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Covid-19 e il rischio di contagio dopo il vaccino. Due studi italiani, uno Iss e l’altro Omceo di Torino e degli Ordini sanitari del Piemonte

25 Maggio 2021

Due studi italiani mostrano come la vaccinazione contro il Sar-CoV-2, alla luce delle conoscenze attuali, che sono sempre in corso di approfondimento e valutazione come avviene in altri paesi, sia uno strumento efficace di prevenzione da ospedalizzazioni gravi, decessi e ricoveri successivi. Dai loro dati su un campione di popolazione in Italia e su un campione delle professioni sanitarie merge una bassa probabilità di rischio di contagio dopo aver ricevuto il vaccino, similmente come risulta dalle valutazioni di alcuni studi europei pubblicati.

I°RAPPORTO ISS E MINISTERO DELLA SALUTE DI IMPATTO VACCINAZIONE COVID-19 SUL RISCHIO DI INFEZIONE SARS-COV-2

Questo studio nazionale di tipo osservazionale, condotto dal Ministero della Salute e dal Gruppo di lavoro dell’Istituto Superiore di Sanità, tiene conto dei dati dell’anagrafe nazionale vaccini e della sorveglianza integrata Covid-19 dell’Iss sui casi di infezione notificati per valutare l’impatto in Italia della vaccinazione anti-Covid-2 sul rischio di infettarsi dal virus Sars-CoV-2 e del successivo ricovero e decesso a partire almeno dalla prima dose nel periodo dal 27 dicembre 2020 al 3 maggio 2021.
Gli Autori del Rapporto, il primo del Ministero italiano Patrizio Pezzotti, Massimo Fabiani, Alberto Mateo Urdiales et al. hanno riscontrato dall’analisi che «il rischio di infezione da SARS-CoV-2, ricovero e decesso diminuisce progressivamente dopo le prime due settimane e fino a circa 35 giorni dopo la somministrazione della prima dose. Dopo i 35 giorni si osserva una stabilizzazione della riduzione che è circa dell’80% per il rischio di diagnosi, del 90% per il rischio di ricovero e del 95% per il rischio di decesso».

Tutti i partecipanti hanno ricevuto almeno una dose di vaccino (una dei quattro autorizzati e somministrati in Italia Cominarty dal 27 12 2020 – Moderna dal 14 01 2021 – AstraZeneca dal 01 02 2021 e Janssen una sola dose dal 22 04 2021).

L’osservazione ha riguardato per una stima di incidenza di diagnosi entro i 14 giorni dalla somministrazione della prima dose di vaccino avuta il 4 aprile 2021 e negli ulteriori 14 giorni di notifica dopo la notifica della diagnosi il 3 maggio 2021. Per l’incidenza del ricovero l’osservazione tiene conto dalla prima dose di vaccino somministrata in data 21 marzo 2021, i 14 giorni prima della diagnosi ( 4 aprile) e un quadro clinico di peggioramento nei 14 successivi fino al ricovero (18 aprile 2021). L’incidenza di decesso è stata calcolata sulle persone che hanno ricevuto la prima dose il 7 marzo 2021, un accertamento di diagnosi entro il 21 marzo e decesso entro il 4 aprile.
Inoltre sono state condotte analisi multivariate – per genere, classe di età, area geografica, categoria prioritaria vaccinale etc – per la valutare la riduzione del rischio di diagnosi, ricovero e decesso in diversi intervalli di tempo da quello assunto come periodo di riferimento tra 0 e i 14 giorni dopo la prima dose somministrata.

Lo studio è stato condotto su un campione di popolazione in studio di 7.370.008 vaccinati prima del 4 aprile 2021 e complessiva di 13.721.506 ottenuta dalla selezione su 14.365.241 vaccinati dai dati dell’anagrafe nazionale vaccini (AVN) al 3 maggio 2021 e su 4.007.742 casi notificati Covid-19 al 2 maggio 2021. L’esclusione ha riguardo la mancanza di informazioni su età, genere, dose, persone con diagnosi di Covid-19 precedente alla prima vaccinazione arrivando a 13.721.506 vaccinati con almeno una prima dose: Cominarty 8.389.595 (61%), Moderna 1.021.134 (7%), Vaxzevria 4.234.983 (31%) e Janssen in un’unica dose 75.794 (1%).

Gli Autori del Rapporto hanno osservato dall’analisi che il ciclo vaccinale è stato portato a termine da persone che hanno ricevuto la prima dose tra gennaio e febbraio. La classe di età inferiore ai 40 anni e tra i 40 e i 59 anni di età ha registrato un andamento continuo crescente fino a raggiungere i primi oltre i 12.000.000 di vaccinati ; la classe di età tra i 60 e i 79 anni nelle ultime settimane da metà marzo a fine aprile ha avuto un aumento dei vaccinati (tra 10.000.000 e 8.000.000)mentre rimane per lo più costante il numero degli ultraottantenni tra i 200.000 e i 400.000 dal 29 marzo al 3 maggio 2021.

Su un totale di 7.370.0008 vaccinati prima del 4 aprile si sono avute 29.839 diagnosi di Covid-19 entro i14 giorni dalla prima dose di cui la maggior parte. 18.510 nel Nord Italia e riguardo alla classe di età 10mila diagnosi accertate è il numero più elevato e corrispondente alla fascia di età tra i 40 e i 59 anni, poi 8 mila diagnosi di Covid in quella ultraottantenne. Tra le categorie prioritarie dettate dal Ministero della Salute il numero di più elevato di diagnosi accertate corrisponde agli operatori sanitari con 8.726 accertamenti diagnosticati e da uno sguardo al calendario il primo periodo inferiore al 15 gennaio compreso è quello con maggior numero di diagnosi Covid-19, 8mila, seguito dal periodo 2 marzo – 16 marzo con 7mila diagnosi.
Invece sul piano degli accertamenti di Covid-19 oltre i 15 giorni dalla prima somministrazione sono 32.020 di cui la fascia di età più colpita risulta quella tra i 40 e i 59 anni, anche qui soprattutto nel Nord Italia con 18mila diagnosi e con 10mila diagnosi di infezione da Covid-19.

Riguardo ai ricoveri entro 30 giorni dalla diagnosi nei vaccinati prima del 4 aprile 2021 risultano nei primi 14 giorni dalla prima dose 3mila ricoveri su un totale di 5.133.899 e di 1.700 ricoveri oltre i 15 giorni.
Il numero dei decessi su una popolazione di 3.622.029 vaccinati prima del 4 aprile risulta nei primi 14 giorni dalla prima dose 800 decessi.

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Tabella Incidenza di diagnosi Covid -19 in persone vaccinate prima del 4 aprile 2021 – Rapporto Iss – Ministero della Salute, Impatto della vaccinazione Covid-19 sul rischio di infezione da Sars-CoV-2 e successivo ricovero e decesso in Italia 27.12.2021- 03.05.2021 – riproduzione riservata

INDAGINE DELL’OMCEO TORINO E DEGLI ORDINI DELLE PROFESSIONI SANITARIE DEL PIEMONTE

Ha posto la questione su se e in che misura i sanitari vaccinati, categoria lavorativa esposta al CoV-2, possono essere diffusori del virus e contrarlo in un’indagine recente condotta nel periodo tra il 29 marzo e il 2 maggio 2021 dai ricercatori Gabriele Gallone e Mario Nejrotti assieme all’Ordine dei Medici di Torino e degli Ordini dei professionisti sanitari del Piemonte. Per rispondere a ciò si è analizzata la presenza dei virus mediante tamponi comunemente usati a livello internazionale per identificare l’infezione da Sars-CoV-2 nei soggetti vaccinati – che hanno concluso il ciclo vaccinale – nel periodo compreso dalla fine di gennaio al 2 maggio 2021, data di chiusura della ricerca.

Hanno partecipato al sondaggio on line, su base volontaria, 11.899 sanitari di tutte le professioni – 4.600 medici e odontoiatri, circa 2.500 infermieri, 1.500 psicologi, 700 veterinari, 500 farmacisti, 400 fisioterapisti, 350 educatori professionali e 1300 da tutte le altre professioni sanitarie. A loro si è chiesto mantenendo l’anonimato se dopo la vaccinazione a ciclo completo sono risultati positivi ai test molecolare o antigenico o si sono ammalati di Covid-19 e in caso affermativo indicandone il periodo. Emerge che sugli 11mila in totale 168 hanno contratto l’infezione virale pari a 1,41% e nello specifico su 4.575 medici e odontoiatri 54 hanno contratto il virus pari a 1,18%. Tra i contagiati il numero più alto è dato dai medici ospedalieri con 29 infetti, pari a 53,70% dei malati. Il che, riporta in una nota l’Omceo, dimostra «l’ormai acclarata efficacia dei vaccini nel fermare la malattia, anche in una categoria come quella dei sanitari, più esposta di altre al rischio di contagio».

Viene fatto osservare dagli Autori che 5.823 partecipanti al questionario sono stati sottoposti a tampone dopo il ciclo vaccinale nel periodo di osservazione ed è emerso che 179 risultano positivi pari a 3,7% del totale mentre il 96,93% dei soggetti sottoposti a tampone dopo aver ricevuto la vaccinazione non aveva il virus nelle prime vie aeree.

Guido Giustetto, presidente dell’Ordine, assieme ai curatori conclude affermando:

i dati invitano a riflettere e a moltiplicare le osservazioni e le ricerche per consolidare l’impressione che i soggetti vaccinati non siano infettivi, non ritrovandosi il virus con i comuni mezzi diagnostici nelle vie aeree superiori.
Di conseguenza, fatto salvo il diffondersi di possibili forme di COV2 mutate, eventualmente, non contrastabili con gli attuali vaccini, si dovrebbe da parte dei decisori incominciare a ragionare sul ritorno ad una normalità di comportamenti sociali da parte dei vaccinati, per almeno un periodo di nove mesi dalla conclusione del ciclo, come sembrerebbero indicare, non solo le osservazioni scientifiche in progress, ma anche le ultime indicazioni giuridiche del Green Pass.

redazione Bioetica News Torino