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Posizioni cattoliche sul “fine vita” in prossimità dell’incontro a Santiago della Associazione Medica Mondiale

19 Febbraio 2019

Suicidio medicalmente assistito ed eutanasia sono i temi di discussione del  prossimo 212moincontro consiliare dell’Associazione medica mondiale WMA) che si svolgerà in Santiago, in Cile, dal 25 al 27 aprile. L’Associazione dei medici cattolici dell’Australia (Catholic Medical Association of Australia) ha voluto esprimere la propria posizione in una lettera indirizzata ai dirigenti e membri del Consiglio della WMA che la Federazione internazionale dei medici cattolici rende nota il 18 febbraio www.fiamc.org.

Il dr Eamonn Mathieson e gli altri firmatari, membri del Comitato dell’Associazione australiana, chiedono che la WMA continui a mantenere la stessa linea in materia di suicidio medicalmente assistito (PAS) e di  eutanasia come affermata nei precedenti Consigli di Oslo (2015) e  Bali (2013), considerati entrambi contrari all’etica della professione medica e che il ruolo del medico è «di prendere sempre in cura,  curare dove possibile e mai intenzionalmente infliggere la morte». Nel 2013 al 194° incontro la WMA dichiara che «reaffirms its strong belief that euthanasia is in conflict with basic ethical principles of medical practice, and The World Medical Association strongly encourages all National Medical Associations and phisicians to refrain from participating in euthanasia, even if national law allows it or decriminalizes it under certain conditions».

E di continuare a rifiutare una posizione cosiddetta “neutrale” avanzata da «gruppi di minoranza a gran voce  e influenti all’interno della comunità medica»  in difesa della nobile tradizione etica.  Tra i motivi,  l’inconcepibilità della posizione neutrale in quanto o si è pro o contro  «i medici che intenzionalmente infliggono la morte ai loro pazienti per sollevare la loro sofferenza o persino la loro paura di una sofferenza futura». Poi la probabile perdita per la WMA di essere ancora un punto di riferimento sul piano informativo e di linee guida per pazienti e medici attinente alla cura del fine vita.  Ancora la «grave discontinuità» che verrebbe a crearsi nel considerare etico l’agire del suicidio assistito e dell’eutanasia dopo quasi 2500 anni di «saggezza etica medica»  e comportando un indebolimento dei diritti umani fondamentali dei medici obiettori di coscienza. Infine si andrebbe verso l’approvazione dell’eutanasia come «trattamento medico legittimato, che non lo è, e servirebbe a sostenere iniziative a favore dell’eutanasia per implementarne la legalizzazione in sempre più giurisdizioni, come è recentemente accaduto con l’esperienza canadese “Medical Assistance in Dying” , esperienza che viene usata per promuovere la legalizzazione Pas ed eutanasia nel Regno Unito».

In Australia sarà in vigore, a partire dal giugno prossimo –  come si legge nella nota dell’Agenzia Fides del 16 febbraio 2019 inviata  da Catholic Health Australia − nello stato di Victoria il “Voluntary Assisted Dying Act” (Vic), provvedimento,  approvato nel 2017, con cui si legalizza la “morte assistita” per i malati terminali e dinanzi a ciò le organizzazioni sanitarie cattoliche del Paese si sono ritrovate a Melbourne in un convegno intitolato Our enduring commitment to end of life care con lo scopo di definire un percorso di accompagnamento di  fine vita e favorire un equo accesso alle cure palliative a tutti i malati terminali.

La Catholic Health Australia, rete non governativa di servizi di cura e assistenza sanitaria cattolica, afferma in risposta  alla legislazione,  nel documento illustrativo ai lavori del convegno dell’11 febbraio, www.cha.org.au   –  che al cuore della tradizione cristiana vi è da sempre la cura verso i sofferenti in tutte le fasi della vita, particolarmente le persone più povere, emarginate. I primi ospedali erano luoghi di cura e di  accoglienza, un impegno che continua tuttora. «Sebbene i nostri servizi cerchino sempre di assicurarsi che coloro che abbiamo in cura muoiano nel conforto e con dignità, un aspetto rilevante della nostra etica nel prendersi cura delle persone è che noi non li assistiamo per terminare le loro vite o fornire eutanasia. La nostra posizione è coerente con l’etica ippocratica ed è condivisa dalla Associazione Medica Australiana e dalla Associazione Medica Mondiale». L’enfasi è, come viene ricordato, nell’assicurare che la loro etica della cura continui a servire coloro che ne hanno bisogno più avanti, per molti secoli ancora. Si riaffermano i principi cardine dell’eccellenza nella cura del fine vita.  Uno, ad esempio afferma che: «I clinici non infliggono la morte ai pazienti e non lo faranno intenzionalmente (eutanasia) né intenzionalmente assisteranno pazienti o residenti per prendere le loro vite (suicidio medicalmente assistito). Accettiamo e agiamo secondo l’impegno ippocratico che questi interventi non sono trattamenti medici. Poi, contravvengono al nostro Code of Ethical Standards. In questo contesto è importante essere consapevoli che la terminologia usata per descrivere questi interventi varia da luogo a luogo. Nel Voluntary Assisted Dying Act 2017 (Vic) sono collettivamente riferiti come “voluntary assisted dying“».

Sul suicidio medicalmente assistito e sull’eutanasia già alcuni giorni prima della pubblicazione della  lettera della Catholic Medical Association of Australia  sul sito della Fiamc,  appare il 13 febbraio 2019 la lettera a firma del presidente Fiamc prof. Bernard Ars  ai colleghi, intitolata On the World Medical Association, che in prossimità dell’incontro della WMA in aprile, riguardo alla discussione sulla proposta tedesca di porre alcune modifiche alla dichiarazione ufficiale della WMA che finora li ha considerati non etici, ribadisce: «La Fiamc cerca di mantenere la sua posizione nel dichiarare l’eutanasia e il suicidio assistito come incompatibili con l’etica e continua ad aiutare i malati senza provocarne la loro morte». Riprende, a conferma di ciò, il documento che già l’allora presidente dr. John Lee aveva inviato alla WMA, nel quale rendeva noto che «L’Associazione medica mondiale, spinta dalle raccomandazioni del gruppo di lavoro sulle politiche in materia di aborto, intende produrre due politiche che facilitano l’aborto e l’eutanasia in tutto il mondo ponendo dei limiti all’obiezione di coscienza dei medici» e una serie di conseguenze che «la minaccia all’etica medica» comporta. Dall’essere vittime di coercizione dei loro ordini professionali e dello stato per i medici che vogliono esercitare il loro diritto di obiettori di coscienza rispetto all’aborto e all’eutanasia al venir meno dell’impegno alla cura dei malati e al conforto dei moribondi, perché «forzati ad andare contro la propria coscienza o abbandonare del tutto la loro professione a ridurre la qualità delle prestazioni mediche.
Infine il presidente Bernard Ars dichiara l’impegno della Fiamc nel rafforzare le cure palliative e conclude riproponendo l’urgenza di riaffermare alcuni principi della morale cattolica medica. Ad esempio  il rispetto dell’insegnamento della Chiesa sulla santità della vita e la professione medica espresso  nelle varie encicliche papali dalla Humanae Vitae alla recente Laudato sì.  La cura palliativa quale alternativa al suicidio assistito e all’eutanasia e i cui programmi devono rispettare i documenti magisteriali di papa Giovanni Paolo II e i pronunciamenti della Congregazione per la Dottrina della Fede negli ultimi 50 anni, riguardo alla proporzionalità di cura, incluso alimentazione  e idratazione, seppure somministrati artificialmente, se  non vi siano altre controindicazioni, per tutto il tempo che compie lo scopo di fornire nutrimento e idratazione, e sarebbe altrimenti causa di morte se sospeso.

Redazione Bioetica News Torino