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Piemonte. Liste di attesa in recupero ma tempi troppo ristretti per le visite, scontento tra i medici Sminuisce il valore della relazione autentica di cura tra medico e paziente

15 Luglio 2022

Delle risorse economiche disposte ulteriormente dalla Giunta, ad aprile di quest’anno, per il recupero delle liste di attesa, il 24 per cento su 36milioni 800mila, come riporta la nota regionale, potevano essere usufruite dalle asl locali per potersi avvalere delle strutture private accreditate fino al 100 per cento per le prenotazioni di prescrizioni di prime visite e primo accesso tramite il Centro unico di prenotazione regionale. Entro giugno si prevedeva una ripresa del 30% delle liste di attesa su prestazioni ambulatoriali di primo accesso e a fine dell’anno la ripresa di tutte le attività dal pre-Covid.

La modalità scelta da alcune asl torinesi ha creato però un certo scontento da parte di medici a tal punto da inviare all’Ordine dei Medici di Torino la loro preoccupazione per non poter riuscire più a svolgere la loro professione come viene richiesta con competenza, tramite ascolto e analisi dei dati, nei confronti dei pazienti: il tempo della relazione, che è il “tempo della cura” è stato ridotto ulteriormente a quello che già attualmente vive ogni medico, che si vede sottrarlo al paziente, per il disbrigo dei diversi compiti burocratico- amministrativi.

Medici neurologi, specialisti ambulatoriali si sono lamentati per il vedersi accorciare la durata massima delle visite specialistiche. L’Ordine dei Medici di Torino riporta in una nota tale criticità con un esempio tra le segnalazioni pervenute, che riguarda la neurologia. Nei venti minuti a cui si è ridotto il tempo di visita per un assistito si dovrebbe «ascoltarlo, leggere tutta la documentazione sugli esami effettuati in precedenza, formulare o confermare una diagnosi, prescrivere una terapia valutando le possibili controindicazioni, spiegare come assumere i farmaci, programmare i controlli futuri, espletare tutte le procedure amministrative previste, fra cui la compilazione delle ricette dematerializzate e la stesura del referto sul sistema informatico». Viene fatto osservare che una procedura eseguita di fretta comporta il rischio di una diagnosi errata o incompleta o ancora sminuire la fiducia nel paziente verso il medico che è alla base di una relazione autentica di cura e anche come pur trattandosi di una visita di controllo è come se fosse in realtà la prima, in quanto «in molti casi non è effettuata dallo stesso medico che si era occupato del primo accesso».

Non è tardato il sostegno da parte del presidente dell’Ordine, Guido Giustetto, che ha ricordato come «già in passato l’Ordine si è espresso chiaramente anche in via ufficiale con un documento del nostro Consiglio contro l’imposizione di tempi di visita non condivisi, che possono influire negativamente sul rapporto medico-paziente». Il recupero delle prestazioni sanitarie è una priorità sia per le Asl che per la popolazione ma, conclude Giustetto, «non può assolutamente andare a discapito del tempo di ascolto e di cura dei pazienti».

I ritardi accumulati negli screening italiani durante la pandemia

Dal monitoraggio dell’andamento degli screening oncologici durante la pandemia da Coronavirus, per il periodo dal 1 gennaio 2020 al 31 maggio 2021 l’Osservatorio nazionale screening (Ons) nella sua quarta indagine quantitativa ha rilevato «una riduzione del numero di persone esaminate (-35,6% cervice, -28,5% mammella, -34,3% colon retto) piuttosto consistente per tutti e tre i programmi di screening con percentuali più contenute per lo screening mammografico». Ritardi diagnostici che comportano un peggioramento della prognosi o maggiori morbilità.

Per il test della cervice le donne nella fascia di età tra i 25 e i 64 anni sono state in meno esaminate, rispetto al 2019, pari a 784mila circa, mentre il numero stimato delle lesioni Cin2+ perse per ritardo diagnostico è pari a 3500, che va da -8 della Valle d’Aosta a – 727 del Piemonte. Ripercorrendo i dati regionali il Piemonte, tra le più colpite durante la pandemia, riporta una riduzione di 113mila esami in meno, seguita dalla Lombardia con 88mila, l’Emilia Romagna e il Veneto attorno ai 75 mila.

Quello mammografico è pari a 816 mila donne in meno e con una stima di 3500 carcinomi non diagnosticati. In testa vi è la Lombardia con 191mila esami in meno, seguita da Piemonte con 90 mila esami in meno, Lazio con 87mila.

Per l’esame al colon retto, tramite ricerca del sangue occulto fecale o rettosigmoidoscopia, il numero di donne e uomini tra 50 e 70 anni esaminati in meno sono un milione e cento mila, pari a una riduzione del 34,3%, mentre si stima a causa di un ritardo diagnostico 1300 casi di carcinomi colorettali non diagnosticati e 7700 lesioni per gli adenomi avanzati persi. La Lombardia è la regione con la maggiore riduzione di esami, 550mila, poi il Lazio con 110 mila, il Veneto e la Campania con circa 83 mila esami in meno.

Vengono mostrate differenze fra regioni nel recuperare i ritardi nell’offerta dei test: «alcune regioni si sono maggiormente concentrate nell’invito ai già aderenti, mentre alter nell’invito ai non aderenti, condizionando quindi l’entità della prepensione alla partecipazione». Quest’ultima si è rivelata più contenuta nello screening mammografico (-10%) seguita da quello colorettale (-13 %) e più rilevante in quello cervicale (- 20%). Tra le ipotesi di una minore partecipazione agli inviti per il test arrivati in ritardo rispetto alla scadenza programmata la scelta per il privato senza convenzione con il ssn, in particolare modo per la ricerca del cancro alla cervice da parte di persone più abbienti e con livelli di istruzione più elevati. «Di conseguenza le persone che potrebbero aver maggiormente risentito dell’impatto negativo del ritardo sarebbero quelle appartenenti alle fasce di popolazione più fragile. Ė quindi auspicabile monitorare questa specifica dimensione in fase di ripresa con un utile supporto delle rilevazioni “Passi”», commentano gli Autori del Gruppo di lavoro dell’Osservatorio Mantellini P., Falini P., Gorini G. et al.

Dai dati di copertura dei Lea per gli screening messi a confronto tra 2019 e 2020 emerge un quadro in cui alcune regioni si trovassero in una situazione già critica sul recupero di ritardi degli esami in epoca prepandemica.

redazione Bioetica News Torino