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Mini-stomaci ricostruiti in vitro nello studio su Sars-CoV-2 nel tratto gastro-intestinale. E commento del Prof. G. Zeppegno sull’uso di feti abortiti nella ricerca

09 Dicembre 2021

Un gruppo internazionale di ricerca universitaria italiana e britannica, guidato da Nicola Elvassore del Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Padova e Paolo De Coppi del Dipartimento di Chirurgia specialistica pediatrica e neonatale del Great Ormond Street Hospital di Londra, ha effettuato uno studio di laboratorio sperimentale per comprendere come il virus Sars-CoV-2 può infettare il sistema gastrointestinale. In particolare la loro ricerca si è concentrata sui sintomi dello stomaco spesso ricorrenti nei bambini con casi clinici da moderati a severi da Covid-19, che in pochi casi si sono manifestati come i sintomi di appendicite.

Ha dimostrato che il virus ha la capacità di replicarsi all’interno dello stomaco impiegando una tecnica innovativa nel campo della biomedicina, gli organoidi o detti anche mini -organi. Ne ha sviluppato un modello tridimensionale, quello di mini-stomaco, in vitro mediante la coltivazione di cellule staminali tratte da campioni di stomaco umano provenienti da biopsie fetali, pediatriche e adulte, da tessuti di interruzioni di gravidanza dall’8va alla 21ma settimana di gestazione. Si è poi simulata sempre in vitro un’infezione del virus Sars-CoV-2.

L’Ateneo di Padova in una nota divulgativa dello studio spiega che si è riscontrata una maggiore abilità del virus nel replicarsi nei mini – stomaci cresciuti da cellule infantili e fetali tardive rispetto a quelle adulte e fetali precoci. Aggiunge che si potrebbe anche supporre il virus causi la distruzione di un gruppo specifico di cellule dette delta, che producono l’ormone somatostatina, e della conseguente manifestazione di alcuni sintomi gastrointestinali presenti nei pazienti.

I ricercatori nella loro pubblicazione su «Nature Communications» dello studio Sars-CoV-2 infection and replication in human gastric organoids (open access, 16 nov 2021, doi: https://doi.org/10.1038/s41467-021-26762-2) hanno considerato la conoscenza della letteratura scientifica più recente sul Covid-19 che suggerisce un’ampia casistica della replicazione virale nel tratto gastrointestinale e una presenza prolungata del Rna del Sars-CoV-2 nelle feci dopo la scomparsa nel tratto respiratorio. Da qui è sorto il loro interesse di comprendere se il virus può causare un’infezione primaria nell’intero tratto gastrointestinale o se la sua presenza può essere collegata in parte ad un trasporto passivo di uno espettorato contaminato che viene dal tratto respiratorio superiore. E soprattutto la sua capacità di persistere nel tratto gastrointestinale dopo la scomparsa a livello respiratorio. Anche perché «queste preoccupazioni sono di particolare interesse nei bambini che mostrano in media soffrire una malattia respiratoria meno severa rispetto agli adulti sebbene registrino più marcatamente sintomi gastrointestinali, la sindrome infiammatoria multisistemica pediatrica temporaneamente associata al Sars CoV-2, o siano portatori asintomatici del virus».

Hanno dimostrato nelle diverse fasi di sviluppo dei mini stomaci, fetale, bambino e adulto, come le cellule gastriche sono suscettibili all’infezione del virus Sars-CoV-2. La scoperta apre alla ricerca nell’approfondire la comprensione dell’infezione, della trasmissione verticale virale oro-fecale per le misure preventive da Covid-19 e di nuove terapie.

Riguardo alla metodologia, gli Autori della pubblicazione G.G. Giobbe, F. Bonfante, B.C. Jones et al. descrivono che hanno impiegato stomaci fetali umani sezionati dal tessuto proveniente da interruzioni di gravidanza dall’8va alla 21ma settimana dal concepimento nel rispetto della legislazione bioetica in Gran Bretagna. Le biopsie umane chirurgiche gastriche pediatriche sono state raccolte dopo il consenso informato secondo la normativa etica del NHS Health Research Autority – East of England – Cambridge Centrale Research Ethics Committee. Gli organoidi adulti sono stati ottenuti attraverso accordo di trasferimento materiale e in precedenza derivati dall’Hubrecht Institute in uno studio approvato dal Comitato etico dell’University Medical Center Utrecht e secondo la dichiarazione di Helsinki.


Commento a cura del Prof. Giuseppe Zeppegno

La ricerca condotta è di grande utilità perché permette di comprendere in modo sempre più approfondito i molteplici effetti causati dal virus Sars-CoV-2 sull’organismo umano.

È però necessario notare che, mentre l’utilizzo di materiale biologico prelevato da adulti o da bambini con il dovuto previo consenso informato non crea problemi di carattere etico, l’utilizzo invece di quello proveniente da interruzioni di gravidanza, seppur consentito dagli ordinamenti di alcune nazioni, crea non pochi problemi sui quali si è ampiamente espresso il magistero della Chiesa.

La Congregazione per la Dottrina della Fede ai n. 34 dell’Istruzione Dignitas personae, ad esempio, considera negativamente la ricerca scientifica condotta su linee cellulari provenienti da interruzioni volontarie di gravidanza. Afferma, infatti, che questo tipo d’intervento rappresenta «sempre un disordine morale grave» anche se la ricerca mira a «scopi in sé legittimi».

Il n. 35 precisa che è meno critico l’utilizzo di materiale prelevato da tempo da feti abortiti volontariamente in strutture estranee ai laboratori in cui si conduce la ricerca. È il caso, ad esempio, della linea derivata da fibroblasti diploidi di polmone umano prelevati da un feto di femmina svedese abortito al terzo mese di gravidanza nel 1962. Grazie a queste cellule, utilizzate per preparare vaccini atti a contrastare il morbillo, la parotite e la rosolia, la rabbia, l’adenovirus orale, la poliomielite, la varicella, l’herpes zoster e alcune tipologie di cancro, è stato possibile salvare innumerevoli vite. Le società farmaceutiche che producono il vaccino assicurano che le cellule originali sono costantemente moltiplicate in laboratorio senza che sia stato aggiunto negli anni alcun nuovo tessuto umano. Quest’ultima pratica è considerata accettabile se utilizzata per salvaguardare vite che potrebbero essere altrimenti in pericolo.

Permane peraltro il dovere di chiedere ai sistemi sanitari di impegnarsi a studiare la possibilità di utilizzare altri tipi di vaccini. Si è espressa in questo senso anche la Pontificia Accademia per la Vita in due documenti rispettivamente nel 2005 e nel 2017, la Nuova carta degli Operatori Sanitari, e la Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede pubblicata nel 2020 per rassicurare quanti manifestavano perplessità nei confronti dei vaccini studiati per contrastare il Covid-19.

Note

* Dottore di ricerca in Teologia Morale e Bioetica e docente presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale sezione parallela di Torino

Gabriella Oldano giornalista pubblicista