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Associazione Coscioni. Molti ospedali con 100% ginecologi obiettori. I dati regionali sull’aborto siano accessibili e aggiornati L'appello dell'Associazione al Ministero della Salute e di Giustizia

18 Maggio 2022

In una lettera indirizzata ai ministri della Salute Roberto Speranza e di Giustizia Marta Cartabia l’associazione no profit Luca Coscioni, conosciuta per le sue battaglie liberali a favore del diritto a morire mediante suicidio assistito ed eutanasia, della legalizzazione della cannabis e della maternità per terzi con procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo come “donazione”, chiede in questi giorni venga posta attenzione alla legge sull’interruzione volontaria di gravidanza normata dalla legge n. 194 del 1978.

Perché per comprendere la situazione di applicazione della legge la relazione annuale del Ministero va trasmessa ogni anno al Parlamento nei tempi previsti dalla legge (art. 16) e le Regioni devono rendere accessibile i loro dati aggiornati, che sono più recenti di quelli della Relazione ministeriale che risalgono a qualche anno addietro, l’ultima Relazione è trasmessa il 30 luglio 2021 con i dati del 2019 e preliminari del 2020; dati non accessibili che dovrebbero invece esserlo con un aggiornamento trimestrale o in tempo reale per poter verificare l’effettiva fruizione e qualità del servizio presso le strutture autorizzate in base al numero degli obiettori di coscienza e altre condizioni.

I firmatari dell’Associazione, la giurista Filomena Gallo, le ginecologhe Anna Pompili e Mirella Parachini, le giornaliste Chiara Lalli e Sonia Montegiove, scrivono infatti che il Ministero della Salute trasmetta la Relazione al Parlamento «entro il mese di febbraio, a partire dall’anno successivo a quello dell’entrata in vigore della presente legge» per poter presentare «una relazione sull’attuazione della legge stessa e sui suoi effetti, anche in riferimento al problema della prevenzione».

Poi lamentano che «le Relazioni ministeriali hanno sostanzialmente rilevato poche criticità, nonostante ci siano stati due interventi del Comitato per i diritti sociali che invece hanno evidenziato la piena violazione della Carta Sociale Europea» sulla discriminazione per i non obiettori di coscienza, richiamando l’art. 11 «Ogni persona ha diritto di usufruire di tutte le misure che le consentano di godere del miglior stato di salute ottenibile».

Spiegano che nella Relazione i dati sono aggregati per regione, modalità che non consentirebbe uno specchio veritiero: «a distanza di 44 anni utilizzando lo strumento dell’accesso civico generalizzato (legge 191/1990, n.d.r.) si è verificato che in molti ospedali il 100% dei ginecologi è obiettore di coscienza e che in moltissimi lo è più dell’80%».

Presentata martedì 17 maggio alla Camera dei Deputati la loro indagine “Mai Dati!”, condotta da C. Lalli docente di storia della medicina e S. Montegiove, informatica e giornalista, scrivono in una nota sul sito della loro associazione «sono 31 ( (24 ospedali e 7 consultori) le strutture sanitarie in Italia con il 100% di obiettori di coscienza per medici ginecologi, anestesisti, infermieri o OSS. Quasi 50 quelli con una percentuale superiore al 90% e oltre 80 quelli con un tasso di obiezione superiore all’80%». Spiegano le autrici della necessità di avere dati e distinguere tra «i non obiettori che eseguono le Ivg (in alcuni ospedali alcuni non obiettori eseguono solo ecografie, oppure ci sono non obiettori che lavorano in ospedali nei quali non esiste il servizio Ivg, e quindi non ne eseguono)». Per loro «la percentuale nazionale di ginecologi non obiettori di coscienza (che secondo la Relazione è del 33%) deve, dunque,  essere ulteriormente ridotta perché non tutti i non obiettori eseguono Ivg».

Riguardo sempre alla relazione IVG e obiezione di coscienza, lamentano ancora nella Lettera, nella tabella n. 28 relativa a Obiezione per categoria professionale nel servizio in cui si effettua l’Ivg si aggiungano due nuove voci: non obiettori che eseguono Ivg e operatori che eseguono l’Ivg dopo il primo trimestre a quelle già presenti, che sono ginecologi, anestesisti, personale non medico.

Tra gli indicatori di misura dei livelli essenziali di assistenza sanitaria (Lea) sia aggiunto uno nuovo relativo all’interruzione di gravidanza chirurgica e farmacologica rappresentativo della possibilità effettiva di accedere alla Ivg in ciascuna regione.

E infine l’accesso alle Ivg di tipo farmacologico sia garantito compreso il servizio in regime ambulatoriale.

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Che cosa è la vita umana per i cattolici?

Ogni vita umana ha la sua dignità, compresa quando essa è indifesa e fragile nel percorso delle diverse fasi di un cammino di vita dal concepimento alla morte naturale.

Nel grembo materno in quel piccolo abbozzo informe di cellula fecondata ci sono già i segni, come la biologia sostiene, di un patrimonio genetico unico capace di svilupparsi in modo autonomo in un processo morfogenetico in una sequenza coordinata, continua e graduale fino a diventare adulto. «…Una vita che non è quella del padre o della madre, ma di un nuovo essere umano che si sviluppa per proprio contro. Non sarà mai reso umano se non lo è stato fin da allora. A questa evidenza di sempre … la scienza genetica moderna fornisce preziose conferme», afferma Papa Giovanni Paolo II nell’Enciclica Evangelium Vitae (1995).

La scienza stessa mostra «come dal primo istante si trovi fissato il programma di ciò che sarà questo vivente: una persona» prosegue nell’EV ma «la presenza di un’anima spirituale non può essere rilevata dall’osservazione di nessun dato sperimentale».

Il Catechismo della Chiesa Cattolica (362) afferma che   «la persona umana, creata a immagine di Dio, è un essere insieme corporeo e spirituale. Il racconto biblico esprime questa realtà con un linguaggio simbolico, quando dice: “Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita, e l’uomo divenne un essere vivente” (Gn 2,7). L’uomo tutto intero è quindi voluto da Dio». E ancora che l’anima e il corpo (spirito- materia) formano dallo loro unione un’unica natura, e dunque che «ogni anima spirituale è creata direttamente da Dio – non è “prodotta” dai genitori – ed è immortale: essa non perisce al momento della sua separazione dal corpo nella morte, e di nuovo si unirà al corpo al momento della risurrezione finale» (CCC 366).

«La scelta deliberata di privare un essere umano innocente della sua vita è sempre cattiva dal punto di vista morale e non può mai essere lecita né come fine, né come mezzo per un fine buono. È, infatti, grave disobbedienza alla legge morale, anzi a Dio stesso, autore e garante di essa; contraddice le fondamentali virtù della giustizia e della carità» afferma Giovanni Paolo II nell’enciclica citata. E questo spiega perché, prosegue il Santo Padre   «i cristiani come tutti gli uomini di buona volontà sono chiamati per un grave dovere di coscienza a non prestare la loro collaborazione formale a quelle pratiche che pur ammesse dalla legislazione civile sono in contrasto con la Legge di Dio».

Si comprendono le parole di Sgreccia (2007), padre della bioetica personalista, quando scrive : «Il diritto alla vita precede il cosiddetto “diritto alla salute”; d’altra parte c’è l’obbligo morale di difendere e promuovere la salute per tutti gli esseri umani e in proporzione della loro necessità» e «viene prima rispetto al diritto di libertà; in altre parole, la libertà deve farsi carico responsabile anzitutto della vita propria e di quella altrui. Questa affermazione si giustifica con il fatto che, per essere liberi, bisogna essere vivi, e perciò la vita è condizione, per tutti indispensabile, per l’esercizio della libertà».

redazione Bioetica News Torino