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No, non si farà nessun trapianto di testa

01 Marzo 2015

Cento chirurghi, trentasei ore di sala operatoria e dodici milioni e mezzo di euro. Et voilà. Il trapianto di testa è servito (in alternativa, molto più semplicemente, potrebbero bastare anche un solo medico, un assistente gobbo e un vecchio maniero in Transilvania). È la proposta di Sergio Canavero, neurochirurgo torinese delle Molinette, di cui vi avevamo già parlato un paio di anni fa – bollandola come fantascienza – e tornata in questi giorni agli onori della cronaca grazie al NewScientist: datemi due anni di tempo, questa in sostanza l’idea del medico, e riuscirò a trasferire una testa da un corpo umano a un altro. Quanto è realistica la proposta di Canavero? Implicazioni etiche a parte, la risposta della comunità scientifica è più o meno unanime: per niente. Un’operazione del genere, per ora – e forse per sempre – è assolutamente improponibile. Ci spiace, Victor, ma “it could not work”.

Andiamo con ordine. Canavero ha iniziato a parlare del trapianto di testa (o di corpo, se preferite: la questione non è del tutto chiara) per la prima volta nel 2013, sostenendo che un intervento del genere avrebbe migliorato la qualità della vita di persone il cui corpo fosse irreparabilmente leso da paralisi, malattie neurodegenerative, atrofie muscolari, cancro e così via (una specie di panacea: vi ricorda qualcosa?). Già allora non fu preso troppo sul serio: il suo progetto Heaven/Gemini (Head Anastomosis Venture with Cord Fusion) appariva impossibile. Il punto scientifico più delicato, naturalmente, riguarda il ricollegamento dei tronconi di midollo tra testa del ricevente e corpo del donatore (ancora una volta: non si capisce bene chi sia l’uno e chi sia l’altro): Canavero proponeva la fusione dei tratti di midollo, opportunamente recisi con una lama ultra-tagliente ed estremamente precisa, mediante speciali colle a base di acido glicolico. La questione, comunque, dopo una serie di bocciature sia sul piano scientifico che su quello etico, venne lasciata cadere e per un paio d’anni non se ne parlò più.

Il 3 febbraio scorso, Canavero si è rifatto vivo. Ha pubblicato sulla rivista indiana Surgical Neurology International un articolo scientifico (o più precisamente: un editoriale, tra l’altro consultabile gratuitamente, che discuterà anche a giugno durante la conferenza annuale della American Academy of Neurological and Ortopaedic Surgeons) in cui propone una versione migliorata della tecnica. Si parte con il raffreddamento della testa del ricevente e del corpo del donatore, per aumentare il tempo di sopravvivenza delle cellule. Dopodiché, dice Canavero, si seziona il tessuto intorno al collo (sia di donatore che di ricevente) e si collegano i principali vasi sanguigni mediante piccoli tubi (la cosiddetta anastomosi vascolare, una tecnica effettivamente consolidata da tempo).

Ora arriva la parte più difficile. La testa del ricevente viene spostata sul corpo del donatore per il collegamento del midollo: per riuscirci, Canavero intende spruzzare la zona con glicole polietilenico, una sostanza che dovrebbe innescare l’adesione delle membrane cellulari di donatore e ricevente. Poi si dovrebbe procedere alla microsutura del tessuto nervoso, seguita da un’altra abbondante zaffata di glicole. Il tutto dovrebbe concludersi con la sutura di muscoli, altri piccoli vasi sanguigni e pelle. Il paziente sarebbe quindi tenuto in coma farmacologico per un mese, durante il quale verrebbe sottoposto a stimolazione elettrica del midollo spinale, una tecnica che dovrebbe rinforzare le nuove connessioni nervose. Al risveglio, una vita nuova: stando a quanto afferma Canavero, il paziente sentirebbe subito il suo (?) corpo e, con opportuna fisioterapia, sarebbe in grado di camminare entro un anno dall’operazione.

Abbiamo chiesto un parere ad Alberto Delitala, presidente della Società Italiana di Neurochirurgia: “Non c’è niente di scientifico nella proposta di Canavero”, ci ha detto. “Non ha sviluppato nessuna tecnica né fatto alcuna sperimentazione. Ci sono solo ipotesi molto vaghe e non supportate da evidenze verificabili. Non siamo certamente contro l’innovazione, ma ogni metodica nuova deve essere rigorosamente comprovata e passare il vaglio della comunità scientifica prima di essere presa in considerazione”. Il punto più delicato, come vi avevamo anticipato (e, ancora una volta, ci viene in aiuto il buon Victor Frankenstein, che ricordava come “cuori e reni sono soltanto giocattoli”, molto diversi dal sistema nervoso centrale), riguarda il collegamento del midollo: “Al momento, la scienza medica non è in grado di ricollegare con successo due tronconi di midollo, non importa quanto precisamente siano stati tagliati. Sono stati fatti dei tentativi usando innesti di cellule staminali e stimolazione di rigenerazione nervosa tramite growing factor, che hanno dato qualche timido successo negli animali ma nessuno sull’uomo”.

In effetti, qualcosa del genere era stato già tentato. Nel 1970, il chirurgo Robert White, della Case Western Reserve University School of Medicine di Cleveland, aveva trapiantato la testa di una scimmia sul corpo di un’altra, senza però collegare i due tronconi di midollo spinale. La malcapitata scimmia ricevente, che non poteva controllare né percepire il suo nuovo corpo e riusciva a respirare solo con l’aiuto di una macchina, sopravvisse per nove giorni, prima di essere stroncata da una reazione immunitaria di rigetto al trapianto.

Riuscire a connettere il midollo spinale, senza scomodare il trapianto di testa, sarebbe un traguardo epocale per la scienza. E ridarebbe speranza ai paraplegici di tutto il mondo, che aspettano da anni una possibilità del genere: “È proprio per questo”, spiega ancora Delitala, “che non possiamo permetterci, almeno per ora, di alimentare false speranze – io le definisco ipersperanze che illuderebbero tutte queste persone”. Già è successo più volte, purtroppo. E si è concluso come tutti sappiamo. Speriamo non capiti più.

Sandro Iannaccone

Fonte: Wired

Approfondimenti: http://www.newscientist.com/article/mg22530103.700-first-human-head-transplant-could-happen-in-two-years.html#.VPA6TRuG_8t

http://www.surgicalneurologyint.com/article.asp?issn=2152-7806;year=2015;volume=6;issue=1;spage=18;epage=18;aulast=Canavero

http://aanos.org/meetings/next-meeting/

Lara RealeGiornalista ScientificaRedazione Web Arcidiocesi di Torino