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Dalla ricerca clinica innovativa, la terapia genica, il buon recupero della vista per il difetto del gene RPE65

19 Settembre 2022

Una nota di speranza per un “significativo recupero della vista” viene data da due bambini affetti dalla retinite pigmentosa, una malattia rara tra le distrofie retiniche ereditarie che può portare verso una progressiva cecità. La malattia comporta un restringimento del campo visivo di entrambi gli occhi, con perdita della visione da lontano e da vicino, oltre ad avere una scarsa visione notturna.

Individuato diagnosticamente il gene malato RPE65, su un centinaio di geni implicati nella degenerazione retinica, per il quale è stata autorizzata in Italia la terapia genica dall’Aifa nel 2021, entrambi, fratello e sorella, lui di 8 e lei di appena 3 anni, piccoli pazienti del Bambino Gesù di Roma sono stati operati e hanno completato il percorso di visite di controllo al Policlinico Gemelli con un buon esito.

È il risultato della collaborazione sorta tra le due unità specialistiche ospedaliere, dirette da Stanislao Rizzo per il Policlinico Gemelli che è tra i centri italiani di riferimento per gli interventi di amaurosi congenita di Leber e di retinite pigmentosa ad insorgenza precoce dovuti alla mutazione genica di RPE65, e da Luca Buzzonetti per il Bambino Gesù.

Dai test specifici mostrano un miglioramento della visione. Il bambino, che gli è stata somministrata la terapia tra ottobre e dicembre del 2021 prima in un occhio e poi nell’altro, ha ricominciato a leggere. Anche la sorellina mostra già segni di recupero, che tra l’altro è finora la più giovane paziente in Italia ad essere stata trattata; ha iniziato, proprio per la sua tenera età il primo trattamento a febbraio di quest’anno e il secondo a giugno.

La terapia genica è effettuata con voretigene neparvovec, utilizzata sia per gli adulti che per i bambini, e consiste in un’iniezione sottoretina di una copia sana del gene RPE65, veicolata nelle cellule tramite un adenovirus associato, che corregge il difetto visivo nel tempo.

«La retinite pigmentosa è una malattia terribile che porta nelle forme più severe a cecità e per cui non esisteva terapia efficace fino a poco tempo fa. Finalmente oggi, anche se solo in pochi pazienti, riusciamo a offrire un trattamento efficace, frutto di studi scientifici internazionali eseguiti in pochissimi centri nel mondo di ricerca e cura», ha affermato in una nota il prof. Rizzo.

Approvato dall’agenzia regolatoria del farmaco italiana (Aifa) nel 2021 che lo ha classificato come medicinale soggetto a prescrizione medica limitativa (Osp) utilizzabile solo nei centri individuati dalle regioni «per il trattamento dei pazienti adulti e pediatrici con perdita della vista dovuta a distrofia retinica ereditaria causata da mutazioni bialleliche confermate di RPE65 e che abbiano sufficienti cellule retiniche vitaliUna nota di speranza per un “significativo recupero della vista” viene data da due bambini affetti dalla retinite pigmentosa, una malattia rara tra le distrofie retiniche ereditarie che può portare verso una progressiva cecità. La malattia comporta un restringimento del campo visivo di entrambi gli occhi, con perdita della visione da lontano e da vicino, oltre ad avere una scarsa visione notturna.

Individuato diagnosticamente il gene malato RPE65, su un centinaio di geni implicati nella degenerazione retinica, per il quale è stata autorizzata in Italia la terapia genica dall’Aifa nel 2021, entrambi, fratello e sorella, lui di 8 e lei di appena 3 anni, piccoli pazienti del Bambino Gesù di Roma sono stati operati e hanno completato il percorso di visite di controllo al Policlinico Gemelli con un buon esito.

È il risultato della collaborazione sorta tra le due unità specialistiche ospedaliere, dirette da Stanislao Rizzo per il Policlinico Gemelli che è tra i centri italiani di riferimento per gli interventi di amaurosi congenita di Leber e di retinite pigmentosa ad insorgenza precoce dovuti alla mutazione genica di RPE65, e da Luca Buzzonetti per il Bambino Gesù.

Dai test specifici mostrano un miglioramento della visione. Il bambino, che gli è stata somministrata la terapia tra ottobre e dicembre del 2021 prima in un occhio e poi nell’altro, ha ricominciato a leggere. Anche la sorellina mostra già segni di recupero, che tra l’altro è finora la più giovane paziente in Italia ad essere stata trattata; ha iniziato, proprio per la sua tenera età il primo trattamento a febbraio di quest’anno e il secondo a giugno.

La terapia genica è effettuata con voretigene neparvovec, utilizzata sia per gli adulti che per i bambini, e consiste in un’unica iniezione sottoretina di una copia sana del gene RPE65, veicolata nelle cellule tramite un adenovirus associato, che corregge il difetto visivo e consente un risultato duraturo nel tempo.

«La retinite pigmentosa è una malattia terribile che porta nelle forme più severe a cecità e per cui non esisteva terapia efficace fino a poco tempo fa. Finalmente oggi, anche se solo in pochi pazienti, riusciamo a offrire un trattamento efficace, frutto di studi scientifici internazionali eseguiti in pochissimi centri nel mondo di ricerca e cura», ha affermato in una nota il prof. Rizzo del Policlinico Gemelli.

Approvato dall’agenzia regolatoria del farmaco italiana (Aifa) nel 2021 che lo ha classificato come medicinale soggetto a prescrizione medica limitativa (Osp) utilizzabile solo nei centri individuati dalle regioni «per il trattamento dei pazienti adulti e pediatrici con perdita della vista dovuta a distrofia retinica ereditaria causata da mutazioni bialleliche confermate di RPE65 e che abbiano sufficienti cellule retiniche vitali», è rimborsabile nella categoria H per il sistema sanitario nazionale, con un prezzo invece al pubblico di 594, 144 euro.

Al Vanvitelli di Napoli i primi trattamenti della medicina rigenerativa in Italia: nel 2019

I primi due bambini in Italia sono stati sottoposti al trattamento presso l’Unità oculistica dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli. Avviene a due anni di distanza dall’approvazione nel 2017 di questo farmaco da parte dell’agenzia statunitense Food and Drug Administration che ne indicava l’estensione della terapia genica anche al di là del settore oncologico e che ne erano affetti negli Usa da 1000 a 2000 pazienti. L’Ema invece ne stava valutando per l’immissione sul mercato europeo, e ne concedeva l’utilizzo come farmaco orfano fino all’approvazione nel novembre 2018.

Non era ancora approvato dall’Aifa, in fase di analisi, il farmaco era inserito nella classe C tra i farmaci non ancora valutati per la rimborsabilità e la sua somministrazione ai due bambini è dovuta alla collaborazione della clinica napoletana con l’azienda produttrice Novartis.

Allora la direttrice dell’Unità oculistica Francesca Simonelli ne affermava il buon esito, riportato dall’Osservatorio di Malattie rare il 17 dicembre 2019: «I risultati sono evidenti dopo pochi giorni dall’intervento e consistono in uno straordinario miglioramento visivo evidente soprattutto nelle condizioni di scarsa luminosità. Dopo la terapia, il bambino ha già recuperato una piena autonomia nel muoversi, scendere le scale, camminare da solo, correre e giocare a pallone. Siamo di fronte a un vero e proprio cambio di paradigma ― ha aggiunto ― e siamo orgogliosi di esserne tra i protagonisti». Espresse la necessità di una precoce individuazione della patologia mediante test genetici per un miglior recupero.

Nel 2021, dopo l’approvazione di Aifa, nella stessa clinica sono stati poi trattati una decina di bambini. In genere questa specifica patologia colpisce una persona su 200 mila.

(aggiornamento 20 settembre 2022 ore 9.41)

redazione Bioetica News Torino