I vaccini anti-Covid-19 proteggono? Alcune risposte dall’Istituto superiore di sanità
21 Luglio 2021I vaccini anti-Covid servono per proteggere la persona dal rischio di contrarre l’infezione da Sars-CoV-2, in particolar modo di difenderla dalle forme più gravi che esitano in ospedalizzazione, cure intensive fino ad essere letali, come si è avuto modo di osservare purtroppo nel drammatico quadro dell’andamento epidemiologico agli inizi della pandemia.
Durante la prima ondata epidemica, caratterizzata da una rapida diffusione di casi e di decessi e da una concentrazione territoriale nel nord Italia, tra febbraio e maggio 2020 si sono avuti 266.824 decessi di cui 34.191 registrati Covid-19, con positività al test; quasi la metà dei decessi avvenuti in persone positive al Covid-19, 57.647 registrati dalla Sorveglianza integrata Covid-19 dell’Istituto superiore di sanità tra febbraio e novembre 2020 (Istat, Iss registro Covid-19, Impatto dell’Epidemia Covid-19 sulla mortalità totale della popolazione residente, gennaio – novembre 2020, 30 dicembre 2020).
Dopo la fase di transizione della stagione estiva, che va da giugno a metà settembre 2020, più contenuta per le misure restrittive adottate nel primo lockdown tra marzo e maggio, segue la seconda ondata in cui si riprende una crescente diffusione di casi e decessi da ottobre a novembre 2020 su tutta la penisola e si contano tra ottobre e novembre 134.767 decessi di cui 21.162 di Covid.
Le morti con positività al Covid-19 possono essere molte di più di quelle registrate, come osservano gli analisti di Istat e dell’Iss in Impatto, sia nella prima ondata perché la capacità diagnostica era ridotta e sia dal contributo dell’analisi dei decessi, seppure non specifico per l’individuazione della mortalità Covid-19, consistente nel «conteggiare l’eccesso dei decessi per il complesso delle cause, vale a dire quanti morti in più (per tutte le cause) ci sono stati nel Paese rispetto agli anni precedenti»; dunque considerando i dati dei decessi che possono essere sottostimati o indirettamente collegati «come le morti causate da un trattamento ritardato o mancato a causa di un sistema sanitario sovraccarico». Nella prima ondata si è rilevato un eccesso di 50 mila decessi a livello nazionale nel periodo marzo – maggio 2020, di cui oltre 45 mila residenti nel Nord Italia, dal confronto tra i numeri di deceduti e la media di quelli nel quinquennio tra il 2015 e il 2019, «un eccesso che per il 72% è dovuto ad un incremento delle morti della popolazione con 80 anni e più (36.400 decessi in più); in breve, sono morte in quel periodo più di 138 mila persone ottantenni e più, ossia il 66% degli oltre 211 mila morti del periodo marzo – maggio 2020. Può incidere nella stima dei decessi la diminuzione nel periodo di lockdown di casi di morti per incidenti stradali o sul lavoro.
La vaccinazione per il Covid-19 è efficace?
«Se i vaccini non fossero efficaci nel ridurre il rischio di infezione, non si osserverebbero differenze nel numero dei casi tra vaccinati e non vaccinati», sostiene la task force Covid-19 del Dipartimento Malattie infettive dell’stituto superiore di Sanità che ne dà un esempio dimostrativo sulla base dei dati settimanali nel periodo 27 dicembre 2020 e 11 luglio 2021 tra stato vaccinale – non vaccinati, vaccinati con ciclo incompleto e completo (due dosi o unica dose per il vaccino monodose Janssen) – e casi di infezione, di ricoverati in terapia intensiva, di ospedalizzazione, di decessi nel Bollettino nazionale dell’Iss sull’Epidemia Covid-19 aggiornato alle ore 12 del 14 luglio (pubblicato il 16 luglio 2021).
Si è considerato per ciclo di vaccinazione incompleto, l’aver ricevuto una prima dose delle due dosi previste dal Pfizer- BioNtech, Moderna e Vaxzevria con la notifica dei casi confermati positivi al Covid con la somministrazione di una sola dose almeno 14 giorni prima della diagnosi. Viene fatto osservare che «un ciclo di vaccinazione incompleto fornisce una protezione inferiore rispetto ad un ciclo di vaccinazione completo» sia con un analisi panoramica del periodo sopracitato sia con un’analisi dettagliata di un breve periodo.
Ancor più evidenziato per fasce di età (Fig. 26, Tab VII). Su una popolazione di ultra ottantenni (si veda Tab 7) – che sono la categoria più fragile e vulnerabile, oltre a quelle per specifiche patologie e disabilità – che al 26 di giugno 2021 ha completato il vaccino, 3.812.115 (83,7%) rispetto ai 281.202 (6,2 %) a cui è stata somministrata appena la prima delle due dosi, e i non vaccinati che risultano 460.790 (10,1%) nei trenta giorni tra l’11 giugno e l’11 luglio 2021, sono risultati positivi al Sars-CoV-2 487 vaccinati con ciclo completo (57,5%) e 58 incompleto U6,8%) e 302 non vaccinati (35,7%) mentre hanno avuto ricovero ospedaliero dal 4 giugno al 4 luglio 2021 142 vaccinati con ciclo completo (42,1%), 27 (8%) incompleto e 168 (49,9%) non vaccinati. Per la stessa popolazione di anziani i decessi tra il 21 maggio e il 20 giugno 2021 hanno riguardato 147 (65,9%) di non vaccinati, 21 vaccinati con ciclo incompleto e 55 (24,7%) con ciclo completo. I ricoveri in terapia intensiva registrati dal 4 giugno al 4 luglio 2021 sono stati 21 (80,8%) non vaccinati, 0 (0%) vaccinati con ciclo incompleto, e 5(19,2%) con ciclo completo.
Se si prende la fascia di età tra i 60 e i 79 anni (si veda Tab VII i ricoveri ospedalieri e in terapia intensiva nonché i decessi sono più numerosi per le persone non vaccinate: su un gruppo di 5.415.352 con ciclo incompleto risultano 1067 casi di positività, 151 ospedalizzati, 17 ricoverati in terapia intensiva e 46 deceduti; invece su un gruppo di 3.251.872 di non vaccinati, 1491 hanno avuto diagnosi di Covid-19, 420 (65,5%) sono stati ospedalizzati e 47 (71,2%) in terapia intensiva mentre i decessi sono stati 158 (73,1%). Infine su un gruppo di 4.905.555 (36,1%) 568 (18,2%) hanno ricevuto diagnosi di Covid-19 (18,2%), 70 hanno avuto ricovero ospedaliero e 2 (3%) sono stati ricoverati in terapia intensiva mentre i decessi sono stati 45 (5,6%).
La vaccinazione anti-Covid-19, come per quanto accade con gli altri vaccini, non ha una protezione totale del 100% per i vaccinati, e dalla letteratura scientifica finora disponibile un ciclo vaccinale completo protegge secondo l’Istituto superiore di Sanità, all’88% dall’infezione, al 94% dal ricovero in ospedale, al 97% dal ricovero in terapia intensiva e al 96% da un esito fatale secondo disposizione. Maggiore è la circolazione del virus maggiore sarà la trasmissione virale a persone a maggior rischio di malattia severa anche se vaccinata concorrendo alla comparsa di nuove varianti.
Le persone vaccinate possono sempre ricadervi nella malattia se non vi è l’immunità cosiddetta di gregge, con una copertura vaccinale pari al 95%. Se non c’è man mano che aumenta la copertura diminuiscono i casi di contagio che possono esservi tra i non vaccinati e i vaccinati, seppure per quest’ultimi in misura assai minore. Tuttavia gli studiosi scientifici dell’Iss invitano a non preoccuparsi se «in gruppi di popolazione con una copertura vaccinale altissima la maggior parte dei casi segnalati si potrebbe verificare in soggetti vaccinati, solo perché la numerosità della popolazione dei vaccinati è molto più elevata di quella dei soggetti non vaccinati», per effetto del “principio del paradosso” (Iss, Vaccinati e non, il confronto tra i casi ci dice che il vaccino funziona, 20 luglio 2021). Mentre si accelera la campagna vaccinale si mantengono le misure di prevenzione e protezione come previsto dall’ultimo decreto ministeriale, il distanziamento tra persone e quando non si può mantenerlo per motivi di assembramento o affollamento all’aperto occorre mettere la mascherina, così nei luoghi pubblici e chiusi, non toccarsi occhi, naso e bocca, lavarsi spesso le mani lavarsi etc.
(CCBYSA)