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Le conseguenze della pandemia per le persone e il sistema sanitario oncologico. Sfide in Italia e in Europa

04 Febbraio 2022

Due anni di pandemia e la variante Omicron mettono in crisi il sistema sanitario, troppe visite e interventi chirurgici rimandati. Nella giornata mondiale dedicata all’oncologia l’Associazione italiana di oncologia medica, che ogni anno dà un resoconto dello stato dell’arte nel nostro Paese, guarda alle tante difficoltà insorte per le quali trovare una soluzione, a come affrontare l’enorme afflusso, previsto già nei prossimi mesi, di persone in fase avanzata che non hanno potuto essere curati come si sarebbe dovuto, che hanno subito ritardi e sospensioni dalla diagnostica alla chirurgia e alle terapie mediche e radioterapiche.

Le neoplasie non rilevate nel 2020 vengono ora alla luce, ma in stadi più avanzati e con prognosi peggiori, fa notare il presidente dell’Aiom Saverio Cinieri che aggiunge che si è arrivati ad avere quadri clinici che non si vedevano da tempo.

Il rischio è che vengano vanificati i risultati conseguiti nell’assistenza oncologica nel nostro Paese. La sopravvivenza a cinque anni è arrivata al 65% nelle donne e al 59% per gli uomini. C’è necessità di una programmazione a medio e lungo termine, di un “piano di recupero” strutturale e del personale, chiede Saverio Cinieri.

Non si può andare avanti con «le iniziative estemporanee, come è avvenuto finora, basate sull’apertura e chiusura dei reparti in relazione all’incremento dei numero dei contagiati dal Covid-19», spiega Cinieri, perché le persone ammalate di cancro hanno bisogno di cure in tempi brevi, fattore determinante nell’esito. C’è carenza di personale e di spazi e aggiunge l’importanza dei trattamenti in Day Hospital che cercano di dare ai pazienti una vita il più normale possibile e dell’assistenza domiciliare oncologica.

Quest’ultima è rappresentata “solo”, come lamenta Cinieri, dal 68% dei centri oncologici, che sono 371, ancora non sufficiente, e del resto non ci può essere la sola attività ospedaliera.

Come ha inciso la pandemia nei pazienti oncologici?

L’Aiom mostra che ogni anno vi sono diagnosi di 377mila nuovi casi di tumore.

Il 2020 riporta una diminuzione dell’11% rispetto al 2019 di diagnosi di neoplasia, del 13% per i nuovi trattamenti farmacologici e del 18% per gli interventi chirurgici; sul fronte degli screening per il tumore della mammella, della cervice uterina e del colon retto la riduzione è costata due milioni e mezzo di esami in meno in confronto con l’anno precedente; le diagnosi “mancate” sono 3300 per tumore del seno, 1300 circa per il colonretto e 2782 lesioni precancerose della cervice uterina.

Come affrontare le criticità dell’assistenza oncologica?

L’Aiom descrive alcuni punti su cui lavorare per migliorare la gestione dei malati sin dall’individuazione precoce.

Il segretario nazionale dell’Aiom Massimo Di Maio sottolinea l’importanza dell’assistenza domiciliare oltre che ospedaliera, di una buona comunicazione tra centri oncologici e medicina di famiglia per individuare per tempo la malattia, contrariamente a quanto accade con una scarsa comunicazione, che la pandemia ha acuito ― come fa osservare ―, che determina ritardi nell’accesso agli esami e agli specialisti durante la fase diagnostica.

Poi non appena inizia il trattamento anche il medico di base per la sua funzione sul territorio di gestione della persona malata va, come spiega Di Maio, riferito nello specifico il trattamento effettuato con i suoi possibili risvolti tossici e l’evoluzione del quadro clinico di chi è in cura. Suggerisce al riguardo una formazione professionale sulla gestione del paziente oncologico e investire in medici territoriali specializzati in oncologia per avere un miglioramento sulle competenze oncologiche nella comunità.

Infine Di Maio richiama lo spinoso problema della precarietà dei ricercatori sollecitando ad investire in ricerca clinica, di laboratorio ed epidemiologica, dalle quali dipendono la scoperta o la validità scientifica di nuove terapie farmacologiche.

E per ultimo pone una prospettiva più ampia volta alla prevenzione non solo personale con stili di vita adeguati, eliminando il fumo, ma anche di salute pubblica correlata alla salvaguardia dell’ambiente, ad esempio riducendo emissioni di gas serra e adottando misure per diminuire il riscaldamento globale.

La situazione in Europa

Gli effetti disastrosi della pandemia si sono riversati nei diversi paesi dell’Europa: il direttore Henri Kluge dell’Oms per l’Europa, ha mostrato come nelle prime fasi della pandemia in Belgio la diagnosi di tumori invasivi è calata mentre in Italia lo screening colonrettale ha avuto una riduzione del 46% tra i 2019 e il 2020 e in Spagna è sceso del 34% il numero dei tumori diagnosticati nel 2020. Ha portato negli ultimi quattro mesi del 2021 ad un’interruzione nella cura oncologica – screening e trattamento, dal 5 al 50% dai paesi che hanno dato la comunicazione.

La Giornata internazionale fa ricordare, prosegue Kluge, che per il 30-40% dei tumori in Europa e in Asia Centrale si può fare prevenzione e annuncia la pubblicazione della nuova guida dell’Organizzazione mondiale della Sanità sullo screening per il cancro, che riassume evidenze ed etica e contiene preconcetti come quello che è necessario avere la tecnologia per poter fare gli screening.

Le nuove linee guida di oncologia dell’Oms Europa

Il lancio è del 2 febbraio, indirizzata ai politici affinché possano trarvi vantaggi per i programmi di screening esistenti e proseguire con il nuovo programma. Un messaggio importante è quando fare lo screening per il cancro perché non sempre dà benefici ed essere dannoso, afferma Marilys Corbex Senior Technical Officer dell’Oms Europa. Per questo motivo vanno compresi dai politici, dai professionisti sanitari e dal pubblico i pro e i contro degli screening per diversi tipi di cancro e gli investimenti necessari.

SCREENING ED ETICA. Ci sono principi che consentono di comprendere se lo screening è adatto per qualunque tipo di cancro. «Lo screening per il cancro non è un semplice test ma parte di un cammino di screening e dunque prima di lanciare un programma in tal senso,  i politici dovrebbero assicurarsi che tutte le tappe possono essere fornite in modo veloce e gratuito», spiega Corbex. In caso contrario, come nei paesi dove i tumori sono comunemente diagnosticati ad una fase avanzata, suggerisce di «focalizzare sulle risorse nel creare un programma diagnostico robusto precoce piuttosto che mettere su un programma di screening».

Un’altra questione riguarda la promozione dello screening che l’Oms considera non etica se gli individui che si sottopongono non hanno accesso poi ad un trattamento efficace.

DIFFERENTI TIPI DI SCREENING PER IL CANCRO. L’Oms fa una classificazione di tre tipi di cancro in tre categorie: quelli per i quali c’è una forte evidenza di avere programmi di screening organizzati e di alta qualità; quelli per i quali c’è una ricerca in corso per stabilire se i programmi per specifici tipi sono efficaci; i tipi di cancro per i quali lo screening non è considerato in quanto non sono attesi benefici che superano i danni.
Attualmente l’Oms raccomanda programmi di screening per tre tipi di cancro, al seno, cervicale e colonretto.

E avverte che troppe diagnosi e trattamenti può causare danni alla salute attraverso rischi associati a interventi e radioterapie non necessarie e che prosciugano le risorse pubbliche.

redazione Bioetica News Torino