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Linee guida dal Ministero della Salute sulle misure di prevenzione nei casi sospetti di Lyssavirus negli animali domestici e selvatici Dalla scoperta di una specie di Lyssavirus (West Caucasian Bat Lyssavirus) presente in un pipistrello del Caucaso in un gatto domestico in Italia

03 Luglio 2020

Alcuni giorni fa, il 28 giugno, si è costituito un nuovo gruppo di lavoro tecnico scientifico sulla gestione e controllo dei “Lyssavirus” presso il Ministero della Salute. Si è reso necessario a seguito della conferma di positività ad un’infezione virale  da West Caucasian Bat Lyssavirus (WCBL) individuato dal  Centro di referenza nazionale per la rabbia (CRN) dell’Istituto Zooprofilattico sperimentale delle Venezie in un cervello di un gatto domestico. Tale virus WCBV è stato individuato per la prima volta  nel 2002 in un pipistrello della specie miniottero delle montagne del Caucaso Nord Occidentale (Miniopterus Schreibersii) e questo caso rappresenterebbe  il primo passaggio, nel mondo,  da una specie ad un altro mammifero oltre che  fino ad ora la segnalazione dello specifico virus nel  pipistrello  del Caucaso Miniopterus  Schreibersii   è stata l’unica e «non è di per sé sufficiente a stabilire con esattezza il serbatoio», cioè la presenza del virus nella popolazione dei pipistrelli. Non si hanno conoscenze approfondite su questo tipo di  virus e per questo motivo il  gruppo di lavoro, appena formatosi, ha ritenuto anche in via precauzionale, di fornire alcune linee guida, West Caucasian Lyssavirus isolato in un gatto. Indicazioni precauzionali, in un documento pubblicato il 3 luglio, per operatori sanitari (FNOMCEO, FNOPI), istituti zooprofilattici sperimentali, Centri di recupero di animali selvatici CRAS), assessorati regionali e delle Province autonome alla Sanità, sindacato di veterinari di medicina pubblica (SIVEMP), evidenziando il «possibile rischio per coloro che a qualsiasi titolo possono entrare in contatto con i chirotteri, almeno fino a quando non sarà chiaro il ruolo epidemiologico dai pipistrelli».  Collaborano allo studio le Direzioni generali della Sanità animale e dei Farmaci veterinari e della Prevenzione sanitaria, l’istituto Superiore di Sanità, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) – Ministero Ambiente, la Regione Toscana e le Autorità sanitarie locali, gli Istituto zooprofilattici sperimentali del Lazio e della Toscana e il Centro di Referenza nazionale per la rabbia dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie.

Il caso

L’Istituto zooprofilattico di Lazio e Toscana invia il 26 giugno scorso un campione del cervello di un  gatto domestico appartenente ad una famiglia del  comune di Arezzo  al Centro di referenza nazionale per la Rabbia (CRN) – Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie per avere una conferma diagnostica della positività alla rabbia riscontrata dalle analisi di laboratorio.  Il sospetto era sorto dal fatto che il gatto morto aveva in precedenza morsicato un membro della famiglia ed era stato indicato  come “gatto morsicatore con sintomatologia nervosa”.

Il giorno successivo il CRN non solo dà conferma della rabbia ma anche vi scopre il virus responsabile dell’infezione che si presenta simile al 98,52% a quello che è stato identificato nel 2002 nel pipistrello miniottero delle montagne del Caucaso Nord Occidentale.  Il 28 giugno il sindaco di Arezzo emette due ordinanze per contenere l’infezione “rabida”. La prima riguarda il sequestro degli altri animali della famiglia in via precauzionale e la seconda riguarda i proprietari dei cani che fino al 27 agosto non possono farli circolare se non muniti di guinzaglio e museruola e l’accalappiamento dei cani ritrovati vaganti; questi ultimi saranno  posti sotto osservazione per un periodo di 6 mesi con la possibilità di riduzione a 2 se vengono sottoposti a vaccinazione antirabbica postcontagio. Il sindaco Ghinelli invita inoltre ai proprietari di cani di dare segnalazione in caso di fuga dei propri cani o al manifestarsi di un qualunque sintomo che possa dar sospetto della malattia come cambiamento di indole, tendenza a mordere, manifestazioni di paralisi, impossibilità di glutizione.

Vaccinati e sottoposti alla profilassi con immunoglobine specifiche la famiglia e il veterinario,  che hanno avuto contatto con il gatto, continuano ad essere seguiti dal servizio di Igiene pubblica della USl TSE  di Arezzo.

La Regione Toscana specifica in una informativa,  sempre  il  28 giugno,  del rinvenimento del virus West Caucasian Bat Lyssavirus  nel felino domestico citato. Il virus isolato appartiene al ceppo dei virus Lyssavirus tipici dei pipistrelli, è diverso dal virus della rabbia classica.  Le notizie su tale virus WCBV risalgono dopo questa del gatto a quando è stato rinvenuto e  identificato una volta nel mondo, nel 2002, in un pipistrello del Caucaso;  non ne è «mai stata confermata la capacità di infettare animali domestici o l’uomo» e attualmente non ci sono evidenze di trasmissione da animale a uomo».  Si precisa che la rabbia classica viene trasmessa di solito dai carnivori domestici e selvatici e gli ultimi casi di rabbia in Italia hanno riguardato la volpe rossa dal 2008 al 2012 e dal 2013 l’Italia non ha avuto più casi: è ufficialmente indenne.
Informa anche del monitoraggio da parte del  Ministero della Salute:  «gli approfondimenti epidemiologici che richiedono la tipicità e la novità del caso, hanno determinato la costituzione presso il Ministro della salute, di concerto con la Regione Toscana, di un gruppo tecnico scientifico che si è già riunito oggi, con la partecipazione di esperti e Istituzioni locali e nazionali».  Vi riporta le parole dell’Assessore alla Salute: «Questa è la dimostrazione che il nostro sistema funziona bene, perché abbiamo individuato il caso immediatamente e messo subito in atto tutte le misure necessarie».

La Circolare ministeriale raccomanda la segnalazione presso  il servizio veterinario della ASL del territorio competente quando si è in presenza di  casi sospetti suddivisi per tipologie – nei  mammiferi domestici,  selvatici escluso i chirotteri (ossia i pipistrelli) e nei chirotteri.  Per precauzione dà alcune avvertenze  e indicazioni per i veterinari, i Centri di Recupero della Fauna Selvatica (CRAS),  il personale che si occupa dei chirotteri in Italia, gli Istituti zooprofilattici sperimentali (II.ZZ.SS.) e sulla vaccinazione anti-rabbica umana (Circolare del Ministero della Salute West Caucasian Lyssavirus).

Cosa fare quando vengono rinvenuti  chirotteri (pipistrelli) che rientrano tra i casi sospetti indicati dal Ministero della Salute?

Segnalarlo al Servizio veterinario della ASL del territorio competente. Adottare le misure di protezione individuale se ci si trova dinanzi ad un animale domestico, selvatico o con chirotteri in presenza di una situazione clinica simile a quella definita caso sospetto e tenere sotto controllo cani e gatti in caso di permanenza all’esterno delle abitazioni per ridurre la probabilità di un’eventuale esposizione al contagio. Sono stati descritti tre tipi di casi sospetti:

1. Caso sospetto per tutte le specie di mammiferi domestici

Ogni mammifero domestico che presenta i sintomi da vivo o li abbia manifestati prima di morire: aggressività insolita/alterazioni del comportamento, alterazione della fonesi, aumento della salivazione, difficoltà respiratoria e della deglutizione, tremori generalizzati, incoordinazione motoria inclusa paralisi flaccida.

2. Caso sospetto per tutte le specie di mammiferi selvatici con esclusione dei chirotteri
Ogni mammifero selvatico che presenta  tali sintomi in vita o li ha manifestati prima di morire: aggressività/alterazioni del comportamento, incoordinazione, paralisi flaccida, riduzione della distanza di fuga, facilmente catturabile.

3. Caso sospetto nei Chirotteri

Ogni individuo morto, morente o con comportamento anomalo che non si allontana in presenza dell’uomo

Indicazioni per i veterinari liberi professionisti

Tenere un ruolo di interlocutore con il cittadino per evitare di disseminare il panico ingiustificato. Dall’esperienza maturata da casi simili in altri paesi, si ritiene che lo spillover  (propagazione) dei Lyssavirus diversi dal virus della rabbia classica sia limitata  generalmente ad un solo caso a cui non fa seguito una trasmissione epidemica nella specie domestica. Non essendo concluse le indagini si raccomanda in via precauzionale  di tenere sotto controllo cani e gatti in caso di permanenza all’esterno delle abitazioni.

Raccogliere un’anamnesi accurata, accertandosi anche se l’animale abbia graffiato o morsicato persone o animali nelle due settimane precedenti ed eventualmente valutare la soppressione dei soggetti per i quali non vi è recupero entro i 3 giorni.  Nei casi sospetti segnalare all’Asl del servizio veterinario competente e seguire le indicazioni date, isolando l’animale.  Proteggersi da graffi o morsicature con i dispositivi DPI anche in sedazione, l’utilizzo di doppio guanto in lattice e visiera o occhiali a protezione delle mucose congiuntivali  dai fluidi organici.

Se arriva morto l’animale sospetto va richiesto l’intervento del servizio sanitario dell’Asl competente per l’invio della carcassa in bio-sicurezza secondo le procedure richieste all’istituto Zooprofilattico sperimentale competente sul territorio.

Se tratta anche la fauna selvatica prenderà in prima persona le decisioni riguardo ricovero, manipolazione e trattamento dei chirotteri.

Indicazioni per i CRAS (Centri di Recupero della Fauna Selvatica)

Usare ogni precauzione possibile da parte del personale e del volontario  nella manipolazione dei mammiferi selvatici presenti da aprile, in particolare chirotteri e carnivori. Non essendo definita la specie del virus associata ad una determinata popolazione selvatica e quindi non potendo escludere il possibile coinvolgimento secondario di altre specie spetta al responsabile  sanitario ogni decisione.
Si raccomanda la visita quotidiana del veterinario responsabile del servizio sanitario della struttura per poter segnalare con tempestività l’eventuale presenza di casi sospetti, l’uso dei DPI e ogni tipo di precauzione. In Europa vi sono al momento in circolazione almeno 6 specie di Lyssavirus nei chirotteri.
In caso di segnalazione di mammiferi  feriti si raccomanda di richiedere l’intervento del servizio veterinario della ASL o Forze di Polizia evitando la raccolta e il primo soccorso diretto del soggetto per evitare di esporsi al rischio di contagio.

Indicazioni per il personale che si occupa di chirotteri su tutto il territorio nazionale

Usare la massima attenzione mentre sono in corso gli approfondimenti necessari per identificare la specie serbatoio.
Sospendere ogni attività di contatto ravvicinato con i chirotteri e segnalare al servizio sanitario veterinario dell’Asl competente i casi sospetti di mortalità e sintomi insoliti.
La carcassa rinvenuta deve essere inviata tramite l’Asl al centro competente sul territorio dell’IZS.

Indicazioni per gli Istituti zooprofilattici sperimentali

Adottare ogni tipo di misure di prevenzione per evitare l’esposizione al virus. Le procedure di laboratorio sono date dal CRN per la Rabbia – Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie.

Vaccinazione anti-rabbica umana

Il piano vaccinale di prevenzione PNPV 2017-2019 raccomanda  la profilassi pre-esposizione al personale a rischio esposizione al virus della rabbia da quello di laboratorio a i veterinari ai biologi agli operatori di stabulari e di canili e chi è a contatto con animali potenzialmente infetti.

Dall’OMS vi è un aggiornamento sui vaccini antirabbici riguardo al trattamento post-esposizione (Weekly Epidemiology Record, 20 april 2018, v. 93, 16).  Non è nota l’efficacia dei vaccini disponibili e delle immunoglobuline nei confronti del virus WCLV. Ogni ferita va lavata con acqua e sapone detergente e/o agente virulicida.

 

Redazione Bioetica News Torino