Commenti sulla Sentenza Tar Lazio: no ai Medici di famiglia assistere a domicilio i malati Covid, spetta alle Usca
18 Novembre 2020Si è creato un dibattito piuttosto acceso attorno alla sentenza emessa un paio di giorni fa dal Tribunale Regionale per il Lazio, lunedì 16 novembre, a favore del Sindacato dei Medici italiani (Smi). Questi aveva ricorso ritenendo improprio l’affidamento ai medici di medicina generale dell’assistenza domiciliare ai malati positivi di Covid, che non necessitano di ricovero ospedaliero, in quanto spettante alle Usca. Queste unità speciali di continuità assistenziale sono state costituite appositamente nell’emergenza da Covid-19 con il decreto legislativo n. 14 del 9 marzo 2020 (in vigore dal 10 marzo) all’art. 8 e nell’art. 4 bis n. 18 del 2020, per sgravare da tale compito i medici di famiglia e i pediatri di libera scelta tenuti a prestare solo assistenza ordinaria. E le Uscar del Lazio si differenziano dalle Usca normate a livello nazionale perché si occupano in minima parte delle cure domiciliari per i pazienti Covid.
Il Tribunale dà loro ragione nei confronti della Regione Lazio dando la seguente motivazione: «quando affermano che il legislatore d’urgenza ha inteso prevedere che i MMG potessero proseguire nell’attività assistenziale ordinaria, senza doversi occupare dell’assistenza domiciliare dei pazienti Covid» e con lo stesso intento nel successivo d.l. n. 18 del 17 marzo 2020 sul potenziamento del servizio sanitario nazionale all’art. 4 bis concernente lo scopo e il ruolo delle unità speciali di continuità assistenziale quando scrive: «Oltretutto, a ulteriore chiarimento della descritta impostazione, al comma 2 del citato art. 4 bis, è specificato pure che “il medico di medicina generale o il pediatra di libera scelta o il medico di continuità assistenziale comunicano all’unità speciale a seguito del triage telefonico, il nominativo e l’indirizzo dei pazienti”».
Viene fatto osservare dal sindacato dei medici che l’ordinanza regionale (17.03.2020) esprimeva di «valutare l’eventuale attivazione delle Unità speciali di continuità assistenziale per l’assistenza a domicilio nei pazienti Covid positivi» contraddicendo quanto ritenuto come principale scopo delle Usca dalla normativa vigente nazionale.
La Regione Lazio proseguirà l’iter procedurale ricorrendo al Consiglio di Stato in quanto, come spiega l’Unità di crisi Covid-19 regionale in Quotidianosanità.it (16 nov 2020, Tar Lazio) ciò è in opposizione «alle funzioni che il nuovo ACN assegna ai medici di medicina generale (MMG), tant’è che di recente è stato siglato l’accordo nazionale, non dalla sigla che ha proposto il ricorso, che permetterà loro di eseguire i tamponi rapidi, dove necessario anche a domicilio. La sentenza del Tar, che rispettiamo, non tiene conto di un quadro di forte evoluzione del ruolo dei medici di medicina generale nel contrasto alla pandemia ed arriva dopo 8 mesi dalle modalità organizzative messe in atto che finora hanno consentito di essere nella cosiddetta zona ‘gialla’”».
E poi che dinanzi alle 60 mila persone in isolamento domiciliare per Covid non si può pensare di gestirle solo tramite il servizio delle Usca-R, anche perché, come fa notare, è compito della medicina territoriale farsi carico con i dovuti mezzi di protezione e la dovuta formazione, di questi pazienti fra i quali vi sono anche quelli con patologie croniche. C’è ora la distribuzione nazionale dei test antigenici rapidi per la diagnosi di Covid, aggiunge, che i medici di medicina generale possono effettuare nei loro studi o nei locali disposti dalle Asl e dai Comuni nonché a domicilio. È per questo, conclude, che la Regione Lazio ha disciplinato su base volontaria e nell’ambito delle prerogative attribuite dalla legge questa modalità.
Sulla sentenza del Tar sono stati espressi commenti diversi.
Filippo Anelli presidente della Federazione nazionale dei medici (Fnomceo) condivide il giudizio espresso affermando: «I medici di famiglia devono poter essere messi nelle condizioni di curare nel migliore dei modi tutti i loro pazienti. In studio e con visite a domicilio i non Covid, ivi compresi i 26 milioni di malati cronici; attivando i protocolli per i 681.756 pazienti Covid domiciliati, continuando a seguirli telefonicamente e, ove possibile, con la telemedicina». Alle Usca dotati di appositi strumenti e protezione spetta invece l’assistenza domiciliare dei malati affetti da Covid ricordando appunto il caro «prezzo pagato dalla medicina di famiglia per aver tenuto fede ai propri valori, primo fra tutti quello della prossimità al paziente che li scegli e instaura con loro una relazione di cura». Sono 192 i medici caduti finora per il Covid di cui 13 dal 1 ottobre, i cui nomi compaiono nel sito della Fnomceo, più della metà medici di famiglia che hanno continuato la relazione di cura prima nonostante la mancanza di dispositivi protettivi e ora di carenze organizzative. Conclude sostenendo che le Usca vanno attivate su tutto il territorio con i compiti loro assegnati «senza distrarle su altre funzioni. Non deve essere la professione medica, non devono essere le altre Professioni a subire le conseguenze delle disfunzioni organizzative dei sistemi sanitari».
Alla necessità di un incontro per una rinnovata organizzazione territoriale di emergenza Covid richiama l’attenzione Cristina Patrizi di Smi: «I medici di famiglia sono stanchi di vedersi affidare compiti inutili e impropri come i tanto sbandierati tamponi antigenici e necessitano di concreto sostegno per la gravosa gestione domiciliare dei pazienti covid e sospetti covid».
Dalla voce rappresentante la Federazione nazionale dei Medici di famiglia (Fimmg), Pierluigi Bartoletti, che è vicepresidente Omceo Roma, in un’intervista a Quotidianosanità.it di oggi di L. Fassari, esprime un disappunto nei confronti della sentenza su diversi aspetti. Uno contraddice la libera autonomia del medico che «per codice deontologico è libero in scienza e coscienza di visitare i suoi pazienti». Secondo c’è un’incoerenza data dal precludere dalla visita i pazienti Covid mentre si visita chi ha febbre e «magari anche qualche patologia cronica come il diabete e non hanno fatto il tampone». Terzo una partecipazione di responsabilità da parte dei mmg nell’impegno a collaborare con gli altri colleghi, ospedalieri ad esempio, per quanto sta accadendo con il Covid. Infine disapprova le Usca in quanto «così come sono state concepite sono solo un sistema per fare micro assunzioni di personale poco formato che dipende dai Distretti Asl senza essere in raccordo con i medici di famiglia e gli ospedali». A capo dell’Uscar Lazio, Bartoletti spiega quello che fanno: «Noi siamo un gruppo di 300 medici e 450 infermieri che hanno aderito volontariamente e siamo in diretto collegamento con lo Spallanzani e il 118. Inoltre nel team sono presenti medici più esperti e più giovani, perché il Covid è una malattia seria e complessa, e siamo in grado di fare 1.200 domiciliari a settimana. Insomma il nostro sistema prevede una rete ospedale-territorio».
Sulla sentenza si pronuncia anche Antonio Magi, presidente Omceo di Roma, che in un’intervista all’agenzia Dire (18 novembre) specifica innanzitutto che i medici possono continuare a seguire i loro pazienti a domicilio. «La sentenza del Tar non stabilisce che i medici di famiglia non possano più andare a casa del paziente», afferma e spiega che le Usca sono nate per agevolare le attività dei mmg nell’emergenza da Covid, formate da specialisti ambulatoriali e infermieri. Si è fatto un investimento di 721 milioni di euro per le Usca che dovevano esserci una ogni 50 mila abitanti mente si è arivati a 610, aggiunge Magi. Le Uscar Lazio sono diverse, sono unità speciali di continuità assistenziale regionale.
Cosa sono le Uscar Lazio? Nascono da un’idea dell’Ordine dei Medici di Roma, spiega Magi. Sono passate da unità mobili per zone rosse per fare tamponi nelle aree più a rischio a screening e seguire le emergenze per i focolai e ora presso rsa e covid hotel. Le Usca così non sono mai state costituite. Quello che le differenzia, conclude Magi, è «di natura amministrativa, nel senso che all’interno delle Uscar non dovrebbero esserci medici di famiglia mentre ci sono, tanto è vero che il coordinatore è un medico di famiglia».
(aggiornamento 19 novembre 2020)