“No” alle benedizioni di unioni dello stesso sesso Dalla Congregazione della Dottrina della Fede
16 Marzo 2021La Congregazione per la Dottrina della Fede ha espresso il parere sulla possibilità o meno da parte della Chiesa di poter impartire benedizioni per le unioni di persone dello stesso sesso. Si tratta di un dubbio sollevato in più occasioni nell’ambito di progetti pastorali della Chiesa cattolica che desiderano farsi prossimità nell’accogliere e accompagnare le persone omosessuali nel percorso di un cammino di fede. Essa ha dato una risposta negativa motivata nella Nota esplicativa a tale Responsum pubblicato il 15 marzo con l’approvazione di Papa Francesco. «La Chiesa non dispone né può disporre del potere di benedire unioni di persone dello stesso sesso», dandone alcune motivazioni. Essa è interprete e annunciatrice dei disegni di Dio.
La benedizione è un sacramentale
La benedizione è un sacramentale, che insieme agli altri, l’ascolto della Parola di Dio, la carità, la partecipazione alla liturgia, «sono segni sacri per mezzo dei quali, con una certa imitazione dei sacramenti, sono significati e, per impetrazione della Chiesa, vengono ottenuti effetti soprattutto spirituali» spiega la Nota. Non conferiscono la grazia dello Spirito Santo come i sacramenti ma preparano ad accoglierla e a mettersi nel cammino di cooperazione. Anche se si trovano elementi positivi in tali relazioni che vanno apprezzate e valorizzate il fatto che siano «al servizio di una unione non ordinata al disegno del Creatore» impedisce la benedizione ecclesiale che richiamerebbe a quella di una coppia di sposi. Nella Genesi l’uomo viene creato a immagine di Dio, maschio e femmina, e Dio li benedice dicendo: «Siate fecondi e moltiplicatevi» (Gen 1-28). La donna è stata creata da una costola sottratta all’uomo e la condusse all’uomo, per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno un’unica carne (Gen. 18-24).
Chi può ricevere la benedizione ecclesiale?
Lo spiega in modo succinto: «solo quelle realtà che sono di per sé ordinate a servire quei disegni [del Creatore]». Occorre «– oltre alla retta intenzione di coloro che ne partecipano – che ciò che viene benedetto sia oggettivamente e positivamente ordinato a ricevere e ad esprimere la grazia, in funzione dei disegni di Dio iscritti nella Creazione e pienamente rivelati da Cristo Signore», afferma la Congregazione.
Non può essere ammessa se si è in presenza di un’unione al di fuori di quella indissolubile fatta da un uomo e una donna aperta di per sé alla trasmissione della vita; quindi dinanzi ad una relazione anche stabile ma fuori dal matrimonio o a un’unione di due persone dello stesso genere sessuale.
Invece l’impartizione può essere effettuata a persone singole anche se di inclinazione omosessuale. Per la Nota è possibile verso coloro che esprimono la volontà di vivere in fedeltà secondo i disegni divini che la Chiesa propone di insegnare, ritenendo invece illecita «ogni forma di benedizione che tenda a riconoscere le loro unioni».
Perché ad una coppia omosessuale non può essere impartita la benedizione ma a una persona singola sì?
La benedizione, stando a quanto detto sopra, spiega la Congregazione, diverrebbe strumento di approvazione e incoraggiamento ad una prassi di vita, in contraddizione con il contenuto delle Scritture e del disegno di Dio. Vengono citati gli articoli 7 e 15 della Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali.
Nel primo viene messo in luce l’impossibilità di esprimere per l’attività omosessuale un’unione complementare, capace di trasmettere la vita: «Come accade per ogni altro disordine morale l’attività omosessuale impedisce la propria realizzazione e felicità perché è contraria alla sapienza creatrice di Dio. Quando respinge le dottrine erronee riguardanti l’omosessualità, la Chiesa non limita ma piuttosto difende la libertà e la dignità della persona, intese in modo realistico e autentico».
Nel secondo è sull’autenticità dell’aiuto cristiano spirituale da parte della comunità evitando loro isolamento o delusione.
Né Dio né la Chiesa discriminano
Dio ama ogni persona, per lui tutti sono i suoi figli, li benedice così anche la Chiesa per l’orizzonte d’amore divino in lei inscritta. Però Dio – la Nota cita le parole di Papa Francesco all’udienza del 2 dicembre 2020 sulla catechesi sulla preghiera, e riferendosi alla benedizione afferma – non benedice né può benedire il peccato: benedice l’uomo peccatore, affinché riconosca di essere parte del suo disegno d’amore e si lasci cambiare da Lui. Egli infatti «ci prende come siamo, ma non ci lascia mai come siamo». In quell’udienza Papa Francesco riportò l’esempio del coraggio delle donne, madri, in fila per visitare in carcere i loro figli: «non smettono di amare il figlio e loro sanno che la gente che passa nel bus pensa “Ah, questa è la mamma del carcerato”. Eppure non hanno vergogna di questo, o meglio, hanno vergogna ma vanno avanti, perché è più importante il figlio della vergogna. Così noi per Dio siamo più importanti di tutti i peccati che noi possiamo fare, perché Lui è padre, è madre, è amore puro, Lui ci ha benedetto per sempre. E non smetterà mai di benedirci».