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Accordo Parlamento e Consiglio Europeo sul divieto di 10 oggetti in plastica monouso

22 Dicembre 2018

Dopo decenni dalla grande rivoluzione della plastica, a cui siamo oramai abituati tanto da esserne invasi in casa senza quasi accorgersene, o  per il materiale leggero, pratico, maneggevole, economico, o per non depauperare le foreste o usare in alternativa ad altre risorse come il vetro o la madreperla –  pensiamo ai bottoni -, ora ci si trova a fare i conti con il suo inquinamento. È fonte di preoccupazione per l’ambiente marino.  Ogni anno si producono  in Europa circa 25,8 milioni di rifiuti di materiale plastico, meno del 30% è utilizzato per il riciclo  e generalmente dai 5 ai 13 milioni di tonnellate si riversano negli oceani   (European Commission, A European Strategy for Plastics in a Circular Economy  2018).

Lungo le spiagge dei litorali e nelle azzurre acque in superficie e in profondità degli oceani è facile trovare oggetti di plastica, recenti e del passato perché la decomposizione avviene lentamente, talvolta sporadici talvolta in grandi cumuli. Ma non è solo questione di immondizia ma di vero e proprio inquinamento dei mari, dell’habitat marino, della salute umana e del pianeta. Inquinamento, a cui si deve purtroppo anche la morte della natura animale.

Mercoledì scorso si è raggiunto un accordo tra Parlamento e Consiglio europeo sul divieto dei dieci prodotti monouso di materiale plastico, dal 2021, quelli più spesso rinvenuti nelle spiagge e nei mari d’Europa e considerati più inquinanti secondo i risultati di uno studio condotto dal Joint Research Centre della Commissione Europea. Costituiscono insieme agli attrezzi da pesca, il 70% dei rifiuti del mare.  E Frédérique Ries (Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa) della Commissione Europea per l’Ambiente, la Sanità pubblica e la Sicurezza,  ha spiegato che ciò contribuirà a «ridurre il costo di impatto ambientale di 22 miliardi – il costo stimato dell’inquinamento della plastica in Europa entro il 2030» e che «l’Europa ora ha un modello legislativo da difendere e promuovere a livello internazionale, considerata la natura globale della questione dell’inquinamento marino che coinvolge la plastica. È rilevante per il pianeta ed è quel che milioni di europei preoccupati ci hanno chiesto di fare». Occorrerà ancora  lavorare dalle due parti su tale fronte perché l’impegno diventi legge. Il testo sarà al voto del Comitato per l’Ambiente il prossimo gennaio.

I dieci, sono proprio quegli oggetti di cui spesso si fa uso:  posate (forchette, coltelli, cucchiai e bastoncini); piatti, cannucce, cotton fioc, bastoncini dei palloni; plastica oxodegradabile, contenitori per cibi, tazze di polistirolo  espanso. Tracce di residui di plastica si ritrovano nelle specie marine, tartarughe, delfini, balene, gabbiani e volatili, se non cadono vittime di essere soffocati da pezzi di plastica, come i classici sacchetti o borse per la spesa. Si stima che all’anno tra 75mila e 300mila tonnellate di microplastica siano rilasciate nell’ambiente nell’Unione Europea (idem, A European Strategy for Plastics in a Circular Economy).

Si produce un circolo vizioso che danneggia la salute tanto dei  mammiferi quanto dell’essere vivente con ripercussioni sull’equilibrio ambientale già fragile del nostro pianeta.  Si dovrà guardare, come spiega la Commissione europea, a prodotti alternativi per lo sviluppo di  un sistema bioeconomico, e per gli oggetti di plastica, che hanno una certa utilità o convenienza economica dovranno, secondo il piano strategico delineato per la plastica, A European Strategic for Plastic in a Circular Economy  (16.1.2018),  essere più riciclabili, riutilizzabili, privi di sostanze pericolose e contaminanti, biodegradabili.

Sono poi emersi tra gli  obiettivi comuni: il 90% della raccolta per riciclaggio  delle bottiglie di plastica entro il 2029;  etichettatura obbligatoria sull’impatto ambientale negativo delle sigarette con il filtro di plastica, come per le tazze di plastica, salviette inumidite, assorbenti;  un’applicazione più sostenuta dei contributi per lo smaltimento e riciclo, in particolare per il tabacco, attraverso l’introduzione di una Responsabilità Estesa del Produttore (EPR).

Redazione Bioetica News Torino