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La telemedicina: luci e ombre secondo il New England journal of medicine

05 Maggio 2015

Nonostante i molti modi in cui la telemedicina potrebbe migliorare l’assistenza sanitaria, la tecnica si trova ora ad affrontare una serie di importanti sfide. È quanto afferma in un editoriale pubblicato sul New England journal of medicine Jeremy Kahn, professore associato di politica sanitaria al Department of health policy and management della University of Pittsburgh graduate school of public health. «Tradizionalmente, la telemedicina consiste in cure mediche erogate per mezzo di tecnologie audiovisive a distanza con cui i medici possono esaminare i pazienti e prescrivere terapie» esordisce il ricercatore. E i recenti progressi tecnologici, tra cui videocamere ad alta risoluzione e Internet a banda larga stabile hanno contribuito a rendere in tempo reale la telemedicina una modalità di assistenza sanitaria sempre più diffusa in campi diversi come dermatologia, neurologia e terapia intensiva. Questa velocissima espansione, tuttavia, ha profonde implicazioni per il sistema sanitario» precisa l’autore, sottolineando che la telemedicina ha l’enorme potenziale di espandere l’accesso a cure sanitarie di elevata qualità, superando anche le barriere socioeconomiche o geografiche e riducendo sostanzialmente i costi di assistenza sanitaria.

«Per esempio, nel contesto della medicina d’urgenza, la telemedicina può consentire a specialisti che si trovano in centri di riferimento regionali di trattare a distanza i pazienti acuti con condizioni complesse in ospedali rurali o decentrati, risparmiando i costi di trasporto e successive visite in pronto soccorso», spiega Kahn.

Ma nonostante i molti benefici che possono derivare dal suo impiego, la telemedicina ha ancora molti ostacoli da superare. In primo luogo, le preoccupazioni sulla sua efficacia e costo-efficacia: anche nelle zone in cui sono disponibili dati in questo senso, l’influenza delle cure a distanza varia in maniera notevole a seconda di dove e come la tecnologia viene applicata. Per esempio, dalle ricerche svolte emerge che in terapia intensiva alcuni programmi di telemedicina sono in grado di ridurre notevolmente la mortalità, mentre altri hanno poco o nessun effetto. E senza prove chiare in termini di quando e dove la telemedicina potrebbe avere maggiori benefici si rischia di sprecare le già scarse risorse sanitarie in programmi del tutto inefficaci.

In secondo luogo, il quadro normativo non è ancora al passo con la tecnologia, che cambia su base quasi giornaliera, e le norme attuali pongono molteplici ostacoli alle cure a distanza in termini di riservatezza e tutela del paziente.

Secondo l’autore dell’editoriale, infine, non sono ancora chiare le potenziali conseguenze involontarie della telemedicina, specie quelle finanziarie: anche se una sessione di cure a distanza può essere più efficace di un incontro faccia a faccia, nella misura in cui la telemedicina si diffonderà nella pratica clinica, come certamente accadrà nei prossimi anni, i costi sanitari aumenteranno. «Risolvendo alcuni problemi, la telemedicina ne creerà sicuramente altri, e la sfida per clinici e ricercatori è ridurre al minimo i danni potenziali insistendo sul fatto che l’attuazione della telemedicina si basa su dati solidi. In questo modo, si può arrivare a cure sanitarie, non solo diverse e più moderne, ma anche migliori» conclude l’editorialista.

Fonte: Doctor 33

Approfondimenti: http://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMp1500533

 

Lara RealeGiornalista ScientificaRedazione Web Arcidiocesi di Torino