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Allarme degli scienziati: «Basta modifiche del Dna o sarà troppo tardi». Appello su «Science»

21 Marzo 2015

Jennifer A. Doudna, dell’università della California a Berkeley, ha inventato un nuovo editing genetico, ma è lei stessa ad aver firmato per prima l’appello che caldeggia la moratoria internazionale sull’uso della nuova tecnica: gli scienziati e l’opinione pubblica, sostengono Doudna e i suoi colleghi, devono avere il tempo necessario ad approfondire tutte le implicazioni di questa tecnica rivoluzionaria, che potrebbe cambiare il Dna umano in modo tale da rendere ereditaria la manipolazione.

I biologi temono che la nuova tecnica sia a tal punto efficace e facile da indurre alcuni medici a farvi ricorso prima che se ne possa valutare con affidabilità la sicurezza. E vogliono che l’opinione pubblica capisca fino in fondo le questioni etiche connesse a tale tecnica, che potrebbe sì servire a curare malattie genetiche, ma anche ad accrescere la bellezza o l’intelligenza. «Con questa tecnica si potrebbe esercitare una forma di controllo sul patrimonio genetico umano» ha detto David Baltimore, ex presidente del California Institute of Technology e membro di un gruppo il cui studio in materia è stato pubblicato da Science.

Da decenni gli esperti di etica si preoccupano per i pericoli connessi alla manipolazione della linea germinale umana. Fino al 2012 tali preoccupazioni erano solo teoriche, ma da quell’anno una nuova tecnica rende possibile manipolare il genoma umano con precisione e con una facilità notevolmente superiore. La tecnica è già stata utilizzata per modificare il genoma di topi, ratti e scimmie e lo stesso potrebbe accadere anche per l’uomo. I biologi dell’appello su Science sono favorevoli a proseguire le ricerche, ma pochi credono che la tecnica sia pronta per l’uso clinico. Se infatti questo utilizzo è soggetto a una rigidissima regolamentazione negli Stati Uniti e in Europa, che cosa potrebbe accadere in quei Paesi che non regolamentano la scienza con pari rigidità? Una moratoria come quella richiesta dai biologi ha un precedente: nel 1975 fu chiesto agli scienziati di tutto il mondo di astenersi dal ricorrere a un metodo di manipolazione genetica, la tecnica del Dna ricombinante, fino a quando non fossero state fissate regole in merito. «Chiedemmo che nessuno effettuasse determinati esperimenti e, da quanto mi risulta, nessuno li fece» dice Baltimore. La tecnica del Dna ricombinante fu la prima di una serie di piccoli ma significativi progressi sulla manipolazione del materiale genetico.

Due metodi messi a punto di recente, e noti come “Dita di zinco” ed “Effettori Tal”, sono arrivati assai vicini all’obbiettivo di manipolare il genoma con precisione, ma sono risultati entrambi di difficile utilizzazione. La nuova tecnica di editing del genoma è stata inventata da Jennifer A. Doudna di Berkeley e da Emmanuelle Charpentier dell’università svedese di Umea. Il loro metodo, noto con l’acronimo Crispr-Cas9, coopta il sistema immunitario naturale col quale i batteri ricordano il Dna dei virus che li attaccano così da essere pronti a reagire nel caso in cui si presentino quegli stessi aggressori. I ricercatori possono semplicemente “istruire” il sistema difensivo fornendo una sequenza-guida di loro scelta, e quindi distruggere la corrispondente sequenza del Dna in qualsiasi genoma al quale il sistema è esposto. Pur essendosi rivelata molto efficace, questa tecnica in alcuni casi taglia il genoma in punti non voluti. Ma c’è dell’altro: secondo gli scienziati, sostituire un gene difettoso con uno normale potrebbe sembrare un’operazione del tutto innocua, ma probabilmente non è così. «Temiamo che si possano indurre mutazioni senza che le persone interessate siano consapevoli di quello che tali modificazioni implicano per il patrimonio genetico nel suo complesso» osserva il dottor Baltimore.

Esistono due grandi scuole di pensiero in relazione all’intervento sulla linea germinale umana, spiega R. Alta Charo, specialista di bioetica presso l’università del Wisconsin e membro del gruppo della dottoressa Doudna. La prima è pragmatica e cerca di bilanciare benefici e rischi. L’altra «fissa limiti intrinseci a come e quanto il genere umano debba alterare la natura». Alta Charo si definisce pragmatica, e dice che è meglio «regolamentare queste cose, invece di arrestare del tutto una tecnologia agli esordi». «È evidente che ci sarà chi effettuerà l’editing genetico negli esseri umani» dice Rudolph Jaenisch, biologo esperto di cellule staminali che lavora al Whitehead Institute di Cambridge in Massachusetts, «questo documento chiede che sia fissata una moratoria su qualsiasi applicazione clinica, e credo che sia la cosa giusta da fare».

La settimana scorsa, sulle pagine di Nature anche Edward Lanphier e altri studiosi che lavorano alla messa a punto della tecnica concorrente “Dita di zinco” per l’editing genetico hanno chiesto la moratoria. E giovedì anche l’Associazione internazionale per la ricerca sulle cellule staminali ha detto di essere favorevole alla proposta.

Nicholas Wade (traduzione di Anna Bissanti)

fonte: La Repubblica, © 2-015, The New York Times

Lara RealeGiornalista ScientificaRedazione Web Arcidiocesi di Torino