Cambiamento climatico. Vertici riuniti in Egitto a Sharm El-Sheikh per la Cop 27
08 Novembre 2022Una ventina di giorni fitta di incontri, discussioni su come si può frenare gli effetti climatici sono al centro dell’agenda politica dei vertici alla Cop27 al termine del quale si vedranno quali soluzioni verranno concordate.
Dal centro convegnistico internazionale di Sharm El-Sheikh risposte concrete ed impegni non più procastinabili sono attesi dalla collaborazione responsabile fra i capi di stato e di governo, più di un centinaio, riuniti alla XXVII Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (7 – 18 novembre); è in gioco il futuro di vite umane in difficoltà dinanzi a catastrofi che avvengono ormai frequenti lasciando sofferenza e vittime, eventi estremi che mostrano segni di un pianeta anch’esso in sofferenza. Con questo intento il presidente della Repubblica araba d’Egitto Abdel Fattah El-Sisi ha aperto la cerimonia chiedendo, con una certa ironia se non sia oggi il tempo di cercare di porre fine a questa sofferenza, nell’amara consapevolezza che il nostro tempo è limitato ma è sufficiente per progettare ancora azioni ambiziose dettate da sincerità d’animo e attuabili per ridurre le emissioni di gas serra, rinforzare gli adattamenti all’impatto climatico e garantire i fondi necessari per aiutare innanzitutto laddove stanno soffrendo più degli altri. Conclude lanciando un appello per porre fine alla guerra ucraino-russa perché la sua popolazione sta affrontando una grave crisi economica prima con la chiusura dovuta al Covid-19 e ora con la guerra.
Gli obiettivi in agenda della presidenza egiziana della Cop 27 guidata da Sameh Shoukry, riguardano infatti i passi di mitigazione dell’impatto del riscaldamento climatico inferiore ai 2 gradi Celsius, verso la ricerca di soluzioni innovative e sostenibili per rendere i sistemi di vita adattabili ai cambiamenti e offrire assistenza alle comunità più fragili, e la distribuzione del fondo finanziario annuale di 100 miliardi con la necessità di migliorarne la trasparenza e facilitarne la consegna per i bisogni dei paesi in via di sviluppo in particolare Africa, i paesi meno sviluppati (Ldc) e i piccoli stati insulari in via di sviluppo (Sids).
Seppure imperversano a livello internazionale le conseguenze degli orrori della violenza e dello spargimento di sangue nella guerra in Ucraina e in altri conflitti non si può tralasciare di risolvere la crisi climatica che richiede ogni sforzo di lavoro comune per sostenere la pace e porre fine alla sofferenza. Chiarisce il segretario generale delle Nazioni Uniti Antonio Guterres. Nel corso del Summit lancia il progetto Onu Primo allarme per tutti per un avviso tempestivo di allerta contro gli eventi estremi con cui, anche solo un giorno prima, si possono salvare vite umane e proteggere il più possibile quanto dà sostentamento, da raggiungere entro cinque anni. Preparato dall’Organizzazione meteorologica mondiale e da altri partner e con l’appoggio di una cinquantina di Stati prevede un primo investimento sui 3,1 miliardi di dollari, pari al 6% dei 50 miliardi di dollari necessari per finanziare l’adattamento al riscaldamento climatico. Secondo l’Onu si risparmierebbero danni per 3-16 miliardi di dollari all’anno.
Il senso della drammaticità della situazione a cui si andrà presto incontro se non si prenderanno provvedimenti urgenti per lenire le ferite umane al pianeta è stato il leit-motif di tutti gli ospiti intervenuti alla cerimonia che hanno sottolineato l’esigenza di una cooperazione fra i paesi sviluppati e con quelli in via di sviluppo e della pace: il sultano degli Emirati arabi uniti Sahikh Mohamed Bin Zayed Al Nehayan, il presidente del Senegal Macky Sall, l’attivista per la lotta al cambiamento climatico dall’Uganda Leah Namugerwa, il già vice presidente degli Stati Uniti d’America Al Gore insignito del Nobel per la Pace nel 2007, la climatologa docente dell’Università di Brema Veronika Eyring, e la prima ministra delle Barbados Mia Amor Mottle. Le isole sono le più temute per il rischio di venire sommerse e Mottle che espose il pericolo già l’anno scorso, ne ha sollecitato l’assumersi delle responsabilità.
L’asticella della temperatura climatica continua la sua ascesa vertiginosa dal 1950 e per conservare e rigenerare l’ecosistema come osserva Veronika Erring, climatologa presso il centro tedesco aerospaziale – Istituto di fisica atmosferica e docente all’Università di Brema, occorrono misure di mitigazione in tutti i settori produttivi, economici, tecnologici e alimentari nell’uso sostenibile delle risorse della Terra, molto più forti di quelle intraprese finora per mantenere il riscaldamento atmosferico sotto 1.5° Celsius tanto è vero che le politiche attuate entro dicembre 2020 condurranno a risultati superiori a 3° Celsius. «Un ulteriore ritardo nella riduzione dell’impatto globale significherà presto la perdita di un’opportunità per assicurare un futuro vivibile per tutti», conclude Erring.
L’Uganda è tra i paesi a rischio di disastri naturali. Ogni anno le inondazioni, soprattutto quelle repentine causate da piogge intense si riversano sulla vita economica di quasi 50mila persone, si legge in Climate risk Country Profile dell’Uganda (2021). Nella capitale Kampala come nelle aree a nord e a oriente del paese gli allagamenti privano di raggiungere i servizi sanitari e scolastici e distruggono per la violenza con cui le inondazioni arrivano abitazioni e vite umane. Dall’altro l’aumento della temperatura e di una siccità di grado severo causa la morte di bestiame e la perdita di raccolti, fonte maggiore di sussistenza della popolazione ugandese, e può portare allo sviluppo di maggiori malattie nelle coltivazioni che minano le esportazioni, e quindi il loro sostegno economico, nonché la loro sicurezza alimentare.
Da parte sua, la giovane attivista ugandese per il clima Lea Namugerwa si impegna dall’età di 15 anni a regalare un albero per i compleanni, il suo sogno è quello di poter piantare almeno un milione di alberi mentre chiede ai partecipanti quale è il loro obiettivo, sollecitando ad agire con piani ambiziosi per il beneficio della maggior parte delle persone perché non è fare giustizia ai giovani quando i fiumi sono inquinati.
Durante il Summit, dinanzi al mondo attraverso le telecamere, viene stretta una collaborazione per nuove soluzioni di energia alternativa avviata dagli Emirati arabi uniti, produttori di petrolio e gas, con un progetto di sviluppo di energia eolica con turbine on-shore (sulla terraferma) in Egitto da 10 gigawatt. L’accordo è siglato martedì 8 novembre alla presenza dei rappresentanti dei due Paesi, il sultano Shaikh Mohammed Bin Zayed Bin Al Nehayan, presidente degli Emirati arabi uniti e il presidente d’Egitto, Fattah El-Sisi, tra Masdar una delle compagnie di energia rinnovabili più diffuse nel mondo, Infinity Power venture joint con Infinit principale sviluppatore di energia rinnovabile in Egitto e Hassan Allam Utilities. Risparmierebbe all’Egitto costi di fornitura di gas naturale all’anno per circa 5 miliardi di dollari, producendo ― si legge in Gulf News ― 47mila790 GWh di energia pulita all’anno diminuendo 23milioni e 800mila tonnellate di emissioni di diossido di carbonio, pari al 9% circa delle emissioni CO2 attuali in Egitto, e creerà centomila posti di lavoro. L’accordo riflette l’impegno degli Emirati arabi uniti con gli Stati Uniti nella collaborazione per velocizzare lo sviluppo di energia pulita (Pace). La prossima tappa di Cop28 sarà negli Emirati arabi uniti, a Dubai, dal 6 al 17 novembre 2023.
Non più di cinque minuti aveva ogni governante o capo di stato, una novantina provenienti da ogni parte del mondo, per una dichiarazione, intervallandosi fra il termine della cerimonia e la giornata successiva. Lunedì 7 novembre è stato il turno della nostra presidente di governo Giorgia Meloni alla tavola rotonda dedicata a Just Transition, una tra le diverse discusse al Summit (investimento nel futuro dell’energia, finanza innovativa per il clima e lo sviluppo, la sicurezza alimentare, dell’acqua e cambiamento climatico e sostenibilità delle comunità vulnerabili). Ha affermato, «l’Italia rimane fortemente impegnata nel raggiungimento del passaggio alla decarbonizzazione, in pieno accordo con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi», l’intento di diversificare le energie in collaborazione con i paesi africani e la promessa di 100 miliardi di dollari per il sostegno dei Paesi in via di sviluppo fino al 2025 e della definizione di un obiettivo ambizioso e sostenibile successivo. In Italia spiega che sono stati effettuati finanziamenti destinati alle misure di adattamento per il 56% e il 44% per la mitigazione. Ha concluso facendo osservare come le maggiori responsabili delle emissioni di CO2 penalizzino le nazioni più impegnate a raggiungere gli obiettivi.
A margine del Vertice Meloni si è incontrata in un colloquio con il presidente egiziano El-Sisi in cui, si apprende da rainews, la visita può dare un nuovo impulso alle relazioni fra Roma e il Cairo secondo quanto riferito dal portavoce della presidenza egiziana Bassam Radi, facendo intravedere forse il disgelo nella collaborazione ai casi Regeni e Zacky, Poi con Abiy Ahmed primo ministro della repubblica federale democratica di Etiopia, Isaac Herzog presidente israeliano, e con Rishi Sunak, primo ministro del Regno Unito.
Nell’analisi condotta da Oxfam sull’inquinamento prodotto dagli investimenti dei miliardari emerge, afferma Francesco Petrelli, nel rapporto Carbon billionaires – The investment emissions of the world’s richest people, policy advisor di Oxfam Italia, citato in greenreport.it, «il fatto che pochi miliardari siano responsabili di un livello di emissioni pari a quello di interi Paesi descrive un mondo sempre più diseguale, in cui una ristretta élite ha il potere di decidere le sorti del pianeta. Una responsabilità raramente discussa o presa in considerazione nella definizione delle politiche di contrasto alla crisi climatica. Il livello di emissioni prodotte con il loro stile di vita, fatto di jet e mega yacht privati, è già per sé migliaia di volte superiore a quello di un normale cittadino, ma quando prendiamo in considerazione gli effetti dei loro investimenti siamo all’incredibile». L’Oxfam osserva come «un aumento dell’imposizione sui grandi patrimoni consentirebbe di raccogliere fino a 1400 miliardi di dollari all’anno, risorse vitali che potrebbero in parte contribuire, se appropriatamente veicolate, ad aiutare i Paesi in via di sviluppo, i più colpiti dalla crisi climatica, ad adattarsi ed affrontare perdite e danni da eventi climatici estremi».
Parallelamente agli incontri in Egitto Parlamento e Consiglio Europeo annunciano un accordo di negoziazione fra gli stati membri, seppure ancora da formalizzare, raggiunto nella serata di martedì 8 novembre, di ridurre l’emissione dei gas serra in misura maggiore rispetto all’obiettivo prefissato entro il 2030. La riduzione era fissata ad almeno il 55 % nelle emissioni nette di gas serra dai livelli del 1990. Ora l’obiettivo è di passare dal 30% al 40% di riduzione rispetto ai livelli del 2005. A ciascun paese è stato assegnato un limite entro cui attivarsi tra il 10% e il 50% secondo il prodotto interno lordo pro capite e costo-beneficio. L’Italia dovrebbe ridurre le emissioni entro i limiti tra il 33% e 43,7%.
(aggiornamento 9 novembre 2022, ore 09.16)