La salute pubblica al centro del forum internazionale della Pontificia Accademia per la Vita in Roma
27 Settembre 2021Un laboratorio internazionale pensato per riflettere sul futuro in un’ottica che abbraccia l’intero pianeta per la salute pubblica e la tutela e promozione della vita dopo quanto la pandemia ha sconvolto le vite umane, molte lasciate sul “campo”, e le relazioni sociali. «Il principio della superiorità del tutto rispetto alle parti Evangelium Vitae, 23-237) [… ] È nostra responsabilità quindi elaborare i fenomeni in modo da renderli visibili, attribuendo loro una giusta importanza, in modo che sia più adeguata la base conoscitiva che guida la nostra azione», ha affermato monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia della Vita in apertura del laboratorio sul tema Public Health in Global Perspective, che dal 27 settembre fino al 28, ha accademici e studiosi provenienti da diversi Paesi convenuti in Roma per cercare di comprendere la realtà che viviamo e costruire una società in cui differenze, disparità e disuguaglianze siano superate nella logica dell’interdipendenza degli uni con gli altri, sulla base di due elementi cardine la responsabilità dell’agire e la conoscenza.
Le pandemie: dal passato ad oggi e le difese immunitarie
Con un’introduzione storica delle pandemie e come si sviluppano le reazioni del sistema immunitario al Sars-CoV-2 dando alcune prospettive l’immunologo francese dr Jules Hoffmann, direttore di ricerca del Centro nazionale di ricerca scientifica francese (CNRS) dell’Università di Strasburgo e insignito del premio Nobel per la Medicina nel 2011, ha aperto i lavori. Le epidemie del passato hanno spazzato via un terzo della popolazione ateniese nel 430 a.C., più di 25 milioni di persone trascinando una crisi economica paurosa agli inizi dell’impero bizantino attorno al 542 d.C.. In Europa la “peste nera” dal 1346 ha sterminato probabilmente più di 30 milioni di persone e le successive pandemie ancora di più. Si stima più di 50 milioni di morti a causa dell’influenza spagnola alla fine della prima guerra mondiale sia in Europa che in Usa. Anche l’Aids, più recente, ha falcidiato circa 40 milioni di persone e ancora oggi rappresenta una minaccia nel mondo. Adesso la malattia Covid-19 sta sconvolgendo l’intero pianeta; è arrivata a contagiare 200 milioni di persone e far morire più di 4 milioni, un valore sottostimato considerato che molti casi non sono stati riportati.
Se l’igiene è stata una prima arma nella lotta contro le infezioni, la vaccinazione ha risparmiato due miliardi di persone, in prevalenza bambini. «L’immunità innata percepisce la presenza di microbi (e altri pericoli) attraverso un numero limitato di recettori di strutture microbiche (modelli) e allerta gli organismi della presenza di un’infezione (o pericolo risultante dalla ferita, ad esempio). La risposta è scarna ma nell’insieme adattata al tipo di aggressore (funghi, batteri Gram-positivi o Gram batteri negativi, virus o altri)», ha affermato Hoffmann.
Hoffman spiega che «il virus Sars-CoV–2 entra nell’essere umano attraverso le vie aree e raggiunge i polmoni e causa danni non solo nel sistema respiratorio e polmonare ma dipendendo anche dai pazienti, al sistema cardiovascolare, ai reni e al sistema nervoso centrale. Il 40% delle persone infette sono asintomatiche e sono per la maggior parte non consapevoli che portano il virus, sebbene possono diffonderlo, un 40% ha sintomi lievi, di cui un quinto richiederà eventualmente un’ospedalizzazione precisamente in unità di cura intensa. Dall’1% al 2% della popolazione contagiata poi soccomberà alla malattia».
Ha fatto osservare come l’evoluzione negativa è stata osservata nelle persone anziane con comorbidità, soprattutto obesità, diabete, condizioni cardiovascolari o sottoposti a trattamenti immunosoppressivi. Sul Covid-19 la comunità biomedica ha prodotto più di 100 mila pubblicazioni o preprint. La massiccia distribuzione del virus ha favorito una vasta gamma di varianti, che, quelle identificate, differiscono primariamente nella loro contagiosità ma non nella gravità delle malattie che causano.
Ha detto chiaramente che gli effetti a lungo termine della Covid-19 non sono tuttavia ancora compresi. Ma il contributo del dr Hoffman riguarda un moscerino della frutta, Drosophila, che lo sta studiando: «è infettato da una molteplicità di virus ed ha sviluppato reazioni di difesa efficienti contro questi virus. In tutta probabilità comunque, non serve come un ospite ai coronavirus ma molti aspetti delle risposte immuni innate che evolsero più di un miliardo di anno fa, sono state conservate e sono più pertinenti in organismi più grandi».
Sarà, ha concluso Hoffmann, una migliore conoscenza del ciclo della vita del virus in vivo che porterà allo sviluppo di piccole molecole capaci di interferire in modo specifico con il ciclo della vita. Ai vaccini già disponibili si potrà somministrare pastiglie contenenti piccole molecole che potranno forse un giorno rimuovere la minaccia del Sars-CoV-2 dall’umanità, ovunque nel mondo e «in tutti i segmenti della società, incluso le persone ideologicamente opposte al vaccino».
La salute pubblica e la pandemia in America latina
Carissa Etienne, giovane medico di una piccola isola caraibica e direttore della Organizzazione della Sanità Pan Americana, evidenzia le inefficienze strutturali e sistematiche del settore sanitario con anni di attenzione e investimenti pubblici nella sanità inadeguati presenti prima dell’arrivo del virus che ha peggiorato la situazione. «I nostri servizi sanitari sono frammentati, con trattamenti limitati dal tipo di copertura assicurativa che uno può permettersi e mancanza di continuità nella cura», spiega Carissa. Le iniquità, prosegue, nell’accesso e nella qualità rimangono prevalenti per razza edentrate in tutta la Regione andando ad impattare i più vulnerabili.
Si hanno reti di cure sanitarie ospedalocentriche invece di essere centrate sulla persona e sulle comunità, sulla malattia e non sulla salute olistici e sul benessere dell’individuo; è stata data, continua Carissa, scarsa attenzione alla cura primaria che avrebbe potuto coprire il 70% delle necessità della popolazione. «Credo che dobbiamo rinforzare la salute pubblica e assicurare programmi sanitari pubblici non tagliati o frammentati», «abbiamo bisogno di livelli di finanziamenti sanitari più elevati e migliori usi di risorse», spiega Carissa.
Conclude riprendendo i valori che hanno animato la dichiarazione universale dei diritti umani nel 1948, giustizia, libertà e pace nel mondo firmata da 193 nazioni per riaffermarli nel mezzo della pandemia, «riconoscendone il carattere universale come inerente, inalienabile e applicabile a tutti gli esseri umani», nonché il diritto ad avere uno standard più elevato di salute espresso nella costituzione dell’Organizzazione mondiale della Sanità fondata anch’essa nel 1948. «I paesi in via di sviluppo, compreso quelli dell’America Latina e Caraibica devono essere prioritari mediante la solidarietà internazionale, per intensificare il sostegno dinanzi al Covid-19».
Dall’Africa: le necessità nella sfida contro la minaccia delle infezioni
Dall’Etiopia John N. Nkengasong, virologo con esperienza trentennale di salute pubblica e direttore del Centro africano per il Controllo e Prevenzione delle Malattie a Addis Abeba, ha descritto la spina che ferisce profondamente il continente africano è quella data dalle malattie infettive ogni anno di oltre 227 milioni di anni di vita in salute persi con una perdita che va oltre gli 800 miliardi. Ne muoiono ogni anno circa 10 milioni di persone. Il continente mira alla nuova agenda Onu 2063: The African WE Want, la salute pubblica.
Una lezione appresa con il Covid-19 è che, afferma Nkengasong, «l’Africa ha imparato quanto sia fragile la cooperazione internazionale quando il mondo è nel suo insieme minacciato e sotto la sfida di una comune minaccia della malattia». C’è ora necessità, spiega Nkengasong di investire nei sistemi sanitari per assicurare uno sviluppo economico al Paese, di un nuovo ordine sanitario pubblico basato su 4 pilastri istituzionali rafforzati: produzione locali di vaccini, terapeutica e diagnostica, rafforzamento del lavoro sanitario pubblico, rispettose collaborazioni internazionali e locali e rafforzamento dei Centri per la prevenzione e il controllo delle infezioni in Africa.
Più di 30 nuove infezioni sono emerse negli ultimi trent’anni. Dagli anni sessanta in cui la maggior parte degli Stati ha raggiunto l’indipendenza, molte malattie infettive sono state deleterie per l’economia. L’aumento della popolazione e dell’uso delle terre all’agricoltura ha esposto la popolazione al bestiame e alle infezioni in una natura selvaggia, poi il cambiamento climatico ha modificato l’ecosistema e la concentrazione dei vettori animali introducendo malattie in nuove realtà geografiche. Le ragioni, spiega il virologo, sono molteplici e comprendono l’adattamento microbico, l’iniquità sociale e la povertà, l’instabilità e i sistemi sanitari fragili.