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Ancora lacune nella proposta di riforma della medicina territoriale. L’appello del Forum dei clinici ospedalieri e universitari

14 Giugno 2022

Una riforma organizzativa e strutturale del sistema sanitario territoriale (DM 71) non può essere svincolata da una riorganizzazione dell’attuale sistema ospedaliero che fa riferimento al DM 70 del 2015. In sintesi è il messaggio del Forum che riunisce medici di discipline diverse nella cura e nell’assistenza sanitaria ospedaliera (FoSSC) che, attraverso le 30 associazioni che li rappresentano, chiedono che vengano rivisti i parametri organizzativi delle strutture ospedaliere perché così come sono si riferiscono al 1968.

Il loro coordinatore Francesco Cognetti afferma che sono d’accordo con il potenziamento della medicina del territorio ma fa anche osservare: «riteniamo non sia sufficiente per risolvere i problemi dell’ospedale, a partire dalle liste di attesa e dal collasso del Pronto soccorso: i problemi più evidenti che sono all’onore delle cronache rappresentano la parte immediatamente visibile di una sofferenza ben più ampia, che coinvolge l’intero Ssn e che si sta già progressivamente manifestando in tutta la sua drammaticità».

La chiave di volta è il finanziamento e non ancora tagli alla sanità. La pandemia ha mostrato una criticità doppia, quella dell’assenza del territorio e dell’insufficienza ospedaliera. Le due realtà devono integrarsi e considerare alla luce dell’insegnamento appreso dalla pandemia da Covid-2 la capacità di saper affrontare futuri eventi epidemiologici.
Vengono segnalati alcuni punti di contraddizione:

  • la diminuzione degli istituti di cura che sono passati dal 2010 al 2019 da 1.165 a 1.054 (con un meno di 100 unità circa), dei posti letto di degenza ordinaria da 215 mila a 190 mila, del personale sanitario dipendente da 646236 unità a 603856 unità.
  • il numero dei posti letto di degenza ordinaria è sotto la media europea di 500 per 100 mila abitanti, la crescita dovrebbe riguardare almeno oltre i 350 posti; i posti di terapia intensiva sono sotto il minimo previsto di 25 per 100 mila abitanti, infatti si è al meno sulla carta ad appena 14. La pandemia ha mostrata la necessità aree preposte a terapia semintensiva sia nel dipartimento medico che nel dipartimento di emergenza
  • c’è il rischio che manchi il personale medico adeguato per le cure primarie
  • riduzione del numero di operatori sanitari in rapporto alla popolazione a differenza di altri Paesi: ad esempio i medici specialisti ospedalieri sono 130mila circa, 60 mila unità in meno rispetto alla Germania e 43mila in meno rispetto alla Francia. I medici di medicina generale sono appena 40.700 ma ogni anno si contano 3 mila pensionamenti. Medici neolaureati specializzandi lasciano l’Italia per una questione di migliori prospettive lavorative in termini di condizioni e di stipendi
  • si favoriscono prestazioni a favore del privato rispetto al pubblico “che viene depauperato”
  • Le problematiche legate all’afflusso nei Pronto Soccorso non vengono risolte con cambiamenti sul territorio. Francesco Cognetti spiega che quel che è territoriale deve essere considerato pre e post -ospedaliero. Le acuzie rimangono legate all’Ospedale, in particolare al Pronto soccorso.

Inoltre le associazioni del Forum (oncologi, cardiologi, ematologi, neurologi, medici di emergenza ed urgenza, otorinolaringoiatra, medici internisti etc) esprimono la preoccupazione che la costruzione di case di comunità rimangano poi cattedrali nel deserto non collegate agli ospedali e non rispondenti alla prossimità di cura.

Dal Dossier del Governo sul monitoraggio del piano nazionale della ripresa e resilienza

Riguardo ai traguardi da raggiungere in tema di Salute, che è la missione numero sei del Pnrr, tra gli obiettivi di riforma descritti, aggiornati al 7 giugno, vi sono:

  • Il primo giugno è stato sottoscritto il Contratto istituzionale di sviluppo tra il ministero della Salute e ogni regione riguardo alla realizzazione di almeno 1350 circa case di comunità, strutture sociosanitarie sanitarie dotate di personale multidisciplinare (medici di famiglia, pediatri di libera scelta, medici specialisti, infermieri di comunità e assistenti sociali) che prevedono punti unici di accesso alle prestazioni sanitarie; servizi sociali per anziani e fragili; servizi dedicati alla tutela della donna, del bambino e dei nuclei familiari (consultori). Entro il 30 giugno è previsto un contratto approvato da tutti i Cis regionali.
  • L’assistenza domiciliare (ADI) e l’impiego di nuove tecnologie come telemedicina, domotica e digitalizzazione.
  • Si prevede la realizzazione di 400 ospedali per il potenziamento delle cure intermedie attraverso strutture sanitarie della rete territoriale a ricovero breve destinate a pazienti per interventi sanitari a media-bassa intensità clinica e degenze di breve durata. L’approvazione del Contratto istituzionale di sviluppo va fatta entro il 30 giugno, nel frattempo il 1 giugno è iniziata la sottoscrizione di tale contratto tra il Ministero della Salute e le regioni.
  • Per l’ammodernamento del parco tecnologico e digitale ospedaliero si prevede un rafforzamento strutturale degli ospedali e un incremento e riqualificazione dei posti letto in terapia intensiva e subintensiva.

redazione Bioetica News Torino