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68 Maggio 2020
Monografia Covid-19. Quale futuro dopo la pandemia?

Uno sguardo sociologico sulla pandemia da COVID-19

SCALON ROBERTO F Docente di Sociologia UNITO
Roberto Francesco SCALON ©Scalon

La teoria sociale da sempre ha messo in guardia circa le minacce che avrebbero preso forma con l’avanzare della modernizzazione, illustrandone i meccanismi generativi: in sintesi la natura rischiosa del mondo moderno deriva dalla separazione della razionalità strumentale dalla razionalità assiologica, per cui le applicazioni del binomio scienza/tecnica sono sottratte al controllo della riflessione morale finendo per essere articolate secondo il registro potenza/dominio. WEBER che, insieme a NIETZSCHE, meglio di chiunque altro ha visto il destino del mondo moderno, ricorre alla tragica immagine della gabbia d’acciaio, annotando come solo un’imprevista e improvvisa irruzione del momento carismatico potrà infrangerne le terribili sbarre.

Verso una realtà tecnocratica?

A partire almeno dalla prima metà dell’Ottocento, una precisa tradizione di studi teorico- sociali, viva ancora oggi, si è concentrata sui meccanismi e le dinamiche in forza delle quali la società moderna, molto più di quella tradizionale, risulta sistematicamente esposta al rischio di deriva in senso totalitario, intendendo con ciò l’avvento di una formazione storico-sociale tecnocratica, controllata da una ristretta cerchia di persone che accentrano a sé il controllo dei grandi apparati burocratici di tipo economico-finanziario, politico, educativo-formativi e culturali-comunicativi. Una seria analisi sociologica è indispensabile per introdurci a una comprensione del tempo in cui viviamo. L’attuale pandemia da Covid-19 facilita le cose, perché è uno di quei fenomeni che hanno l’effetto di rendere manifesto ciò che finora è stato per lo più latente: questo è il suo principale senso sociologico.

È oltremodo importante evidenziare come tale analisi si integri perfettamente con la riflessione e la preoccupazione che ha animato tutti i pontificati degli ultimi 150 anni, con un crescendo esponenziale in quelli del secondo dopoguerra. Valga come sintesi il seguente passo della Redemptor hominis (1979), l’enciclica programmatica dell’epocale pontificato di san GIOVANNI PAOLO II:

L’uomo d’oggi sembra essere sempre minacciato da ciò che produce […]. Egli teme che i suoi prodotti possano essere rivolti in modo radicale contro lui stesso; […] Lo sviluppo della tecnica e lo sviluppo della civiltà del nostro tempo, che è contrassegnato dal dominio della tecnica stessa, esigono un proporzionale sviluppo della vita morale e dell’etica. Intanto quest’ultimo sembra purtroppo rimanere sempre arretrato (15). […] La situazione dell’uomo contemporaneo, infatti, sembra lontana dalle esigenze oggettive dell’ordine morale, come dalle esigenze della giustizia e, ancor più, dell’amore sociale (16).

Ora, è un fatto:

– che esiste la capacità tecnica di costruire artificialmente agenti virali letali;

– che ciò dipende da una precisa volontà politica ordinata a fini strategici;

– che per “fini strategici” si deve intendere – realisticamente e in ultima istanza – la volontà di gruppi ristretti che costituiscono le più potenti e, al contempo, circoscritte aggregazioni degli interessi che mai si siano viste nella storia, potendo essi esercitare un controllo diretto e/o indiretto di tutti i grandi apparati che dominano la vita del mondo moderno;

– che tali gruppi – come la storia degli ultimi cento anni dimostra ampiamente – sono capaci di prendere decisioni ed eseguire programmi di distruzione e devastazione immensa, liberi da scrupoli di ordine morale o, addirittura, nell’ipocrita quanto delirante pretesa/convinzione di perseguire filantropicamente il bene dell’umanità;

– che, al pari e forse più ancora dello stato di guerra, la pandemia – sia essa di origine naturale o dolosa – offre a coloro che guidano gli apparati burocratico-repressivi dello stato l’opportunità di accentrare a sé il potere politico-decisionale e di stringere le maglie del controllo sociale, creando tacitamente i presupposti di un potenziale sovvertimento dell’ordine democratico (è questa una semplice asserzione da manuale di scienza politica);

– che la pandemia è funzionale all’implementazione sia dell’industria 5.0 (i robot non si infettano) sia della tecnologia 5G (che permette un controllo capillare e minuzioso della popolazione);

– che tanto l’industria 5.0 quanto la tecnologia 5G costituiscono un poderoso salto di qualità del potere delle elité sulle masse;

– che la comunicazione massmediatica sulla pandemia pare orientata a creare confusione ed evitare ogni certezza, tranne tre: 1) stare fermi, 2) comanda la scienza, 3) aspettiamo il vaccino;

– che, di conseguenza, la popolazione – impaurita – si ritrova psicologicamente predisposta ad accettare drastiche riduzioni della libertà e addirittura è pronta a ridursi da sola le libertà rimanenti.

Descrivendo l’impalcatura del mondo moderno, san PAOLO VI parlava di «strutture di peccato». Non è un caso che questa espressione sia venuta dal pontefice che pubblicò l’enciclica Humanae vitae e che sia poi stata ripresa da san Giovanni Paolo II proprio nell’enciclica Evangelium vitae: entrambi smascherano gli apparati del mondo moderno come intenzionalmente posti al servizio di una “cultura della morte”.

L’ideologia del relativismo denunciata da BENEDETTO  XVI (FRANCESCO  a sua volta parla di “pensiero unico”) ha ottenuto lo scopo di relegare il registro della razionalità morale nel ghetto dell’irrazionalità. La stessa nozione di bioetica vede capovolto il proprio significato: anziché ispirare la legge essa diventa il punto di arrivo della regolazione sociale perpetrata da una tecnocrazia che si fa stato etico, come emanazione del biodiritto e della biopolitica nel senso foucaultiano. La teoria sociale classica e contemporanea aiuta a comprendere come, nell’era dell’industria 5.0 e della tecnologia 5G, tutto ciò possa prefigurare una tragica evoluzione dell’ordine sociale in senso distopico.

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