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Medicina difensiva. Ci costa 10 mld l’anno. Il report del Ministero della Salute

27 Marzo 2015

Farmaci, visite, esami e ricoveri inutili ci costano 10 miliardi l’anno. Ma i medici le prescrivono perché hanno paura delle denunce. In occasione della presentazione della nuova Commissione consultiva per le problematiche in materia di medicina difensiva e di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie, il Ministero della Salute ha raccolto in un documento i numeri e le ragioni di un fenomeno in costante aumento.

“In assenza di stime affidabili – si legge – sui costi della medicina difensiva “negativa”, si valuta che solo quella c.d. “positiva” (surplus di spesa sanitaria non legata a finalità terapeutiche ma alla riduzione del rischio di contenzioso) valga annualmente 10 miliardi di euro, pari allo 0,75% del Prodotto Interno Lordo”. A livello di spesa la cifra incide sul 10,5% totale della spesa sanitaria. Le voci di costi impropri più significative riguardano: farmaci: 1,9% della spesa; visite 1,7%; esami di laboratorio 0,7%; esami strumentali 0,8% e ricoveri 4,6% .

Il 77,9% dei medici ha praticato medicina difensiva allento una volta nell’ultimo mese
Il report affronta anche il tema delle dimensioni del fenomeno e le ragioni per le quali la medicina difensiva è praticata. Le indagini scientifiche hanno dato risultati ampiamente sovrapponibili: il 77,9% del campione ha tenuto almeno un comportamento di medicina difensiva nell’ultimo mese di lavoro (92,3% nella classe 32-42 anni); il 68,9% ha proposto/disposto il ricovero di pazienti che riteneva gestibili ambulatorialmente e il 61,3% ha prescritto un numero di esami maggiore rispetto a quello ritenuto necessario per effettuare la diagnosi.

Per 4 camici bianchi su 5 si pratica la medicina difensiva per la paura delle denunce
Secondo le indagini riportate nel report, il 78,2% per cento dei medici ritiene di correre un maggiore rischio di procedimenti giudiziari rispetto al passato e il 65,4% per cento ritiene di subire una pressione indebita nella pratica clinica quotidiana a causa della possibilità di tale evenienza. Per il 67,5% si subisce l’influenza di esperienze di contenzioso legale capitate ai propri colleghi e il 59,8% ha timore di ricevere richieste di risarcimento.
Inoltre il 51,8% risente di precedenti esperienze personali di contenzioso legale ed il 43,5% esprime il timore di ricevere pubblicità negativa dai mass-media. Infine il 15% teme di incorrere in sanzioni disciplinari.

Le azioni più frequenti di medicina difensiva
Nel report ministeriale si riporta uno studio in cui il 58,6% dei medici ha chiesto il consulto di altri specialisti pur non ritenendolo necessario. Il 51,5% ha invece prescritto farmaci non necessari e il 24,4% ha prescritto trattamenti non necessari (es. oltre a quelli prescritti dalle Linee Guida o dai Protocolli). Il 26,2% ha escluso pazienti a rischio da alcuni trattamenti, al di là delle normali regole di prudenza e il 14% ha evitato procedure rischiose (diagnostiche o terapeutiche) su pazienti che avrebbero potuto trarne beneficio.

Infine il report riprende una recente indagine Agenas effettuata su 1500 medici ospedalieri in cui si evidenzia come il 58% dei camici bianchi pratica medicina difensiva e per il 93% è destinata ad aumentare. Lo studio spiega anche il perché si fa medicina difensiva: per il 31% è colpa della legislazione sfavorevole per il medico, per il 28% il rischio di essere citati in giudizio e per il 14% lo sbilanciamento del rapporto medico-paziente con eccessive richieste, pressioni e aspettative da parte del paziente e dei familiari. La componente emotiva e la falsa sicurezza indotta dai comportamenti difensivi sono infatti tra i principali fattori che mantengono e potenziano il fenomeno. Secondo gli intervistati le soluzioni potenzialmente efficaci per ridurre il fenomeno sono per il 49% quello di attenersi alle evidenze scientifiche e per il 47% quello di riformare le norme che disciplinano la responsabilità professionale.

I meccanismi per contrastare fenomeno. Italia indietro sul tema rispetto a Ue
I meccanismi da mettere in atto per contrastare il fenomeno e ridurre gli sprechi secondo il Ministero devono prevedere vari interventi. In primis un “approfondimento sul tema della normativa vigente in materia nel nostro Paese”. Perché da un lato “la malpractice in Italia è in parte riferibile ai comportamenti dei medici, ma è spesso anche conseguenza di scelte di un legislatore poco attento e volubili decisioni dei magistrati”.
In seconda battuta il Ministero segnala l’esigenza di “un’analisi comparata sullo stato dell’arte delle azioni legislative intraprese a livello internazionale e l’identificazione di eventuali best practice. L’Italia, in confronto ad altri Paesi (USA, GB, NZ, Irlanda e Francia) che tra il 2000 e il 2003 hanno adottato riforme strutturali sul tema, è in ritardo di almeno un decennio”.

fonte: Quotidiano Sanità

approfondimenti: http://www.quotidianosanita.it/allegati/create_pdf.php?all=8034421.pdf

http://www.quotidianosanita.it/allegati/create_pdf.php?all=3613187.pdf

Lara RealeGiornalista ScientificaRedazione Web Arcidiocesi di Torino