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Epatite sconosciuta nei bambini, probabile causa virus adeno-associato 2 (AAV2) Due studi britannici recenti

27 Luglio 2022

Due studi britannici pubblicati in prestampa, uno scozzese del centro per la ricerca virale nell’Università di Glasgow e del Royal Hospital pediatrico di Glasgow e l’altro inglese dell’Istituto per la salute dell’infanzia di Great Ormond Street, hanno escluso ogni associazione diretta con il virus Sars-CoV-2 per i casi di epatite acuta nei bambini di eziologia sconosciuta, infezione che ha destato l’attenzione dell’Oms e dell’agenzia europea per la prevenzione e il controllo delle malattie infettive, e sui quali è attiva da aprile scorso una sorveglianza, dopo le segnalazioni delle autorità sanitarie internazionali su un aumento improvviso e inatteso dei casi su bambini prima sani rispetto agli anni precedenti.

I ricercatori di questi due studi, indipendenti l’uno dall’altro e condotti nello stesso periodo, hanno portato un contributo nuovo, presuppongono il coinvolgimento di un altro virus quello comune AAV2 (adenovirus associato 2) presente «ad elevati livelli in tutti i campioni da pazienti con casi confermati di epatite di natura sconosciuta. Il virus, che è non noto per essere generalmente causa della malattia e spesso accompagna l’infezione con gli adenovirus, è stato ora scoperto dagli scienziati che lo hanno associato allo sviluppo dell’epatite acuta in un piccolo numero di bambini». Lo riferisce l’Università di Glasgow in una nota pubblicata il 25 luglio.

L’infezione da adenovirus, fa parte di una famiglia di virus a Dna, diffusa nei bambini che causano diverse infezioni, di solito in forma lieve, con sintomi simili al raffreddore con vomito e diarrea.

Per loro la causa più plausibile per l’insorgenza dell’epatite severa nei bambini colpiti starebbe nella coinfezione di due virus, AAV2 e un adenovirus, o meno frequente il virus HHV6 dell’herpes che è stato trovato in campioni di alcuni pazienti: «la possibilità che un picco nell’infezione da adenovirus nella popolazione generale dopo un periodo di lockdown possa aver contribuito a questa insorgenza, dovuto a un’immunità abbassata nei bambini a certi virus e cambiamenti nei modi di circolazione virale», prosegue la nota universitaria. Nel 96% dei casi di epatite sconosciuta esaminati il virus AAV2, che non può replicarsi senza l’aiuto di un altro virus, un adenovirus o herpesvirus, era presente.

I ricercatori hanno osservato che il virus AAV2 è presente ad alti livelli nel sangue e nel fegato dei pazienti presi a campione e anche la sua capacità di replicarsi nel fegato mentre la sua assenza o una presenza a livelli molto bassi nel sangue e nel fegato del gruppo di controllo dei bambini che non avevano l’epatite acuta.

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Che cosa sono i virus adeno-associati?

Non fa parte della famiglia degli adenovirus ma della famiglia dei parvovirus. Un esempio di parvovirus è la quinta malattia, un’infezione virale leggera, tipica dell’età infantile causato dal parvovirus B19, caratterizzata da febbre e comparsa di macchie rossastre sul viso, contagiosa che si risolve in una -tre settimane.

I parvovirus sono un piccolo gruppo di virus a singola elica di Dna che non riescono a produrre un’infezione da soli, a replicarsi, senza l’aiuto di altri virus coinfettanti come ad esempio i virus adenoassociati.

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Autrice con esperienza pluriennale nello studio scozzese Emma Thompson, docente clinica e consulente in Malattie infettive al MRC presso il Centro di ricerca virale dell’Università di Glasgow spiega che «ci sono ancora molte domande senza risposte e studi più estesi sono necessari con urgenza per poter analizzare il ruolo dell’AAV2 nei casi di epatite pediatrica. C’è bisogno inoltre di comprendere di più sulla circolazione stagionale dell’AAV2, virus che viene monitorato nella prassi di routine – può essere che un picco di infezione di adenovirus sia coinciso con l’esposizione di un picco all’AAV2, portando ad una manifestazione insolita di epatite nei bambini sensibili».

Il virologo Judy Breuer al Great Ormond Street Institute rassicura i genitori che non vi è alcun legame diretto con l’infezione da Sars-CoV-2. I dati rivelano il virus AAV2 come biomarcatore più forte per l’epatite. «La presenza di HHV6 (virus dell’herpes) e di Adenovirus nei fegati danneggiati, rimossi da cinque bambini che hanno subito un trapianto di fegato pone interrogativi come sul ruolo delle co-infezioni con questi tre virus nei casi più severi».

Anche per gli autori dello studio inglese, c’è bisogno di uno studio ulteriore a livello internazionale sull’associazione temporale tra le infezioni adenovirus/HHV6 e AAV2. L’AAV2, spiega Sofia Morfopoulou, membro di statistica computazionale al Great Ormond Street Institute, che non è un adenovirus ma un membro della famiglia dei parvovirus.

Sin dalle prime indagini epidemiologiche dell’Ecdc e delle autorità sanitarie internazionali, tuttora in corso, l’ipotesi più probabile e sempre suggerita, mentre si consideravano anche altri motivi di analisi, è stata finora quella dell’associazione con l’infezione da adenovirus enterico umano. «Una possibile associazione con l’infezione recente da adenovirus è stata identificata, ma altre ipotesi e possibili cofattori sono in corso di indagine. La maggior parte dei casi continua ad essere riportata come casi sporadici e non correlati», riporta l’Ecdc e l’Oms per la regione Europa nel bollettino di sorveglianza del 1 luglio 2022.

Questo bollettino informa che al 30 di giugno i casi probabili riportati sono arrivati a 473 in 21 paesi di cui 302 si hanno informazioni su esiti clinici, 221 ricoverati, 80 in cura medica e un decesso. Il numero più elevato rimane sempre nel Regno Unito con 268 casi probabili seguito dalla Spagna con 40 casi e dall’Italia con 35 casi. E spiega la definizione di caso “probabile” riferita all’epatite di origine sconosciuta: quando un soggetto con epatite acuta con un livello ematico superiore ai 500 Iu/L di proteine enzimatiche transaminasi aspartato (Ast) o Alanina amino transferasi (Alt), di età 16 o inferiore, non presenta il virus A, B, C, D, ed E dell’epatite.

Il Regno Unito è il paese in cui vi è stato il maggior numero di segnalazioni e da cui è partita la segnalazione di allerta all’Oms il 5 aprile 2022. Al 6 aprile l’Agenzia sanitaria di sicurezza pubblica (UKHSA) della Gran Bretagna con il servizio sanitario nazionale cominciavano ad informare gli operatori sanitari per essere solleciti nell’individuazione dei casi e intraprendere le indagini a partire da 60 casi di bambini sotto i 10 anni in Inghilterra identificati dai primi mesi del 2022. Tra le precauzioni il direttore delle infezioni cliniche e di emergenza presso l’UKHSA invitava a rispettare alcune comuni misure igienico-sanitarie come un lavaggio accurato delle mani, inclusa la supervisione sui bambini, e una buona igiene respiratoria, come coprire bocca e naso quando si starnutisce o tossisce, trattare i fazzoletti e lavarsi le mani.

Nei primi mesi del 2022, nella circolare ministeriale italiana del 23 maggio 2022 veniva spiegato che l’autorità sanitaria inglese aveva osservato un incremento di «patogeni isolati dai laboratori di sanità pubblica che hanno riguardato adenovirus, enterovirus, human metapneumovirus, rhinovirus e norovirus nelle classi di età sotto i 10 anni dalla fine del 2021, e virus respiratorio sinciziale dalla fine dell’estate del 2021».

Nell’ultimo aggiornamento dell’Agenzia di salute e sicurezza pubblica britannica (UKHSA) del 7 luglio si conferma la continuità delle indagini in collaborazione con le autorità scozzese e gallese dando notizia di 263 casi confermati fino al 4 luglio di cui 186 in Inghilterra, 36 in Scozia, 19 in Galles e 22 in Irlanda che per la maggioranza sono bambini sotto i 5 anni che hanno manifestato all’inizio sintomi di gastroenterite – diarrea e nausea – seguiti dall’insorgenza di itterizia.

Al 30 giugno in Italia tra i 19 casi riportati e testati per adenovirus 11 sono risultati positivi mentre 2 per Sars-CoV-2 con tampone antigenico e molecolare. Un solo caso è stato sottoposto a trapianto epatico.

In che cosa consistono le ricerche di Glasgow e di Londra?

Il primo studio scozzese ha analizzato 9 casi confermati e un gruppo di controllo su 58 soggetti. La presenza virale dell’AAV2 è stata individuata nel plasma e nel fegato dei 9 bambini mentre è risultata assente negli altri soggetti, bambini con adenovirus ma con fegato normale funzionante e bambini ricoverati per epatite da cause conosciute.

L’altro studio londinese hanno studiato 28 casi, incluso i campioni di fegato da cinque bambini sottoposti a trapianto e trasfusione. La sequenza del Rna dei campioni di fegato ha confermato la presenza della replica del virus AAV2 nel fegato dei bambini affetti da epatite sconosciuta, confrontati con un gruppo di controllo di 132 soggetti immunocompromessi e immunocompetenti. Ha mostrato la presenza alquanto rara dell’AAV2 nei bambini che non avevano epatite (6 su 100) e livelli molto bassi persino nei bambini immunocompromessi (11 su 32).

redazione Bioetica News Torino