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Le radici cristiane dell’ecologia Riflessioni dall'enciclica di "Laudato si'"

Intervista a Roberto Bertinetti

Infermiere, ha svolto attività di Coordinatore infermieristico. Si è diplomato al Master Universitario in Bioetica presso la Facoltà Teologica di Torino

Il caldo estivo con la temperatura di questi giorni che è arrivata a oltre i 30 gradi e la minore circolazione del Covid-19 determinano una forte spinta a far lasciare “cadere” in anticipo la misura restrittiva dell’obbligo della mascherina a scuola. Anche perché nelle aule i banchi sono distanziati mentre il rischio è agli ingressi e fuori la libera circolazione si sta riprendendo i suoi spazi. E mentre dall’altra parte (il ministro  della Salute Speranza) c’è prudenza e timore di contagiare gli studenti più fragili, si rimane in attesa.  

Dall’inizio della pandemia abbiamo usato almeno 46 miliardi di mascherine, una stima della società italiana di medicina ambientale (Sima) che agli inizi di questo mese ha mostrato come la loro dispersione nell’ambiente, abbandonati in terra o  nei  cestini di strada o in acqua,  dunque non gestiti  correttamente nell’indifferenziata per l’incenerimento, abbia «un impatto abnorme su ambiente, economia e società. Preoccupa inoltre la presenza di frazioni sub-micrometriche, potenzialmente capaci di attraversare le barriere biologiche». Le microplastiche della mascherina ce le ritroviamo nella catena alimentare, uno  dei tanti fattori responsabili del maltrattamento della  natura e della salute dell’umanità.

La pandemia è stata un’emergenza mondiale, che ha coinvolto tutti, non solo come Istituzioni, ma anche e soprattutto come individui. I valori antichi hanno riconfermato la loro attualità e possono costituire un solido punto di partenza su cui costruire il futuro. Ne parliamo con l’infermiere Roberto Bertinetti, diplomato al Master Universitario in Bioetica presso la Facoltà Teologica di Torino.

INTERVISTA

D. L’immagine simbolica dell’umanità, smarrita, che si stringe su una barca pur di  salvarsi  al largo di un infinito orizzonte,  divenuta presto popolare, è a questo  agire etico, dominato dall’amore degli uni per gli altri  a cui Papa Francesco ci richiama in Fratelli tutti e che poggia sulla  ricerca di un senso, di traiettorie socio-economiche interdipendenti  che lo stesso Papa ha tracciato alcuni anni prima nell’enciclica Laudato si’ per la ricostruzione di un nuovo umanesimo in  un mondo globalizzato quale casa comune  in cui si operi  “un’ecologia umana  integrale” non  discriminante  ma inclusiva delle realtà umane oggi scartate.  Qual è il suo parere a riguardo?

R. L’opera ci ha posto dinanzi al dovere di una responsabilità umana nei confronti dell’ambiente alla cui salute siamo legati per la nostra stessa sopravvivenza sulla terra e ad una profonda riflessione, in quanto operatori sanitari,  sul contributo che possiamo dare in diversi ambiti della sanità   nell’ampia portata progettuale che l’enciclica ci offre. Ci invita affidandoci all’amore di Dio, uno e trino, a  riscoprire,  come ci invita la preghiera cristiana alla fine del libro: «il nostro posto in questo mondo come strumenti del tuo affetto per tutti gli esseri di questa terra, perché nemmeno uno di essi è dimenticato da te».

Il Creato è la nostra casa comune, ce lo dice proprio il termine etimologico “ecologia” che allude allo studio (scienza) della casa (comune), termine che deriva dalla radice greca oikos, casa, in comune con le parole economia ed ecumenismo.  L’economia è temporale, e ogni cosa all’interno della creazione è transitoria, ma è finalizzata a consentire all’essere umano, che è anch’esso temporale e quindi capace di crescita e di moltiplicazione (Genesi 1,28) di crescere e diventare immortale.  

E papa Francesco inizia con il Cantico delle creature con cui il Santo di Assisi loda il Signore per averci dato la nostra madre terra che come una madre ci accoglie tra le sue braccia, terra che siamo tenuti a proteggere, difendere, perché ne siamo i custodi, come spiega la  Genesi.  Ci si può addentrare nel significato del Creato ammirandone la bellezza e il dovuto rispetto per la cura meditando i passi della Sacra Scrittura e della letteratura cristiana dei Padri della Chiesa sia d’Oriente che d’Occidente.

D. Ad esempio?

R. Il senso vivace che i Padri hanno della mano di Dio costantemente all’opera in tutta la creazione alimenta il loro senso dell’universo come grande sorpresa, come un miracolo continuo.  Tra le omelie di San Basilio Magno, padre della Chiesa d’Oriente, profondo conoscitore della biologia e della zoologia del suo tempo, si rivela un acuto osservatore delle meraviglie della natura.

Quella dedicata allo Spirito Santo nella Genesi (E lo Spirito di Dio si muoveva sulle acque…) afferma che se con questo Spirito si intende l’effusione dell’aria è necessario ammettere che sono elencati gli elementi del cosmo, cioè che Dio creò il cielo e la terra, l’acqua, l’aria e quest’ultima si diffondeva penetrando nelle vastità. Basilio spiega che i santi Padri hanno paragonato questo spirito alla potenza dello Spirito Santo in quanto si è osservato che la Scrittura lo designa specialmente e preferibilmente con questo appellativo e che niente altro viene denominato Spirito di Dio se non lo Spirito Santo, essenziale completamento della Divina e Beata Trinità.

Da uno stralcio del vescovo e teologo  Gregorio di Nazianzo, uno dei padri cappadoci,  troviamo il nostro compito verso la creazione: «un mondo grande in un essere piccolo, che Dio pose sulla terra come un secondo angelo, un adoratore formato di natura mista, sorvegliante del creato e visibile e iniziato della creazione intelligibile…».

D. Con quale riflessione desideriamo congedarci dai lettori?  

R. Di  mantenere viva l’attenzione ecumenica di ascolto comune  del “grido della terra e dei poveri” nella Laudato si’  mediante  il dialogo  fra i popoli nel processo di transizione ecologica e rinnovamento a cui ci siamo incamminati. La giornata nazionale dedicata alla custodia e alla preghiera per il Creato, che celebriamo  ogni anno il 1 settembre,  era in progetto vent’anni fa nella  Charta Ecumenica della Conferenza delle Chiese europee e del Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa, poi istituita dal 2006 in Italia, ma si deve alla  Chiesa Ortodossa che la propose nel 1991 per quel giorno che per loro segna l’inizio dell’anno liturgico.

Concluderei con uno stralcio dal discorso del patriarca “verde”  Bartolomeo I, al VI simposio ecumenico nel 2006 in Amazzonia: «Non dovremmo tenere gli occhi bendati per interessi personali….Se siamo colpevoli di inesorabili sprechi è perché abbiamo perso lo spirito della liturgia e del culto» che ci porta alle necessità del mondo globale  che  «esige che abbandoniamo l’avidità e il controllo e iniziamo gradualmente a valutare le cose per il posto che occupano nella creazione non solo per il loro valore economico, ristabilendo così l’originale bellezza del mondo, vedendo tutte le cose in Dio e Dio in tutte le cose».

Un testo del sociologo Mauro Magatti, in chiave ottimistica, ci ricorda che “Nella fine è l’inizio”, ovvero soltanto traendo un pensiero positivo e propositivo possiamo voltare pagina, ma nella consapevolezza che dobbiamo elaborare un nuovo atteggiamento che superi l’individualismo e si apra agli altri ed al bene comune.

(aggiornamento 30 maggio 2022 ore 9.16)

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