Lambert. Viene ripreso il protocollo eutanasico. Tutela la libertà individuale?
03 Luglio 2019Ha parlato come madre e «dal cuore di una madre», la signora Viviane Lambert lunedì scorso 1 luglio a Ginevra al Consiglio Europeo dei Diritti dell’Uomo per chiedere di intervenire in difesa della vita del figlio Vincent dall’eutanasia come avrebbe deciso invece per la sospensione dei sostegni vitali il suo medico di cura, presso il Policlinico di Reims dove è ricoverato, e richiamare ancora una volta l’attenzione della Convenzione dei Diritti delle Persone con Disabilità dell’Onu che vieta «la privazione della nutrizione e dell’idratazione ad una persona a causa della sua disabilità. Altrimenti si tratterebbe di discriminazione». Assieme al marito hanno deciso di «voler non lasciarlo solo, di stimolarlo, stargli accanto, dargli tutto l’amore che possiamo dargli, perché Vincent non è al termine della sua vita; Vincent non è un vegetale».
Una vicenda complessa quella del 42enne francese Vincent, tetraplegico e in uno stato di minima coscienza a seguito di un trauma cranico riportato in un incidente stradale nel 2008. Dalla storia di Vincent dopo l’incidente pubblicato sul sito, realizzato da un comitato in suo sostegno, Jesoutiensvincent.com si apprende che nel 2011 viene ricoverato nell’ospedale CHU Sébastopol di Reims presso l’unità di cure palliative. Si tratta di una vicenda che si inasprisce e diventa litigiosa tra i familiari, i genitori di Vincent Viviane e Pierre da una parte in difesa della vita e la moglie Rachel dall’altra per la sospensione dei sostegni vitali e quindi all’eutanasia, e complessa sul piano giudiziario nel passare nel corso degli anni tra ricorsi e pronunciamenti non solo per il Tribunale amministrativo ma anche per il Consiglio di Stato francese e la Corte europea dei Diritti dell’Uomo. I mesi di quest’anno sono sempre più concitati. Mentre a gennaio il Tribunale amministrativo conferma la sospensione dei sostegni vitali e ad aprile il Consiglio di Stato conferma lo stesso giudizio del Tribunale e anche la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo dà torto ai genitori di Vincent, a maggio il Comitato dei diritti delle persone disabili dell’ONU fa richiesta di mantenimento di tali supporti al Governo Francese. Il 20 maggio c’è da una parte l’annuncio da parte del medico che lo ha in cura di iniziare il protocollo eutanasico e dall’altra la Corte di Appello di Parigi, accogliendo questa volta il ricorso dei genitori, che chiede allo Stato di adottare in modo temporaneo le misure provvisorie, alimentazione e idratazione, richieste dal Comitato dei Diritti delle Persone con disabilità in attesa che il Comitato esamini il caso in materia dei diritti delle persone con disabilità, secondo la Convenzione internazionale che la Francia stessa ha ratificato. Verdetto che però viene ribaltato dalla recente sentenza della Corte di Cassazione dei giorni scorsi.
Il Comitato dei Diritti delle Persone Disabili dell’Onu ha richiesto all’indomani della conferenza presso lo Stato francese con urgenza di sospendere la decisione del dr Sanchez facendo mantenere invece l’alimentazione e l’idratazione quale misura conservativa (Facebook/Jesoutiensvincent).
Il dr Beatrice Palliot nella lettera aperta rivolta al dr Sanchez pubblicata su Je soutiens Vincent, scrive: «Vincent Lambert non è in fin di vita. È solamente un uomo totalmente con disabilità. La sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione è un modo infallibile di provocare morte. Lasciar morire non è la stessa cosa di far morire. Sospendere deliberatamente l’alimentazione e l’idratazione artificiali di una persona con handicap che non è in fase terminale è far morire. Si tratta di eutanasia per omissione».
Anche il Centro Europeo per il Diritto e la Giustizia è intervenuto nella discussione a Ginevra al Consiglio dei Diritti dell’Uomo il 3 luglio a favore di Vincent e dei genitori, pubblicato sulla pagina Facebook del ECLJ : «Vincent Lambert è al momento privato di alimentazione e di idratazione per provocare la sua morte. Se nulla verrà fatto andrà a morire nei prossimi giorni» e facendo riferimento alla Convenzione dei Diritti delle Persone Disabili ratificata chiede «se Vincent Lambert sarà ucciso, allora le porte della morte saranno ampiamente aperte per tutte le persone vulnerabili e incapaci di esprimere la loro volontà».
Roberto Colombo, professore di Neurobiologia e Genetica Umana dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e membro ordinario della Pontificia Accademia per la Vita, nell’editoriale di Avvenire.it del 3 luglio spiega innanzitutto che «Vincent è in uno stato di minima coscienza (veglia non responsiva), non è in terapia intensiva o subintensiva, né in stadio terminale di malattia e neppure manifesta dolore incoercibile: è solo assistito clinicamente» e che la decisione del medico avviene proprio a seguito della sentenza della Corte di Cassazione. Poi solleva la questione riguardo alla sentenza della Corte Suprema secondo cui “la libertà personale” del malato Vincent sarebbe violata dall’interruzione dei sostegni fisiologici vitali: «In assenza di esplicite volontà espresse contestualmente o anticipatamente dal signor Lambert circa una desistenza curativa mortale, e nell’impossibilità di ricostruire un suo pensiero (anche generico) su di essa, ci si può legittimamente chiedere a quale «libertà» si riferiscono i giudici nel dichiararla inviolata dall’interruzione dei supporti vitali». Una situazione su cui riflettere anche per l’Italia, dinanzi alla quale il professor Colombo pone tale interrogativo: «Come può venire tutelata la libertà della persona dal momento che questa viene privata intenzionalmente della vita e non più protetta sul piano giuridico in ogni fase e circostanza della sua esistenza?».
Il presidente della PAV monsignor Vincenzo Paglia sulla vicenda di Vincent ribadisce il concetto sui sostegni vitali espresso nella dichiarazione congiunta del Dicastero per la Laicità, Famiglia, Vita e la Pontificia Accademia per la Vita tempo fa, il 21 maggio scorso: «Nutrizione e idratazione costituiscono una forma essenziale di cura, sempre proporzionata al sostegno vitale: nutrire una persona malata non costituisce mai una forma di ostinazione terapeutica irragionevole, fino a quando la persona è in grado di ricevere nutrizione e idratazione, ammesso che questo non causi sofferenza intollerabile o dia un danno al paziente. La sospensione di tale cura rappresenta piuttosto una forma di abbandono del paziente, basato su un giudizio senza pietà della qualità di vita, espressione di una cultura dello scarto che seleziona il più fragile e senza aiuto, senza riconoscere la sua unicità e immenso valore. La continuità dell’assistenza è un dovere irrinunciabile» (trad. dall’inglese da www.academyforlife.va).