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Le sostanze chimiche possono incidere sulla salute dei bambini sin dal grembo materno?

09 Luglio 2022

Ogni giorno veniamo a contatto attraverso alimenti e prodotti di consumo che contengono sostanze chimiche che possono essere tossiche per la nostra salute. Un esempio comune sono i pesticidi contenuti in un alimento: sono fattori importanti per valutarne l’impatto il tipo impiegato e il livello residuo da un lato e dall’altro l’accumulo in più alimenti dello stesso e di altre molteplici sostanze nocive che ingeriamo o maneggiamo.

Allo studio delle agenzie europee di sicurezza alimentare Efsa e delle sostanze chimiche Echa su richiesta della Commissione Europea e di ricerche universitarie vi sono le valutazioni di rischio per comprendere come e con quale incidenza determinate sostanze interferiscono con il sistema endocrino in base alle quali potranno essere sostituite con altre meno pericolose o sostenibili oppure rimarranno ad essere concesse con specifici criteri se ritenute essenziali per la società.

Ricercatori dell’Icahn School of Medicine al Mount Sinai di New York hanno condotto uno studio internazionale per stabilire se c’è una correlazione tra l’esposizione prenatale a multiple sostanze chimiche endocrinointerferenti e il rischio di una crescita del danno al fegato nei bambini in età scolare e la steatosi epatica non alcolica pediatrica (Nafld). Una patologia del fegato, quest’ultima, caratterizzata da un accumulo di trigliceridi nelle cellule epatiche, che colpisce in forma più grave rispetto alla steatosi epatica che presenta un accumulo semplice di grasso, un’infiammazione cronica che può degenerare nella fibrosi e nell’epatocarcinoma.

Gli Autori dello studio, intitolato Association of Prenatal Exposure to Endocrine-Disrupting Chemicals With Liver Injury in Children, fanno osservare come «diversi studi sperimentali hanno mostrato che le esposizioni alle sostanze chimiche endocrinointerferenti possono alterare l’equilibrio dell’ingresso e dell’uscita dei lipidi nel fegato e promuovere una disfunzione ormonale e mitocondriale, un’infiammazione epatica e steatosi, danno al fegato, e steatosi epatica non alcolica. Tuttavia, gli effetti potenziali delle sostanze chimiche interferenti con il sistema endocrino esposte nei casi di steatosi epatica non alcolica al momento sono poco studiate nell’essere umano».


Vishal Midya del Dipartimento di Medicina Ambientale e di Salute Pubblica al Mount Sinai, primo coautore della ricerca citata pubblicata in Jama il 6 luglio 2022, et al. hanno effettuato uno studio prospettico di coorte raccogliendo dati dal 1 aprile 2003 al 26 febbraio 2016 su coppie madre-figlio dal progetto Human Early Life Exposome, rete di sei studi prospettici di coorte di nascite provenienti da sei paesi europei Francia, Grecia, Lituania, Norvegia, Spagna e Gran Bretagna, la cui analisi è iniziata il 1 aprile del 2021 e si è conclusa il 31 gennaio 2022.

Hanno partecipato 1.108 madri di età media 31 anni e i loro bambini singoli di età media 8 alla valutazione dello stato del fegato. Dei 1.108 bambini 253 (23%) sono stati classificati ad alto rischio per danno al fegato, la prevalenza più alta proveniva dalla Grecia (80 su 253 pari al 32%) e quella più bassa dalla Lituania (11 su 253 pari al 4%). Le bambine erano 510 e i bambini 598.

Dall’analisi emerge che i bambini a rischio di danno epatico erano quelli in sovrappeso o obesi, in 87 su 253, pari al 34%, a differenza degli altri 144 su 855 pari al 17% e membri di gruppi di minoranza etnica e razziale (40 su 253, pari al 16%) contro i 37 su 855, e le loro madri avevano uno status di istruzione inferiore (40 su 253) degli 84 su 855 (Si veda tabella 1 dello studio pubblicato).

I ricercatori hanno dimostrato «l’evidenza scientifica dell’esposizione prenatale ai pesticidi organoclorurati, ai PBDE (eteri difenilici polibrominati) – presenti in plastiche, tessuti, componenti elettrici ndr – Pfass (sostanze alchiliche e polifluorurate) – acidi nel trattamento di tessuti, rivestimento di padelle antiaderenti ndr- e ai metalli pesanti – piombo, mercurio, arsenico ndr – ad un aumento di danno epatico nei bambini e l’esposizione a Pbde (polibromodifenileteri) – microinquinanti organici come i ritardanti di fiamma ndr – e Pcb (bifenili policlorurati) erano associate ad un aumento del livello di Citokeratina 18», nuovo marcatore per la patologia pediatrica. Per gli studiosi un’ulteriore indagine contribuirebbe a comprendere come le esposizioni chimiche possono interagire con i fattori genetici e di stile di vita nella patogenesi della malattia del fegato.

Le esposizioni hanno riguardato 3 pesticidi organoclorurati, 5 bifenili policlorurati, 2 eteri difenilici polibrominati, 3 fenoli, 4 parabeni, 10 ftalati, 4 pesticidi organofosfati, 5 sostanze perfluoroalchiliche, 9 metalli.

Hanno misurato – si legge nella nota di ateneo – 45 sostanze chimiche, incluso iPfas, i pesticidi organoclorurati o organofosforati, plasticizzanti, PBDE e parabeni (batteri e fungicidi) in 1.108 donne in gravidanza dal 2003 al 2010. Quando i bambini hanno raggiunto l’età dai 6 agli 11 anni gli scienziati hanno misurato i livelli di enzimi e citokeratina -18 che individuano il rischio di malattia epatica nel sangue dei bambini, scoprendo elevati livelli di quei biomarcatori nei bambini che furono più esposti alle sostanze chimiche ambientali durante la gravidanza.

«Comprendendo i fattori ambientali che accelerano la patologia di steatosi epatica non alcolica possiamo ridurre il rischio della popolazione offrendo loro informazioni per poter dare scelte che riducono il rischio o l’impatto della malattia», spiega Robert Wright, direttore del dipartimento di Medicina Ambientale e Salute Pubblica e co-direttore dell’Istituto per la Ricerca Esposomica all’Icahn Mount Sinai. Prosegue mostrando come l’esposomica aiuti a comprendere come le esposizioni ambientali influiscono sulla salute, sulla malattia e sullo sviluppo e a trasporre quella conoscenza in strategie nuove di prevenzione e trattamento; si adotta un approccio olistico che comprende gli ambienti chimici, della dieta e sociali e la loro interrelazione: «i pezzi mancanti del puzzle per comprendere le differenti malattie consiste per noi nel misurare le cause ambientali e la esposomica è uno strumento per accelerare la nostra conoscenza di come l’ambiente influenza la nostra salute».

Invece sul fronte della prevenzione da patologie più gravi di fegato grasso studiato dall’Ospedale del Bambino Gesù in collaborazione con l’Università degli Studi di Torino nel 2017 venivano presentati i risultati della loro ricerca coordinata da Valerio Nobili responsabile di Malattie epatometaboliche presso il medesimo Ospedale, pubblicata sulla rivista AJ of Gastr. in cui emergeva bambini e adolescenti affetti da steatosi epatica che erano nati piccoli per età gestazionale tendevano a sviluppare negli anni forme più gravi di fegato grasso rispetto ad altri piccoli pazienti nati con un peso adeguato all’età gestazionale.

Nella valutazione di 208 bambini e adolescenti affetti da steatosi epatica veniva evidenziato nei bambini nati piccoli per età gestazionale un incremento di 4 volte maggiore il rischio di sviluppare steatosi grave, forma che si aggrava se si considerano altri fattori come l’insulina resistenza o la presenza di mutazione genetiche predisponenti alla malattia. Infatti il 12% dei bambini nati piccoli per età gestazionale, circa il 12% della popolazione, si è evidenziata una più alta prevalenza di infiammazione del fegato e soprattutto di steatosi severa (69%) rispetto agli altri pazienti.

Che cosa è la steatosi epatica pediatrica?

Si ha un accumulo di grasso nelle cellule del fegato oltre il 5%. Mentre il 3-12 % dei bambini di peso normale ne sono affetti se obesi o in sovrappeso la percentuale tende a salire fino al 70%.

Le cause, come spiega la rubrica del Bambino Gesù, sono legate a un eccessivo apporto calorico associato a scarsa attività fisica che favorisce l’obesità. Può esservi anche la familiarità per obesità, le malattie metaboliche come ipertensione arteriosa, dislipidemie e la genetica Nel 40% può evolversi verso la steatoepatite non alcolica. La cura consiste nello stile di vita che la persona assume, sana, povera di grassi e zuccheri e fibre vegetali, ginnastica. (aggiornamento 09 luglio 2022 ore 18.19)

redazione Bioetica News Torino