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Parità tra uomini e donne. Il 9 marzo il Parlamento UE voterà risoluzione per rompere gli ultimi ostacoli alla parità di genere

05 Marzo 2015

Lavoro, tutele e salute della donna. E’ questo l’oggetto della risoluzione “Sui progressi concernenti la parità tra donne e uomini nell’Unione europea nel 2013” del parlamentare socialista europeo, il belga Marc Tarabella, che sarà discussa dal parlamento UE il prossimo 9 marzo, dopo il voto favorevole in Commissione del 29 gennaio scorso (24 sì, 9 no e 2 astenuti).

“La crisi – si legge nella relazione – ha colpito duramente le economie e le società europee. Dopo un periodo di austerità, è arrivato il momento di rilanciare la crescita affinché l’Europa diventi, come previsto dalla strategia Europa 2020, un’economia intelligente, sostenibile e inclusiva”.

Ma in questo quadro, si legge ancora, “è indispensabile considerare la prospettiva di genere e del diritto delle donne nell’elaborazione delle politiche e delle procedure di bilancio, in particolare nel quadro delle politiche per la ripresa, effettuando analisi sistematiche dell’impatto in base al genere”.

Di questo passo soltanto nel 2084 salari uguali per uomini e donne. “Se la tendenza attuale continua, soltanto nel 2084 il salario di donne e uomini sarà equivalente”, si sottolinea ancora. E si ricorda poi lo studio dell’OCSE del dicembre 2012, intitolato “Closing the gender gap – Act now”, secondo il quale il PIL dell’UE potrebbe aumentare del 12% se vi fosse una reale parità tra donne e uomini sul mercato del lavoro. Per questo, si legge ancora nella relazione alla mozione, “una reale uguaglianza nella vita professionale è indubbiamente il presupposto del ritorno alla crescita”.

Ma per Tarabella, “è altresì fondamentale che il Consiglio si pronunci in merito al congedo di maternità. La direttiva attualmente in vigore, che risale al 1992, non riflette l’evoluzione della società e non protegge adeguatamente le madri. Bisogna dunque aggiornarla il prima possibile; il Parlamento europeo coglie l’occasione per ribadire la sua volontà di collaborare per raggiungere un compromesso”.

Come preoccupa “il persistere di stereotipi”. “È necessario un cambiamento di mentalità – si legge ancora nella relazione – al fine di ridurre la segregazione orizzontale e verticale, affinché donne e uomini possano finalmente svolgere la professione che desiderano, al livello di responsabilità che desiderano”. A partire dalla promozione di “misure volte a conciliare la vita privata e la vita professionale, e che riconoscano e valorizzino la partecipazione dei padri e delle madri alla vita familiare”.

E in questo quadro “è indispensabile che i genitori possano accedere a servizi di assistenza all’infanzia di qualità e a tempo pieno”. Secondo la relazione della Commissione del 3 giugno 2013, intitolata “Obiettivi di Barcellona – Lo sviluppo dei servizi di cura della prima infanzia in Europa per una crescita sostenibile e inclusiva”, solo 6 Stati membri hanno raggiunto entrambi gli obiettivi: la Svezia, il Belgio, la Francia, la Slovenia, la Danimarca e il Regno Unito.

“Tuttavia, il costo dei servizi di assistenza continua a rappresentare un ostacolo considerevole”, e “difatti, il 53% delle madri che dichiarano di non lavorare o di lavorare a tempo parziale per motivi legati ai servizi regolamentati di custodia considera tale costo un ostacolo. Questa percentuale supera il 70% in Irlanda, Paesi Bassi, Romania e Regno Unito”.

Il problema della povertà femminile. “Il 22% delle donne anziane è soggetto al rischio di povertà, contro il 16,3% degli uomini”. “La situazione precaria delle donne anziane – precisa la relazione – è una conseguenza diretta del divario retributivo di genere. La pensione delle donne è in media inferiore del 39% rispetto a quella degli uomini e in Europa più di un terzo delle donne anziane non percepisce alcuna pensione. È necessario istituire meccanismi correttivi, in particolare riformando le politiche fiscali e le disposizioni in materia di indennizzo”.

La violenza contro le donne. “Anche la lotta contro la violenza nei confronti delle donne è una sfida cruciale della società”. A tal proposito il relatore ricorda la posizione del Parlamento europeo in materia, sottolineando “l’importanza della raccolta di dati comparabili in tutti gli Stati membri. Il lavoro dell’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere è fondamentale”.

La questione dei diritti sessuali e riproduttivi. “Si tratta di una questione di sanità pubblica e di rispetto del diritto fondamentale delle donne al proprio corpo. A tal proposito è importante ricordare i grandi principi politici che il Parlamento europeo ha già sostenuto in passato”. E per farlo la mozione prevede si operi affinché sia garantito “un accesso agevole alla contraccezione e all’aborto” e siano incentivate tutte quelle azioni “volte a migliorare l’accesso delle donne ai servizi di salute sessuale e riproduttiva e a meglio informarle sui loro diritti e sui servizi disponibili”. E infine l’invito agli Stati membri e la Commissione “a porre in atto misure e azioni per sensibilizzare gli uomini sulle loro responsabilità in materia sessuale e riproduttiva”.

La sperimentazione di genere. Un espresso monito invita agli Stati membri, anche per l’applicazione del regolamento (UE) n. 536/2014 sulla sperimentazione clinica di medicinali per uso umano, “a garantire la parità nella rappresentazione tra uomini e donne nella sperimentazione clinica prestando particolare attenzione alla trasparenza per quanto riguarda la composizione di genere dei partecipanti”.

fonte: Quotidiano Sanità

approfondimenti:

testo risoluzione UE: http://www.quotidianosanita.it/allegati/create_pdf.php?all=4961800.pdf

parere del Comitato di Bioetica http://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?approfondimento_id=5939

Lara RealeGiornalista ScientificaRedazione Web Arcidiocesi di Torino