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Lo stato di diritto: materia di contrasto per la Polonia nell’UE, motivo di riflessione per l'”idea” di Europa

22 Ottobre 2021

Tanti i temi di discussione tra ieri e oggi, 22 ottobre, per i capi di Stato e governo al Consiglio europeo di Bruxelles: misure da intraprendere per far fronte alle ripercussioni dell’aumento dei prezzi di energia, la situazione epidemiologica della Covid-19, pianificazione di strategie e l’accesso solidale dei vaccini per tutti, politica commerciale, migrazione e conversione digitale.

Nell’agenda di ieri vi è stato anche il diritto comunitario reso urgente dalla vicenda dello scontro con la Polonia, che si trascina da alcuni anni, tra il riconoscimento del primato del diritto comunitario sulla legislazione nazionale in caso di conflitto di leggi da un lato e dall’altra l’incompatibilità per la costituzione polacca delle disposizioni del Trattato dell’UE in materie ritenute non attribuite in via esclusiva all’Unione.

«Sosteniamo con fermezza i principi dello Stato di diritto e disponiamo di strumenti giuridici e istituzionali che è opportuno utilizzare, ma dobbiamo anche impegnarci a favore del dialogo», ha affermato ieri il presidente del Consiglio europeo Charles Michel poco prima che cominciasse la riunione.

Una questione delicata su cui si cerca un dialogo tra i diversi paesi. Non è all’uscita dall’Unione Europea che i paesi membri aspirano ma si richiede la necessità di un dibattito costruttivo che possa far intravedere l’idea di quale Europa in cui si vuol camminare insieme e prendere delle decisioni.

Il premier ungherese Viktor Orban comprende il problema di fondo della Polonia. Nell’articolo di Lapresse, Orban afferma: «È chiaro, la supremazia delle leggi europee su quelle nazionali non è nei trattati. E quello che sta accadendo è che le istituzioni Ue stanno aggirando il diritto nazionale e modificando i trattati senza averne l’autorità. Quindi i polacchi hanno ragione».

La cancelliera tedesca Angela Merkel, nel suo ultimo vertice, prima della riunione, ha messo in evidenza la scelta tra due vie possibili future percorribili, come riporta Vaticannews: «La questione come i singoli Stati membri immaginano che sia l’Unione europea, un’Unione sempre più integrata, oppure fatta da “più Stati nazionali” e “questo non è certamente solo un problema tra la Polonia e la Ue» e indicando l’opportunità dell’opinione pubblica a far sentire la propria voce nella piattaforma digitale della Conferenza sul futuro dell’Europa.

Il presidente del Parlamento Europeo David Sassoli, ha fatto pervenire un messaggio: «Sebbene la nostra unità sia giustamente rafforzata dalla nostra diversità, vi è una parte non negoziabile del nostro contratto europeo: i nostri valori di democrazia, libertà, Stato di diritto».

La Polonia e la richiesta di infrazione parlamentare

Nella stessa giornata di ieri, 21 ottobre, il Parlamento europeo concludeva la seduta plenaria ottenendo con la maggioranza dei voti, 502 favorevoli contro i 153 contrari e 16 astenuti di chiedere alla Commissione e al Consiglio di avviare una serie di procedure di infrazione nei confronti della Polonia, ritenendo che c’è «un evidente rischio di violazione grave dello Stato di diritto, ai sensi dell’art. 7, par. 1 del trattato sull’Unione Europea» per il Tribunale costituzionale polacco nell’aver espresso nella sua sentenza incostituzionali gli artt. 1 e 19 del Trattato dell’U.E, di astenersi dall’approvazione del piano di ripresa e resilienza fino a quando non avrà attuato in modo corretto le sentenze della Corte Europea di Giustizia.

La Commissione europea ritiene, il 7 ottobre 2021, preoccupante le affermazioni espresse nella sentenza del Tribunale costituzionale polacco nella causa contro la Corte di Giustizia Europea dichiarando «le disposizioni del Trattato dell’UE incompatibili con la Costituzione polacca per molteplici motivi» e richiama i «principi fondanti dell’ordinamento giuridico dell’Unione quello della prevalenza del diritto dell’Ue sul diritto nazionale anche sulle disposizioni costituzionali e tutte le sentenze della Corte di giustizia sono vincolanti per tutte le autorità degli Stati Membri, compresi gli organi giurisdizionali».

La controversia risale al dicembre 2017 quando la Commissione europea presenta la questione di questo possibile rischio di violazione da parte della Polonia richiamando l’art. 7, para. 1, del Trattato sull’Unione Europea. Nella risoluzione parlamentare votata ieri viene fatto osservare l’interferenza politica nel sistema giudiziario polacco: «l’iniziativa di mettere in discussione il primato del diritto dell’UE sulla legislazione nazionale sia stata adottata dall’attuale primo ministro polacco, che ancora una volta utilizza indebitamente il potere giudiziario come strumento per realizzare la propria agenda politica» e «condanna l’uso del sistema giudiziario a fini politici e invita le autorità polacche a cessare di avvalersi arbitrariamente dei propri poteri esecutivo e legislativo per compromettere la separazione dei poteri e lo Stato di diritto».

Il documento si conclude giustificando la decisione presa, considerandola come monito di ravvedimento per «ripristinare lo Stato di diritto in Polonia alla luce del suo continuo deterioramento».

Nel secondo giorno di apertura dell’incontro del Consiglio Europeo, il 22 ottobre, i presidenti von der Leyen e Michel, rispettivamente della Commissione e del Consiglio europeo, hanno reso una dichiarazione congiunta per la stampa, nella quale, riguardo al caso della Polonia hanno espresso che l’indipendenza giuridica rimane un pilastro fondamentale dello stato di diritto, una strada lunga da percorrere, fatta di «dialogo, risposta legale e azione concreta per ricomporre l’indipendenza del sistema giudiziario». Si attendono il rispetto da parte della Polonia della sentenza della Corte di Giustizia della UE, in particolare quella del cambiamento del regime disciplinare per i giudizi e il reinserimento dei giudici dismessi illegittimamente.

Commenti

Per il professor Francesco Tufarelli, docente di Scienza dell’Amministrazione presso l’Università Guglielmo Marconi e presidente dei network di studi di Europolitica, il dibattito è attuale per i tempi, che coinvolge un processo di confronto tra costituzionali nazionali e Trattati, accordi tra Paesi, e che va affrontato sul piano giuridico cercando di costruire punti di incontro. Nell’intervista a Vaticannews spiega che «la costruzione europea non può essere un percorso continuo solo sul piano economico, ma appunto deve esserlo anche sul piano giuridico, affrontando materia per materia, come alcune questioni legate allo stato di diritto. Anche se i valori fondanti sono chiari, come quelli democratici, rimangono spazi di interpretazione da affrontare».

Un salto di qualità in più potrebbe essere, come suggerisce il costituzionalista Fulco Lancaster nell’intervista a Vaticannews, quello di dar vita una Costituzione europea «per evitare altre discussioni e altre eventuali ipotesi di uscita di altri Stati membri, come quella avvenuta con la Brexit». 

Quanto è accaduto nel contrasto tra la Repubblica Polacca e l’Unione Europea ripropone i casi della Germania e dell’Italia a cui non sono susseguiti gli strascichi di litigiosità giuridica. Francesco Mario Agnoli, già presidente di sezione alla Corte di appello di Bologna e membro del Consiglio superiore della Magistratura, spiega nel suo articolo pubblicato su Centro Studi Livatino del 20 ottobre 2021 che «nella sostanza anche la Corte Costituzionale polacca, senza negare, in linea di principio, la prevalenza del diritto comunitario su quello nazionale, vi ha apposto il paletto (il “contro limite” del linguaggio giuridico) del principio tedesco dell'”attribuzione”, che comporta il passaggio di sovranità alla Ue solo per situazioni specifiche». E aggiunge, «di conseguenza, in mancanza di espressa delega: “il tentativo di interferire nell’ordinamento giudiziario da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europea viola i principi dello Stato di Diritto: il principio di supremazia della Costituzione e il principio di conservazione della sovranità nel processo di integrazione europea”».

L’avv. Agnoli riporta prima una sintetica descrizione della vicenda. La controversia Polonia e Unione Europea nasce da quest’ultima nel ritenere non conforme ai principi del diritto comunitario le modifiche che la Polonia ha apportato nel sistema giudiziario. Portata davanti alla Corte di Giustizia dell’Ue, quest’ultima ordina la sospensione della riforma, sentenza che viene contestata dal governo polacco per sospetta “incompetenza” rivoltosi alla Corte Costituzionale di Varsavia. I giudici della Corte hanno riconosciuto la prevalenza del diritto comunitario ma l’hanno esclusa riguardo all’organizzazione del sistema giudiziario.

Dà poi motivazione della somiglianza con la decisione della Corte tedesca di Karlsruhe del 5 maggio 2020: i giudici di Karlsruhe ritennero necessaria l’approvazione anche del Parlamento tedesco oltre che del governo per poter partecipare al finanziamento europeo per i paesi membri colpiti da grave crisi economica esprimendo perciò perplessità sulla delibera UE. Questa riguardava l’acquisto da parte dell’UE dei titoli emessi dai governi degli Stati membri. Mentre la Corte di Giustizia dell’Europa ritenne tale delibera legittima la sentenza della Corte tedesca pur continuando a considerare la superiorità del diritto comunitario su quello nazionale la esclude quando si tratta come in quel caso, di proteggere gli inalienabili diritti fondamentali previsti dalle singole Costituzioni e ipotizzando il limite all’UE per le competenze relative al potere sovrano del Parlamento tedesco.

Per il caso italiano Agnoli fa riferimento alla sentenza n. 115 del 2018 su un procedimento penale di frode finanziaria emessa dalla Consulta che definiva viziata per incompetenza la decisione presa in precedenza dalla Corte di Giustizia Europea.

(Aggiornamento 23 ottobre 2021 ore 17.26)

redazione Bioetica News Torino