillole Ru-486 del giorno dopo e di EllaOne dei cinque giorni dopo, Dei Tos  si sofferma sul fenomeno dell’aborto selettivo che si connota come un vero e proprio genocidio come accade ad esempio in  Cina. Il rapporto di Action Aid del 2008  prevede  nel 2020 35 milioni di uomini in più alla ricerca di una moglie.

Una notizia che non lascia indifferenti se si aggiunge che nella nostra società anche il riconoscimento di malformazioni congenite o fetali o solo potenziali dopo screening o diagnosi prenatali può essere motivo di interruzione volontaria.

DEI TOS G.A.

Dare vita. Per una bioetica del nascere.

Edizioni Messaggero
Padova 2012, pp. 160
€. 12,00

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