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Dal Ministero della Salute il quadro italiano della situazione di interruzione volontaria di gravidanza nel 2020 Alcune osservazioni critiche da Associazione Pro Vita & Famiglia

18 Giugno 2022

Scende per tutte le età il numero delle interruzioni volontarie di gravidanza (chirurgiche) notificate dalle Regioni nel 2020, soprattutto «tra le giovanissime»: sono 66.413, pari a 9,3% in meno rispetto a 73.207 casi nel 2019. Attorno ai 31mila nell’Italia Settentrionale, 14mila500 in quella Centrale e 14mila novecento in quella Meridionale. Si tratta dell’analisi dell’Istituto superiore di sanità nella relazione annuale del Ministero della Salute al Parlamento (2020) facendo osservare che la riduzione negli ultimi anni «potrebbe essere in parte riconducibile all’aumento delle vendite dei contraccettivi di emergenza a seguito delle tre determine Aifa che hanno eliminato l’obbligo di prescrizione per l’Ulipristal acetato (ella one) nota come “pillola dei cinque giorni dopo” e per il Lenovorgestre (Norlevo) noto come “pillola del giorno dopo” per le donne maggiorenni e l’obbligo per le minorenni per l’Upristal acetato».

Le IVG farmacologiche mostrano una tendenza crescente dal 2005 al 2020, da 132 aborti a 20.902 nel 2020. Sulla discussa contraccezione di emergenza per i minori la cui consapevolezza sull’uso appropriato rimane dubbia nonostante il parere favorevole dell’Aifa e del Ministero della Salute, l’Upristal acetato ha avuto una forte ascesa tra il 2015 e il 2018. La Relazione ne riporta il consumo dalla distribuzione tracciata che ha un «significativo incremento registrato a partire dal secondo trimestre del 2015, a seguito della determina Aifa che ha eliminato l’obbligo di prescrizione medica per le maggiorenni». Poi si è avuto un lieve aumento dal 2018 al 2020 arrivando da 260 mila
distribuzioni a 266mila 500. Nel 2020 vi sono anche minorenni che hanno utilizzato il farmaco contraccettivo senza obbligo di prescrizione come da direttiva Aifa.

Dai dati tracciabili di distribuzione di Levonorgestrel (Norlevo) dal 2015 al 2019 si è avuto un aumento significativo in relazione agli effetti della determina Aifa sull’eliminazione della prescrivibilità per le maggiorenni dal 2016 e nel 2020 una diminuzione «conseguente alla pandemia da Covid-19» che ha comportato lockdown. 325mila seicento nel 2019, il numero delle distribuzioni tracciate scende a 289mila 500 nel 2020.

Il 2020 è l’anno, ricorda la Relazione, in cui era in corso la pandemia da Covid-19 che ha comportato alcune criticità come lo slittamento di inserimento dei dati per i quali la raccolta è avvenuta fino a novembre 2021 ed è stato necessario anche l’uso dei dati delle schede di dimissione ospedaliera, la riorganizzazione sanitaria per un percorso separato per le donne positive al Covid-19 e dei servizi. Nel frattempo ad agosto 2020 la circolare ministeriale aggiornava il periodo di tempo consentito per l’aborto farmacologico fino a nove settimane di età gestionale anche in regime di day hospital e presso strutture ambulatoriali pubbliche autorizzate e consultori familiari. L’Ivg chirurgica e farmacologica era inserita tra le attività indifferibili.

Emergono dai dati dei consultori familiari consulenze superiori rispetto ai certificati rilasciati indicando l’alternativa per la vita, su 45.533 colloqui 30.522 sono i certificati emessi, mentre il numero di obiettori di coscienza «permane elevato per tutte le categorie professionali sanitarie, in particolare per i ginecologi (64,6%)».

Mostra i dati di uno studio internazionale della Sorveglianza HBSC 2018 Health Behaviour in School-aged Children dell’Iss e dell’università di Padova, Siena e Torino, sui comportamenti contraccettivi su un campione di ragazzi quindicenni: tra quelli che avevano avuto un rapporto completo «circa il 70% ha dichiarato di utilizzare il preservativo, il 44,3% il coito interrotto e l’11,3% la pillola anticoncezionale.

Nel confronto internazionale il tasso di abortività italiano su ogni 1000 donne tra i 15 e i 44 anni è pari al 5,8% in Italia, riferito al 2020, il più basso riferito ad altri Paesi nel periodo tra il 2016 e 2020. Risultano maggiori gli aborti effettuati in Bulgaria 20,1% (dai dati del 2016) e in Svezia (2020) con 18,3%.

Riguardo all‘età hanno abortito (IVG chirurgica) maggiormente le donne di età tra i 30 e i 34 anni a differenza di quanto succede negli altri Paesi europei in cui le giovani sotto i 25 anni sono l’età più rappresentata. Le minorenni in Italia che vi ricorrono calano: da 3.596 nel 2000 a 1.343 nel 2020, così come le straniere da 181 nel 2000 a 166 nel 2020, che comunque sono dati sempre alti se si pensa che si tratta di giovanissime e che il maggior ricorso oggi è a quello di tipo farmaceutico.

Si sono sottoposte più donne con almeno un figlio (per il 60%). Quasi tutte le donne (per l’84%)che sono ricorse all’aborto chirurgico non avevano avuto storie di aborti spontanei in passato; invece il 17% per le donne avevano più storie di aborti spontanei.

Tra i servizi che hanno rilasciato la documentazione per l’aborto volontario entro i 90 giorni o oltre nei casi previsti dalla legge 174/1978 sono in primis i consultori familiari poi il servizio ostetrico ginecologico ed infine il medico di fiducia. La Relazione mostra come i consultori familiari aumentano la presentazione della documentazione necessaria per l’IVG suggerendo che potrebbe essere dovuto in particolar modo alle donne straniere che si rivolgono più spesso a tale tipo di servizio. Poi anche dal fatto che il Consultorio garantirebbe la prenotazione, quasi il100% delle donne sceglie questa struttura per le procedure prima dell’IVG e la gran parte vi ritorna per il controllo post intervento.

Riguardo al periodo di gestazione, nel 2020 l’IVG si è avuta con un lieve aumento per le oltre 12 settimane di gestazione rispetto agli anni precedenti. Riguardo ai tempi la documentazione viene rilasciata per la maggior parte entro i 14 giorni (74%) e presso un istituto pubblico (per il 95%) rispetto a case di cura convenzionate (4,8%).

Sulla tecnica impiegata quella più diffusa anche per il 2020 è l’isterosuzione (15%, pari a 9.763), quella che utilizza le cannule di Karman (41% pari a 26.776) mentre il raschiamento copre l’9% pari a 5.664. Viene fatto notare come nel Centro Sud è ancora diffuso il ricorso al raschiamento: in Sardegna (423 casi) e in Abruzzo (285 casi) supera la media nazionale, rispettivamente attorno al 30% la prima regione e al 21% la seconda, seguono Lombardia, Calabria, Veneto, Toscana e Friuli-Venezia Giulia. Il 36% è avvenuto mediante l’uso di farmaci per l’IVG di tipo farmacologico.

Quasi per il 90% la degenza si è ridotta a meno di 24 ore nel 2020, solo il 4,3% ha avuto un ricovero giornaliero.

Sulle complicanze “immediate dell’Ivg” la Relazione riporta che «nel 2020 sono state registrate 7,6 complicanze per 1.000 Ivg rispetto a 6,0 per 1000 del 2019 al 5,6 del 2018, al 7,3 del 2017 e al 6 del 2016». Quella più frequente è «l’emorragia (3,3 per 1.000 Ivg) con valori elevati e meritevoli di attenzione in Valle d’Aosta (26,3 per 1.000), PA Trento (10,7 per 1.000) e Liguria (10,3 per 1.000). Riferisce riguardo a morti materne «la cui causa è in qualche maniera collegabile all’Ivg è molto basso e inferiore a quello indicato in letteratura per tale causa» e che «il mancato/incompleto aborto è stato segnalato in 720 Ivg (1,1% di tutte le Ivg)». E i casi di infezione segnalati sono 7.

Per l’aborto farmacologico (somministrazione di solo mifepristone, di mifepristone e prostaglandina, di sola prostaglandina) le complicanze emorragiche sono pari a 4,1 per 1.000 Ivg (pari a 0,4%) e quelle infettive a 1 per 1.000 (pari allo 0,1%) e viene riferito che nell’1,9% dei casi l’informazione risulta essere mancante.

Come Francesca Romana Poleggi del direttivo dell’Associazione Pro Vita & Famiglia ha evidenziato nel commento alla lettura di questa Relazione ministeriale nel loro sito, in data 16 giugno, sulle complicanze vi sono nella tabella 27 Ivg e complicanze, 2020, 1802 dati non rilevati, ritenendo ciò un’assurdità «nell’epoca della completa informatizzazione» e facendo osservare come «si citano soltanto “emorragia” e “infezione” mentre non viene specificato cosa si intende per “altro”», quest’ultima corrisponde a 251 casi pari a 3,9 su 66.413 Ivg.

Fa poi anche osservare come vengono inoltre completamente ignorate le gravi conseguenze fisiche a medio e lungo termine nonché quelle psichiche e conclude sostenendo che «la Relazione è poi fuorviante perché parla delle pillole (come ellaOne o Norlevo) come “contraccettivi”, ma sappiamo essere dei farmaci abortivi a tutti gli effetti e anche qui si tralasciano completamente i gravi effetti collaterali che questi farmaci hanno sulla salute delle donne».

(aggiornamento 21 giugno 2022, ore 08,16)

redazione Bioetica News Torino