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L’Odontoiatria forense nell’identificazione delle persone scomparse. Una nuova APP del “sorriso” sviluppata dall’Istituto di Medicina legale – Uni To

24 Ottobre 2019

Le informazioni dentali costituiscono una risorsa preziosa nell’indagine investigativa di identificazione delle persone scomparse. Tutto è utile al lavoro di riconoscimento e dare un nome: nella comparazione dei dati pre e postmortem, nell’individuazione di un cadavere non più visibilmente riconoscibile.

Nel riportare la descrizione della persona scomparsa sono anche rilevanti le informazioni sulla salute orale. Radiografie, vecchi dispositivi ortodontici, placche per il bruxismo, mascherine per lo sbiancamento dei denti consentono di risalire alle arcate superiore e inferiore, di rilevare il DNA dalle eventuali tracce di saliva lasciate. Le cliniche dentali o il tecnico odontoiatra possono essere di aiuto se ancora conservano i modelli di costruzione di apparecchiature, dentiere, cura ortodontici o con i certificati di conformità di impianti dentali mentre gli ospedali per gli interventi chirurgici di maxillo-facciale.

Anche un sorriso di un ritratto fotografico che ben evidenzi i denti. Tanti sono gli elementi, indizi rilevanti, per gli odontoiatri forensi che  possono trarre in un sorriso di un selfie:  un piercing, una protesi, un’imperfezione, le labbra.

Ne dà annuncio l’Istituto di Medicina legale dell’Università degli Studi di Torino, coordinato dal prof. Giancarlo Di Vella,  con un’iniziativa informativa e di sensibilizzazione rivolta al pubblico, alle autorità e in particolare ai familiari e parenti delle persone scomparse,  promossa in collaborazione con l’Associazione Forensic Odontology For Human Rights (AFOHR), detta «IDENTIficami». È disponibile online, su YouTube la  versione inglese della campagna informativa (https://www.youtube.com/watch?v=o6EGRdRzDrQ) che sarà presentata nei prossimi convegni internazionali di Scienze forensi.
Come ausilio gratuito  nel possibile riconoscimento personale tramite gli odontoiatri forensi è stata sviluppata dal team del medesimo Istituto di Medicina legale una App, chiamata Selfie Forensic ID, ideata dal prof. Emilio Nuzzolese. Lo scatto di un selfie del proprio sorriso può permettere la circolazione sui social media di informazioni dentali che come elemento complementare potrà  essere utile, in caso di necessità,  al processo di raffronto dei dati del soggetto di cui non si ha ancora l’identità. Sarà registrato in rete con il nome, località e nazionalità.

Il prof. Emilio Nuzzolese, ricercatore del team di Medicina legale dell’Ateneo torinese e odontologo forense, spiega che« l’identificazione personale  avviene attraverso la raccolta e la comparazione di informazioni dentali oltre che genetiche e, quando possibile, attraverso le impronte digitali e altri caratteri individualizzanti. Tuttavia, la procedura odontologico-forense rappresenta il metodo più veloce ed economico, peraltro in grado di delineare un profilo generico del soggetto da identificare, fondamentale per il restringimento del campo di indagine delle persone scomparse».

L’Associazione internazionale AFOHR, fondata nel 2015 e diventata  associazione di volontariato nel 2019, di cui il professor Nuzzolese è il presidente, è una rete internazionale multidisciplinare a cui fanno parte operatori di scienze forensi e odontologia forense interessati a studi sulle pratiche di identificazione cadaverica (ad esempio nei disastri di massa)  e determinazione dell’età dentaria nel vivente con l’obiettivo di promuovere il rispetto dei principi dei diritti umani cercando di dare un nome, un’identità, un’età, una nazionalità alle persone.
L’odontologia forense è una disciplina medica odontoiatrica che offre competenze  professionali oltre che nel campo giuridico anche in quello biologico. Il professor Nuzzolese sostiene la necessità di una completa autopsia dentale e  panoramiche  per poter contribuire in modo più rapido al riconoscimento della persona e l’importanza di un’identificazione per i  viventi. Dalla  pagina  Facebook di AFOHR del 13 ottobre si riporta la notizia che ci  sono 600 milioni di bambini al mondo che non esistono legalmente perché non si hanno di loro registrazioni della data di nascita  e con loro adulti non registrati la cui mancanza di identificazione li preclude dai diritti civili e sociali come  l’accesso al sistema sanitario o al mondo del lavoro. Fa riferimento al libro Identification Revolution. Can Digital ID be Harnessed for Development?  (2018) di Gebb A. e Metz A.D.

La documentazione informativa di IDENTIficami nella versione inglese, presente su Facebook @dentalforidentification e twitter @identifyme6 riporta i dati statistici della 21° Relazione del Commissario Straordinario del Governo per le Persone Scomparse – Ministero dell’Interno 2019.  In Italia le persone scomparse ancora da rintracciare sono 59.044 dal 1 gennaio 1974 al 30 giugno 2019 (da  16.948 in Sicilia a 55 in Valle d’Aosta) su 236. 656 denunce, di cui  42.591 sono minori, maggiorenni 14.838 e 1.615 ultra sessantacinquenni.

Un fenomeno in Italia per nulla affatto recessivo: «Infatti, dal 1974, anno in cui inizia la registrazione delle persone scomparse, al 2018, le denunce sono aumentate in maniera pressoché costante fino al 2014, allorché si registrano aumenti del 100%» riporta la 21° Relazione del Commissario  Giuliano Perrotta che descrive nelle 80 pagine una sintesi dello stato dell’arte tra risultati raggiunti e prospettive future.  Riguardo ai 42 mila minorenni scomparsi  la maggior parte è straniera (40.076) associata all’arrivo dei migranti negli ultimi 5 anni. Va ad incidere nella quota i  minori stranieri  “autodichiaratisi” che non lo sono e si allontanano dai centri di accoglienza.  Nell’Unione Europea secondo i dati di Europol sono circa 10mila minori stranieri non accompagnati che scompaiono ogni anno. Il pericolo più temuto è quello dello sfruttamento in attività illegali della criminalità organizzata, in particolare nella prostituzione o nel traffico di organi. A partire dal 2017  in Italia c’è un sistema di maggior tutela dato dall’identificazione con un codice unico per censirli e monitorarli sul territorio nazionale – sistema operativo minori Sim.
Nel registro nazionale di cadaveri non identificati sono presenti 919 casi censiti al 30 giugno 2019 e vi è  un sistema  di Ricerca Scomparsi che contiene le informazioni sui dati delle persone per la ricerca e attività investigativa  che presenta i dati delle schede sia della persona scomparsa (ante mortem) che  cadavere non identificato (post mortem).  Per far fronte alla criticità di un mancato inserimento dei dati relativi ai decessi in ospedale senza identità di persone  o di ritrovamenti di corpi per i quali non vi era un interesse giudiziario o riconducibili a reato si sono istituiti dei Protocolli di intesa con alcune Regioni,  l’Istituto di Antropologia e odontologia forense, a partire dal 2015 in Lombardia, che prevedono esame esterno/autopsia della salma, prelievo campione biologico, compilazione delle schede post- mortem che sono importanti per il raffronto con i dati delle persone scomparse.  Nel 2019 nasce la Consulta nazionale per le persone scomparse che crea una rete sinergica tra  associazioni dei familiari, volontariato e le istituzioni interessate.
Non hanno ad oggi un nome i 1700 corpi dei migranti recuperati dal naufragio in mare. Di quello del 18 aprile 2015 nel canale di Sicilia sono state sepolte 528 persone,  poi attraverso l’inventario osteologico dei resti e la documentazione il numero delle vittime è salito a 547 che aumenterà ancora con il recente ritrovamento di 300 crani e la cui  attività di identificazione  è ancora in corso.  La medicina legale dell’Università di Milano ha fornito 164 documenti potenzialmente identificativi che possono essere ricondotti a 78 vittime. Non è stato facile invece il rintraccio dei familiari nei paesi di origine per l’identificazione delle vittime.  Il Comitato Internazionale della Croce Rossa ha trasmesso 194 schede ante-mortem di cui 161 sono possibilmente relative alle vittime e 119 profili genetici corrispondenti a familiari di 40 presunte vittime provenienti dalla Mauritania. Solo due profili sono riconducibili ai corpi che sono stati quindi identificati ma non hanno ancora il nome.

Redazione Bioetica News Torino