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Impegno solidale nella lotta contro l’ebola: un unico deposito in Svizzera per il vaccino ebolavirus Zaire per l’emergenza internazionale

13 Gennaio 2021

Per poter rispondere con prontezza al divampare di focolai epidemici di ebola, malattia virale grave associata spesso a letalità, in un qualunque paese, si è predisposta una riserva di grandi dimensioni di vaccino anti ebola in Svizzera. Attualmente lo stoccaggio è di 6.890 dosi che dovrebbero poi arrivare nei due o tre anni a 500 mila, quantità raccomandata come scorta di emergenza dagli esperti sanitari del Sage (Strategic Advisory Group of Experts). Un’iniziativa che viene annunciata in una nota dagli stessi promotori, agenzie delle Nazioni unite e organizzazioni che operano a livello internazionale in campo sanitario e umanitario: il Gruppo di coordinamento Internazionale per l’approvvigionamento dei Vaccini dell’OMS (ICG) operativo dal 1997 con l’irruzione dei importanti focolai di meningite in Africa, UNICEF, la Federazione internazionale delle Società della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa (IFRC), i Medici senza frontiere (MSF).

«Un esempio di solidarietà, scienza e cooperazione tra organizzazioni internazionali e del settore privato per salvare la vita delle persone», ha commentato il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità Tedros Adhanom Ghebreyesus.

L’Unicef gestirà la riserva vaccinale per conto dell’International Coordinating Group (ICG) – Oms come già per il colera, la meningite e la febbre gialla, e a cui spetterà le decisioni relative all’assegnazione e al rilascio. «Siamo orgogliosi di poter far parte a questo impegno senza precedenti per aiutare a riportare sotto controllo velocemente i focolai di ebola», afferma il direttore esecutivo di Unicef Henrietta Fore. Entro 48 ore dalla richiesta di emergenza sarà presa una decisione di allocare il vaccino il cui tempo di consegna previsto è entro 7 giorni.

Vaccino per l’ebola

L’Agenzia europea per i Medicinali (Ema) ha autorizzato il vaccino rVSV-ZEBOV-GP, iniettabile, in singola dose, che protegge dalle specie di ebolavirus Zaire che è la causa delle recenti epidemie, nel novembre 2019 ed è autorizzato dalla Food and Drug Administration e in otto paesi africani. Uno studio sperimentale di tale vaccino è stato condotto, come riporta Epicentro-Iss, in Guinea nel 2015 su 11. 841 persone dove è emerso che fra i 5.837 soggetti che hanno ricevuto il vaccino non si è registrato alcun caso nei 10 giorni successivi alla somministrazione mentre si sono avuti 23 casi nei 10 gg successivi alla vaccinazione fra coloro che non erano stati vaccinati. Il vaccino è stato impiegato prima dell’autorizzazione in Guinea su più di 350 mila persone e nell’epidemia di Ebola in corso, iniziata nel 2018, nella Repubblica Democratica del Congo con il protocollo ad uso compassionevole.

Il virus ebola ha devastato comunità africane, occidentali e centrali, inferendo sempre i più poveri e vulnerabili, aggiunge Jagan Chapagain, segretario generale dell’International Coordinating Group (ICG) – Oms.

Malattia da virus Ebola

L’identificazione risale al 1976 in due focolai sviluppati contemporaneamente in un villaggio in Yambuku nei pressi del fiume Ebola nella Repubblica Democratica del Congo e in una zona remota del Sud Sudan, ora chiamata Nzara. Non si conosce l’eziogenesi ma si presume dai dati noti che i pipistrelli della frutta (Pteropodidae) siano i probabili ospiti del virus Ebola. La più grande epidemia risale al 2014-2016 in Africa Occidentale con oltre 28 mila con casi anche descritti in Italia, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti ed è stata causata dal virus ebola Zaire. Lo stesso ebola virus Zaire (ZEBOV) è causa della grave epidemia, la decima, nella Repubblica democratica del Congo, nel 2018 -2020, dichiarata il 17 luglio nel 2019 emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale dal direttore generale dell’Oms (si veda la conseguente circolare del Ministero italiano della Salute del 19 luglio 2019). Riconosciuta in North Kivu il 1 agosto 2018, con 3 mila casi, 2 mila morti e mille sopravvissuti. Il 25 giugno scorso è stata dichiarata debellata la pandemia nella Repubblica democratica del Congo portandosi via a causa del virus 2300 persone. Sono state vaccinate con il vaccino rVSv-ZEBOV-GP più di 300 mila persone.

In Africa però la lotta all’ebola non è terminata. Sempre nella Repubblica democratica in Congo è insorta la 11ma pandemia il 1 giugno 2020 con cluster epidemici in Mbandaka nella Provincia equatoriale che si è conclusa il 18 novembre durante la quale sono stati riscontrati 130 casi di cui 119 confermati e 11 probabili e ha mietuto 55 vittime.

In Italia, il virus ebola della specie Reston è stato introdotto nel 1992 in scimmie importate dalle Filippine ma non si è constatato il contagio nelle 16 persone venute a contatto con gli animali infetti. Poi nel 2015 durante l’epidemia da virus Ebola in Africa occidentale si è riscontrato un caso confermato in un operatore sanitario proveniente dalla Sierra Leone.
I centri di riferimento nel nostro paese sono l’Istituto nazionale per le Malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma e l’Azienda Ospedaliera L. Sacco di Milano.

Tramissione e prevenzione. La malattia si trasmette attraverso il contatto con sangue, secrezioni, organi o altri fluidi corporei di animali infetti. In Africa è stata documentata l’infezione a seguito di contatto con scimpanzé, gorilla, pipistrelli della frutta (Pteropodidae), scimmie, antilopi e porcospini trovati malati o morti nella foresta pluviale.

Per contatto interumano diretto con organi, sangue e altri fluidi biologici – saliva, urina, vomito – con soggetti infetti – vivi o morti, e in modo indiretto con ambienti contaminati da tali liquidi. Il contagio più frequente è tra familiari e conviventi per elevata probabilità di contatti. Si è osservato nelle grandi epidemie, come riporta Epicentro Iss, che probabilmente hanno concorso nella diffusione anche le cerimonie di sepoltura e il contatto diretto con il cadavere dei defunti. Per questo l’Oms raccomanda tra le misure di contenimento durante la pandemia un seppellimento in sicurezza del cadavere – immediatamente e manipolando le salme con dispositivi protettivi, l’identificazione delle persone che possono essere state a contatto con un soggetto infetto da ebola e il monitoraggio della loro salute per 21 giorni, una buona igiene e pulizia degli ambienti.
L’infezione rimane fino a quando il virus è presente nel sangue.

Si ha documentazione della trasmissione nosocomiale per contatto diretto tra personale sanitario e pazienti affetti dal virus.
Sono stati riportati alcuni casi di trasmissione per via sessuale per cui l’Oms raccomanda ai soggetti di sesso maschile, convalescenti dal virus, di mantenere più elevati livelli di igiene e avere rapporti sessuali più protetti nell’arco dei 12 mesi dall’esordio dei sintomi o fino a quando i testi seminali risultano negativi due volte per il virus dell’ebola. più protetti nei 12 mesi successivi all’inizio dei sintomi della malattia o finché il liquido seminale non risulti per due volte negativo ai test per virus ebola.

Per il personale sanitario l’Oms raccomanda l’uso di guanti e equipaggiamento protettivo individuale da indossare nella cura dei pazienti affetti e lavaggio regolare delle mani dopo la visita dei pazienti in ospedale o a domicilio mentre alla popolazione per ridurre il rischio di trasmissione da animale a persona di far cuocere bene la carne e il sangue dei prodotti di origine animale. Poi, ridurre il contatto con animali infetti ad alto rischio come pipistrelli della frutta, scimmie e primati nelle aree di foresta pluviale.

redazione Bioetica News Torino