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Corte Costituzionale. “Inamissibilità per difetto di motivazione”: un atto di nascita con madri

29 Ottobre 2019

La Corte rigetta la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Pisa nell’ordinanza n. 69 del 15 marzo 2018 e pubblicata sulla GU n. 19 del 9 maggio riguardo al rifiuto da parte di un ufficiale di stato civile di formare un atto di nascita per un minore nato in Italia ma di nazionalità statunitense acquisita per nascita dalla madre gestazionale con il  riconoscimento come genitori due madri, una  gestazionale di nazionalità statunitense e l’altra intenzionale italiana. Le due donne si sono sposate nello Stato del  Wisconsin in cui la legge lo consente e le ha riconosciute come genitrici.

Ne ha dato l’annuncio lunedì 21 ottobre, in una nota, l’Ufficio stampa  della Corte Costituzionale in attesa del deposito della sentenza, giudicando la questione «inammissibile per difetti della motivazione».  Il Tribunale aveva espresso «un dubbio di costituzionalità a una norma interna che avrebbe impedito l’applicazione della legge straniera – rilevante nel caso concreto in ragione della nazionalità del minore – ma non ha individuato con chiarezza la disposizione contestata, né ha dato adeguato conto della sua affermata natura di “norma di applicazione necessaria”».

Le due donne si sono appellate al rifiuto attribuendolo ad una discriminazione di genere, richiamando la legge n. 40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita e  giustificando che «il consenso alla donazione di gamete rende genitore». Hanno citato l’art. 8  che riconosce lo stato di figli a seguito della PMA nati nel matrimonio o di figli riconosciuti della coppia che ha espresso la volontà di ricorrere alle tecniche medesime e della validità «per coppie, del medesimo o di diverso sesso, che avessero fatto ricorso all’estero alla pma» e l’art. 9 che il coniuge o il convivente che hanno consentito alla pma di tipo eterologo non può esercitare l’azione di disconoscimento della paternità. Hanno fatto osservare che hanno  prestato consenso alla PMA eterologa e per lo stato statunitense del Wisconsin sono genitori.
Un altro punto che hanno messo in evidenza è la mancata applicazione della normativa di diritto internazionale privato italiano che «rinvia in materia di riconoscimento alla legge personale del minore e, in caso di più cittadinanze, comunque quella più favorevole». Hanno fatto osservare che il figlio ha cittadinanza statunitense per nascita in quanto la legge personale della madre  gestionale è quella dello Stato del Wisconsin che è l’ultima residenza.

L’Avvocatura dello Stato ha osservato che  «il bambino era nato in Italia e il Sindaco era chiamato a formare un atto di nascita e non a trascriverne uno formato all’estero, che non vi era alcun legame biologico tra la madre intenzionale e il bambino, e che la stessa chiedeva di essere riconosciuta genitrice e non di adottarlo».  Il presupposto della diversità di sesso tra i genitori nel nostro ordinamento è richiamato dall’art. 250 della Costituzione che afferma la possibilità di riconoscere il figlio naturale sia da parte del padre che dalla madre congiuntamente o separatamente. In Italia il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è consentito solo quando «sia accertata l’impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione ed è comunque circoscritto ai casi di sterilità o di infertilità inspiegate documentate da atto medico» (legge 40/2004) e quella eterologa è vietata a meno che «sia stata diagnosticata una patologia che sia causa di sterilità o infertilità assolute ed irreversibili» (sentenza 162/2014 Corte Costituzionale) e comunque sempre per coppia,  costituita da uomo e donna. E comunque  neppure una «coppia eterosessuale che avesse fatto ricorso alla pma eterologa all’estero in violazione delle disposizioni di legge italiana, potrebbe ottenere la formazione in Italia di un atto di nascita in cui il genitore intenzionale venga indicato come genitore». Sul divieto di Pma eterologa la  giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha trattato solo un caso concludendo che «la tutela del minore non poteva condurre al superamento di un divieto di legge».  Poi la legge straniera (quella del Wisconsin) «sarebbe stata comunque contraria all’ordine pubblico e comunque la sua applicazione sarebbe stata impedita perché la normativa italiana aveva carattere di applicazione necessaria».

Per il Collegio non si può dare  interpretazione diversa dalle norme riferendosi al concetto di genitori sul piano di diritto interno, in particolare «per la analogia concettuale fra l’istituto della filiazione e quello del matrimonio» inteso quest’ultimo  nella nozione tradizionale, costituito da un uomo e una donna.  Ha evidenziato tuttavia «l’impossibilita’ di formare un atto di nascita in cui si dia atto di un tale rapporto di filiazione degrada invece il rapporto familiare a una condizione di mero fatto e non consente di offrirle di per se stessa riconoscimento e tutela (ad esempio, costringerebbe il genitore intenzionale che è genitore dalla nascita per la legge applicabile a chiedere in Italia l’adozione in casi particolari, che tuttavia ha un effetto giuridico minore).  Quindi, il non poter riconoscere la filiazione sussistente che «in base alla legge applicabile è data dal sesso della coppia genitoriale sembra sussistere una discriminazione basata sul sesso»: unica distinzione che non consente la formazione di un atto di nascita.
Il Collegio ha spiegato che una cosa è formare un atto di nascita secondo il diritto interno che riconosce la genitorialità solamente di sesso diverso e quindi con l’indicazione di un padre e una madre; altra questione è la trascrizione di atti di nascita stranieri in cui due persone dello stesso sesso vengono indicati come genitori come si evince da precedenti casi giurisprudenziali in cui «il giudice è chiamato soltanto a valutare se sia compatibile con l’ordine pubblico, e non con l’ordine pubblico interno ma con l’ordine pubblico internazionale».  Infatti recenti sentenze della Corte di Cassazione hanno espresso pronunciamenti non contrari alla trascrizione di un atto di nascita formato all’estero e riconosciuto valido  di un figlio che ha  due   genitori  dello stesso sesso. La questione della  causa in oggetto è invece, ben diversa, come ha evidenziato il Collegio, e cioè che per la prima volta si discute «della possibilità di formare un atto di nascita in cui siano indicati due genitori dello stesso sesso».

(aggiornamento 29 ottobre 2019)

Redazione Bioetica News Torino