Parere del CNB. Orientamento di scelte prioritarie per la tutela dei bambini, dal nascere all’età scolare. In agenda i bambini, le loro famiglie e la scuola
07 Novembre 2020L’istruzione scolastica supera le barriere della disuguaglianza sociale, aiuta i bambini ad una crescita graduale educativa, culturale, relazionale, psicologica, sociale mentre, seppur dipendenti dai genitori, con questi ultimi li prepara ad un cammino formativo e di conoscenza di loro medesimi e di consapevolezza di un ruolo nella società in cui vivono, nonché ad imparare a discernere tra la moltitudine di opportunità e rischi che la società nella sua complessità presenta. La pandemia ha inciso in modo forte nella vita non solo degli adulti ma anche dei bambini. Anch’essi sono stati contagiati, seppure con una percentuale minima (1,5% dei casi dei casi diagnosticati Covid-19 secondo studi di revisione) hanno dovuto modificare per le diverse misure restrittive di prevenzione e contenimento per la diffusione del virus le loro abitudini e i loro comportamenti a scuola e in famiglia, nel gioco; anch’essi a vivere preoccupazioni e ansie diverse associate al Covid perché riflesse nei loro genitori e a soffrire del disagio dei servizi sanitari sospesi e riorganizzati nel periodo dell’emergenza.
Il Comitato nazionale di Bioetica ha voluto richiamare l’attenzione delle istituzioni politiche affinché siano messi al centro delle loro agende per la ripresa dell’Italia «i bambini, i ragazzi, le loro famiglie e l’insieme dell’apparato scolastico con le sue strutture», chiedendo «con forza che quello che fino ad oggi non è stato fatto per la scuola, con gravi deficienze economiche e strutturali, venga ritenuto nei diversi bilanci dello Stato irrinunciabile e non procastinabile». Lo ha espresso in un parere sull’analisi degli effetti del Covid sulla salute dei bambini presentandone gli aspetti bioetici “irrinunciabili” – precauzione e responsabilità – in relazione alle ripercussioni psicologiche e sociali, educative e scolastiche sui bambini nel “lockdown” e nella chiusura della scuola all’interno del panorama attuale in cui ogni settore è stravolto dalle misure dovute per il contenimento della pandemia. Il documento pubblicato è firmato all’unanimità il 23 ottobre scorso; si intitola Covid-19 e bambini: dalla nascita all’età scolare.
Inizia come premessa ritenendo comprensibile che per la tutela della salute di ogni cittadino, nell’interesse della collettività, l’introduzione di misure restrittive di contrasto alla diffusione virale, per un tempo circoscritto, anche se ha conseguenze sulla vita economica e sociale: l’orientamento è verso il bene comune assumendo una responsabilità condivisa.
Invita a considerare due principi bioetici irrinunciabili nell’affrontare problematiche che la pandemia investe su più fronti economico, politico, sociale e sanitario. Quello di precauzione «come intervento cautelativo e applicazione della virtù della prudenza, a fronte della rapidità e imprevedibilità della trasmissione virale, per evitare o limitare conseguenze negative in attesa di predisporre interventi sistematici viste le ridotte conoscenze sul Covid-19» e quello di responsabilità, ovvero «l’impegno di tutelare soprattutto chi è in situazioni di specifica e temporanea vulnerabilità, come lo stato di gravidanza, il periodo perinatale e neonatale».
E nelle raccomandazioni articolate in sette punti sollecita la priorità verso chi si trova in condizioni di vulnerabilità. La donna in gravidanza (1), che lo è seppure in modo temporaneo, vive tale condizione con un maggior peso dovuto al Covid. Si devono apportare misure, previa valutazione e gestione del rischio, da un lato capaci di prevenire la trasmissione del virus ed una maggior riduzione possibile dei danni e dall’altra garantire un’assistenza sanitaria «secondo equità e reciprocità (esser per)», in cui il “prendersi cura” assuma il senso di responsabilità solidale e si avvalga di una dimensione multidisciplinare e integrata ai servizi sanitari rivolti alla donna in gravidanza. Emergono condizioni psicologiche nuove, spiega il documento, dovute alla pandemia che si aggiungono a quelle già note durante la gravidanza o alle neomamme come la depressione post-partum, i disturbi d’ansia; ad esempio stress o ansia per l’incertezza lavorativa, il ricorso al consumo di alcol e sostanze, forme di abuso e di potere da parte del partner o anche il ridotto ricorso ai servizi sociosanitari tra le famiglie a basso reddito e nelle comunità di migranti.
E al centro delle scelte politiche devono esserci i bambini (2). Spiega il CNB per «ridurre al minimo indispensabile le misure che più ricadono sui bambini con conseguenze negative, dedicando una specifica attenzione all’interesse del minore quale criterio etico-giuridico fondamentale per la valutazione del rapporto benefici-rischi delle misure ipotizzate». Riporta un’analisi della letteratura scientifica più recente sull’influenza della pandemia nei bambini in età prescolare e scolare in ambito sanitario e le conseguenze psicologiche e sociali dell’isolamento forzato, o lockdown.
Per gli aspetti sanitari fa notare che si è rilevata una sottostima dei bambini affetti dal Covid-19 in quanto la maggior parte sono asintomatici e anche, sempre dagli studi di revisione in letteratura, nei bambini infetti asintomatici il virus presenta un’alta carica virale pari a quella degli adulti contagiati. Poi l’isolamento forzato ha causato una riduzione delle visite mediche, il che porterà ad aggravare la condizione di coloro che sono malati oncologici, hanno disabilità e sono affetti da patologie rare. Non solo, ha anche interrotto le vaccinazioni raccomandate, vuoi per i centri chiusi o per timore dei genitori di contrarre l’infezione, facilitando così un possibile esordio di altre epidemie come quella del morbillo avuta in passato. Infine si sono ridotti i loro ingressi ai pronto soccorso; si attendono i riscontri negativi sulla loro salute.
Sul piano psicologico e sociale l’isolamento ha provocato sintomi depressivi e ansia negli scolari «a causa delle restrizioni della loro vita sociale». Studi hanno rilevato che mentre all’inizio il distacco dalla scuola con la didattica a distanza è stato vissuto come un’esperienza piacevole per l’accostamento ad una vacanza, poi è cambiato per la lontananza dagli amici, dai parenti, in noia e oppressione. Sono stati riscontrati disturbi del sonno, del comportamento alimentare, atteggiamenti aggressivi e antisociali. Situazioni di cui non si conosce l’esito se si normalizzeranno in modo spontaneo o meno. Certo è che l’impatto è stato su chi è affetto da disturbi dell’attenzione e iperattività (Adhd), all’apprendimento (Dsa) e allo spettro autistico (Asd). Un altro effetto è lo stress percepito dai genitori per l’instabilità lavorativa o per la perdita occupazionale e il conseguente peggioramento della situazione economica. Un altro ancora fattore su cui il Covid ha inciso sulla salute del bambino e sul suo sviluppo è lo stato di povertà assoluta: il CNB osserva che prima del Covid, secondo i dati Istat 2019, versavano in tale tipo di povertà più di 1 milione e 700 mila famiglie, nelle quali 1 milione e 137 sono minori, numero che è cresciuto successivamente.
Con i bambini la priorità su cui orientare le scelte è la scuola (3): «da porre la scuola al centro della vita del Paese, delle sue scelte e dei suoi investimenti», sollecita il CNB. La sola didattica a distanza non è sufficiente per il loro sviluppo. Essendo un luogo di socializzazione, di promozione di uguaglianza sociale e formativa, ogni «percorso di apprendimento ha una componente interattiva che difficilmente la didattica a distanza potrà compensare. Si impara dagli insegnanti ma anche dal gruppo di studenti in cui si è collocati», spiega il Comitato nazionale di Bioetica. Infatti «l’insegnamento e l’apprendimento non sono una semplice trasmissione e acquisizione di nozioni, ma fanno parte del processo educativo, attraverso il confronto, il dialogo, l’interazione: condizioni per la crescita intellettiva e la maturazione emotiva», aggiunge il CNB. E poi ha creato quel divario sociale e culturale penalizzando le famiglie che avevano difficoltà o nella dotazione degli strumenti o nella dimestichezza per aiutare i loro figli e anche gli stessi bambini laddove i docenti «non hanno attivato la didattica a distanza o sono stati in grado di utilizzarla in maniera efficiente, non avendo una formazione e una preparazione adeguate a questo genere di insegnamento, oppure non avendo adeguata strumentazione».
Poi, perché si possa assumere una responsabilità individuale è importante che «venga garantita alle famiglie e agli operatori scolastici adeguata informazione e partecipazione alle decisioni che li riguardano» (4).
Raccomanda ancora il coinvolgimento di una responsabilità sociale verso la scuola da parte della sanità e della ricerca (5). Necessita uno studio multidisciplinare sui determinanti bio-psico-sociali della salute del bambino correlati alla pandemia Covid-19 per poter elaborare linee guida interdisciplinari mirate a ridurre gli effetti negativi e a superare le problematicità emerse sul piano sanitario, psicologico e sociale.
Anche di non trascurare, anzi porre una particolare cura e supporto psicologico ai piccoli minori più vulnerabili (6) con disabilità o provenienti da famiglie in difficoltà, aggravate dagli effetti negativi del Covid e dalla chiusura dei servizi educativi.
L’ultima raccomandazione è quella di «promuovere un’educazione alla responsabilità nei confronti della salute individuale e della salute pubblica (7), particolarmente per le esigenze dettate dalla pandemia, e ciò sia all’interno dell’iter curriculare scolastico sia con iniziative formative extracurriculari con il coinvolgimento anche dei familiari».