Aiuto al suicidio assistito. Quali comitati etici se ne occuperanno?
19 Febbraio 2020La Corte Costituzionale n. 242 del 2019 dichiara l’aiuto al suicidio assistito non punibile penalmente aprendo un’eccezione all’articolo 580 del codice penale con la pronuncia del 25 settembre 2019 e depositata il 22 novembre. Pronuncia l’illegittimità costituzionale di tale articolo 580 solo per la parte in cui non esclude tale violazione legandolo però a solo a determinate circostanze, ovvero quando sia una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli a richiederlo.
Perché sia lecita la richiesta, come spiega la sentenza, occorre che le sue condizioni siano state verificate da un medico; «che la volontà dell’interessato sia stata manifestata in modo chiaro e univoco, compatibilmente con quanto è consentito dalle sue condizioni; che il paziente sia stato adeguatamente informato sia in ordine a queste ultime, sia in ordine alle possibili soluzioni alternative, segnatamente con riguardo all’accesso alle cure palliative ed, eventualmente, alla sedazione profonda continua».
Poi, dopo la verifica da parte di una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, è necessario «il parere del comitato etico territorialmente competente».
Su quest’ultimo punto Carlo Petrini, direttore dell’Unità di Bioetica e Presidente del Comitato Etico dell’Istituto Superiore di Sanità e vicepresidente del Centro di Coordinamento nazionale dei Comitati etici territoriali pone alcune riflessioni su quali comitati etici sono abilitati ad esprimersi e propone quattro possibili scenari, pubblicate su QuotidianoSanità.it del 18 febbraio scorso, alla luce del fatto che il decreto «istitutivo dei quaranta comitati etici territoriali, che si sarebbe dovuto adottare entro il 15 aprile 2018, non è ancora stato emanato» (L. 11 gennaio 2018 n. 3 delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonché disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della Salute, – GU n.25 del 31.01.2018) e pertanto sono operativi quelli istituiti dalle Regioni con il decreto del 2013 (GU 154 (96): 12-21 del 24 aprile 2013, Criteri per la composizione ed il funzionamento dei comitati etici), « citato dalla Corte Costituzionale nella sentenza 242 del 2019).
Il primo è che se i comitati etici territoriali previsti fino ad un numero di 40 dalla legge n. 3 del 2018 valuteranno le richieste di assistenza medica al suicidio, se istituiti, si troverebbero un aggravio di lavoro oltre alla valutazione delle sperimentazione cliniche. Petrini spiega infatti: «Un ulteriore aggravio di compiti, aggiungendo anche casi clinici quali la richiesta di assistenza medica al suicidio, probabilmente costringerebbe a lavorare in modo frettoloso, a danno della qualità e profondità delle valutazioni. Inoltre la legge 11 gennaio n. 3 disciplina i comitati etici “per le sperimentazioni cliniche sui medicinali per uso umano e sui dispositivi medici” e non prevede che tali comitati si occupino di casi clinici. Pertanto, qualora il legislatore intendesse attribuire a tali comitati etici anche il ruolo di valutare casi clinici, necessariamente si dovrebbero adottare misure per rafforzare fortemente (in termini di risorse, competenze, organizzazione) i comitati etici».
Il secondo riguarda la possibilità che una volta istituiti i comitati previsti dalla legge 2018 n 3 si affidino i casi clinici, comprese le richieste di aiuto al suicidio assistito, ai comitati che rimarrebbero fuori dalla selezione dei 40 tra i 91 attuali. Questi comitati potrebbero occuparsi, suggerisce Petrini, «non solo dei casi clinici, ma anche delle molteplici tipologie di studi che non ricadono sotto la definizione di “sperimentazione clinica” stabilita al comma 2 dell’art. 2 del Regolamento (UE) 536/2014», riportando come esempio gli studi osservazionali e “real world”, con campioni biologici, diagnostici, epidemiologici. Pone la questione che «se esaminate dai comitati abilitati alla valutazione di sperimentazioni cliniche come da Regolamento (UE) 536/2014 (i quali avranno un carico di lavoro notevole anche a causa della necessità di rispettare scadenze spesso assai impegnative), vi è il rischio che tali tipologie di studi non ottengano adeguata attenzione». E riporta l’esempio della Spagna, che ha adottato un simile assetto normativo composto di 90 comitati operativi, 22 dei quali accreditati per le sperimentazioni cliniche, e dove gli accreditamenti per la sperimentazione vengono rinnovati periodicamente, e quindi il numero subisce nel tempo variazioni.
Il terzo prevede il mantenimento dei 91 comitati etici attualmente operativi e non si concretizzi la legge n. 3 del 2018 dando vita all’istituzione di 40 comitati etici. Ipotesi che per Petrini può essere giustificata, in quanto «i comitati etici istituiti ai sensi del decreto ⌈8 febbraio 2013⌉ sono legittimati ad esprimersi non solo sulle sperimentazioni cliniche» facendo riferimento al comma 2 dell’art. 1 dello stesso decreto: «Ove non già attribuita a specifici organismi, i comitati etici possono svolgere anche funzioni consultive in relazione a questioni etiche connesse con le attività scientifiche e assistenziali, allo scopo di proteggere e promuovere i valori della persona». Fa osservare come le criticità siano poi comunque le stesse con la necessità di «provvedimenti per adeguare i comitati all’impegnativo compito».
Il quarto prevede che i casi di richiesta di assistenza medica al suicidio siano valutati da comitati di etica specificamente dedicati alla clinica. Suggerisce la possibilità di far scaturire dalla sentenza della Corte Costituzionale la possibilità di far «istituire, regolamentare e promuovere in Italia comitati per l’etica nella clinica», portando avanti quanto il Comitato nazionale per la Bioetica aveva già sollecitato nel parere «I comitati per l’etica nella clinica» del 31 marzo 2017 sull’argomento ed espresso in una delle raccomandazioni contenute nella mozione «Accanimento clinico o ostinazione irragionevole dei trattamenti sui bambini piccoli con limitate aspettative di vita» del 30 gennaio 2020.
A livello locale dei provvedimenti sono stati emessi da alcune Regioni come il Friuli, la Toscana e il Veneto e la provincia autonoma di Bolzano.
Infine conclude Carlo Petrini nel descrivere alcune differenze rilevanti tra comitati etici per la sperimentazione clinica e di etica per la clinica evidenza che ai primi spetta valutazioni deliberative e ai secondi una funzione consultiva i cui pareri sono obbligatori ma non vincolanti e poi che mentre i primi sono situati spesso distanti dalle istituzioni dove le sperimentazioni avvengono, per i secondi la distribuzione dovrebbe essere nel territorio, «vicini al letto del malato e con possibilità di conoscere direttamente i casi in esame».
Alfredo Mantovano, magistrato e vicepresidente del Centro Studi Livatino, nella sua relazione tenutasi al Convegno « Medicina e Sanità ai confini della vita: il ruolo del medico» organizzato dall’AMCI con il patrocinio della FNOMCEO in Roma il 25 gennaio scorso, e intitolata Conseguenze e prospettive dopo la sentenza della Corte Costituzionale 242 del 2019 (www.centrostudilivatino, 30 gennaio 2020), tra le eventuali ricadute per il ruolo del medico accennate, solleva il problema «di quali comitati etici si sta parlando». Nel citare i riferimenti normativi fatti dalla Consulta riguardanti la disciplina dei comitati etici contenuta nella legge n 189/ 2012 e il decreto del ministro della Salute dell’8 febbraio 2013 Mantovano chiarisce anch’egli, come Petrini, che vi è la legge n. 3 del 2018 sul riordino dei comitati etici territoriali il cui termine fissato è scaduto da due anni. Mantovano commenta: «Con una organizzazione ancora in corso, che incontra resistenze da parte delle regioni, nessuna delle quali intende sopprimere comitati etici nel proprio territorio, resta oscuro quali comitati territoriali – il riordino avviene a costi invariati – e in che modo e con quali professionalità al loro interno corrisponderanno alle poche e generiche indicazioni sui loro compiti inerenti al fine vita contenuti nella sentenza». E suggerisce, dinanzi ai tanti elementi di confusione, di chiarirli prima di intraprendere nuove vie in ragione di un argomento così delicato.
Inoltre osserva « il capovolgimento di mission dei comitati etici» di cui la Corte «pare avere consapevolezza se collega il loro intervento “al cosiddetto uso compassionevole di medicinali nei confronti di pazienti affetti da patologie per le quali non siano disponibili vale alternative terapeutiche”: realizzando così una ardita estensione del concetto di “uso compassionevole di medicinali” ai prodotti che provocano rapidamente la morte».