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News dall'Italia

Protesi ortopediche: tra interventi, incidenti e sicurezza

20 Gennaio 2022

In venti anni, dal 2001 al 2019, il numero degli interventi di impianti di protesi ortopediche eseguite in Italia è andato crescendo in modo considerevole. Da 105 mila nel primo anno si è passati nel 2018 a 210 mila e nel 2019 è arrivato ad un totale di 220 mila interventi artroprotesici eseguiti all’anca, alla spalla, alla caviglia e ad altre articolazioni secondo il rapporto annuale dell’Iss del Registro italiano Artoprotesi RIAP 2020 (pubblicato agosto 2021) dai dati di analisi delle schede di dimissioni ospedaliere (Sdo).

Il Riap è il registro che serve per monitorare il volume, la sicurezza e gli esiti degli impianti protesici ortopedici per rintracciare con tempestività i pazienti in caso di richiamo dal mercato del dispositivo impiantato, tracciare pazienti a rischio in caso di eventi avversi, valutare i dispositivi impiantabili; fa parte del Registro nazionale delle Protesi impiantabili (Ripi) istituito presso l’Istituto superiore di Sanità. Al 31 dicembre 2020 non tutte le regioni e istituzioni interessate vi aderiscono.

Riguardo al 2019 il Riap ha raccolto dalle strutture dati relativi a 75mila interventi, di cui 41mila di anca, 32 mila di ginocchio, mille200 di spalla e 3 di caviglia, registrando un incremento del 7% degli interventi raccolti nel 2018, in particolare per spalla, ginocchio e anca. Ha elaborato il controllo di qualità (CQ) su interventi e dispositivi ammessi all’analisi rispettivamente il 96% e il 93%.

Per l’anca sono stati ammessi alle analisi 39 mila interventi su 41 mila. Il 73% dei casi registrati è stato sottoposto a sostituzione totale, il 20% parziale e il 5% a revisione. L’artrosi primaria ( 89%) costituisce la principale causa di intervento primario totale in elezione seguita da necrosi della testa del femore (4%) e dagli esiti di displasia o lussazione congenita (2%).
La revisione ha interessato casi di mobilizzazione asettica, soprattutto della coppa, lussazione, frattura periprotesica e infezione.

Al ginocchio sono stati raccolti 32 mila interventi di cui 31mila ammessi alle analisi. Sono stati eseguite per la maggior parte sostituzioni totali del ginocchio e il restante monocompartimentali. Nella quasi totalità degli interventi la causa principale risulta l’artrosi primaria.
La revisione è dovuta a mobilizzazione asettica, a protesi dolorosa e infezione.

Impianti protesici di spalla riguardano 1.263 interventi raccolti di cui 1246 sono stati ammessi alle analisi. Gli interventi primari – sostituzioni totali, parziali – rappresentano il 97% dei casi. La causa principale di intervento primario è l’osteoartrosi eccentrica, seguita da frattura e osteoartrosi concentrica.
La revisione, costituita dal 2%, è dovuta a instabilità, mobilizzazione asettica, infezione e lussazione.

Ciminello e Urakcheeva del gruppo di Riap-Covid osservano un rinvio per più di 50 mila pazienti per interventi di protesi durante il lockdown nel 2020.

Quali e quanti incidenti legati alle protesi ortopediche?

Le patologie dell’apparato muscolo-scheletrico rappresentano la seconda causa di disabilità a livello mondiale, che interessa per la maggior parte le persone anziane per diversi motivi, longevità, malattie legate all’invecchiamento come l’osteoporosi, cadute. Gli interventi di impianti al ginocchio e all’anca contribuiscono ad un miglioramento della qualità di vita ripristinando la funzionalità articolare e facendo diminuire il dolore.

Le protesi ortopediche appartengono alla III classe del gruppo di dispositivi medici invasivi, quella a maggior rischio potenziale perché viene impiantata per un lungo periodo (oltre i 30 giorni) ed è per questo che vi è una doverosa vigilanza da parte del Ministero della Salute attraverso le analisi delle segnalazioni di incidenti pervenutele sia dai fabbricanti che dagli operatori sanitari, e poi registrate ella banca dati Dispovigilance.

Per incidente si intende il malfunzionamento o alterazione delle caratteristiche o prestazioni di un dispositivo medico, inadeguata etichettature o istruzioni per l’uso che possono essere causa di decesso o grave peggioramento delle condizioni di salute di un paziente o di chi li usa; motivi che comportano il ritiro dei dispositivi dal mercato.

Il Rapporto ministeriale riferito al 2019 sulle attività di vigilanza sui dispositivi medici, datato 2020 e pubblicato sul sito istituzionale il 21 giugno 2021, descrive che sono pervenute al Ministero della Salute nel 2019 500 segnalazioni corrispondenti alla Classificazione nazionale dei Dispositivi medici (CND P09) e la maggior parte, 321, riguarda le protesi d’anca. Seguono quelle dei mezzi per osteosintesi e sintesi tendineo-legamentosa (76), del ginocchio (57), strumentario monouso per protesica ortopedica (17) e protesi e sistemi di stabilizzazione della colonna vertebrale (16).

Rileva nelle regioni e Province autonome negli anni 2018 e 2019 «un differente comportamento relativamente alla segnalazione di incidente (come la Emilia Romagna e la Toscana) ed altre in cui invece si evidenziano fenomeni di sotto segnalazione».

Nel 2019 le segnalazioni di incidente CND P0908 relativa alle protesi di anca, le più rappresentative, riguardano: teste femorali per protesi parziali e totali (72 segnalazioni), componenti acetabolari per protesi di rivestimento (60 segnalazioni), steli femorali cementati e non cementati da revisione (44 segnalazioni), inserti di protesi d’anca (40 segnalazioni), altre (31 segnalazioni).

Nel 2019 gli avvisi di sicurezza su protesi ortopediche pubblicati sul sito del Ministero della Salute provenienti dai fabbricanti riguardano per il 24% le protesi d’anca, di ginocchio (24%) e per il 21% i mezzi per osteosintesi e sintesi tendineo-legamentosa.

I dispositivi protesici impiantabili e prodotti per osteosintesi è la categoria della classificazione nazionale dispositivi medici (CND) che nel 2019 ha avuto più decessi, 38, il 50% dei totali, su 1600 segnalazioni e tra le prime di dieci più rappresentative della CND al secondo livello di stratificazione che dalle segnalazioni pervenute hanno portato ad un inaspettato peggioramento dello stato di salute o serio pericolo per la salute pubblica.

Una ricerca presenta un rilevamento non invasivo nella ricerca delle micro-fratture nelle protesi

Uno studio sperimentale italiano dell’Università Tor Vergata di Roma, guidato dal professor Gaetano Marrocco, docente di Tecnologie elettromagnetiche senza fili e direttore del corso di laurea di Ingegneria medica, ha ideato e progettato un sensore ad alta tecnologia da applicare nella protesi ortopedica, capace di trasmettere all’esterno, in modalità wireless, tramite un lettore le informazioni sullo stato di salute della protesi; ossia le informazioni di monitoraggio che interessano il medico e il paziente.

Quanto dura la vita di sopravvivenza di una protesi ortopedica? Generalmente dura anni ma può avere dei cedimenti prematuri. Una delle cause principali, spiega il prof. Marrocco, in una nota di ateneo (18 gennaio 2022)di pubblicazione dello studio, «è la generazione di micro-fratture dovute alla fatica» e costituiscono «un problema ancora lontano dalla risoluzione, nonostante i recenti progressi nella progettazione ne abbiano ridotto significativamente l’incidenza». La ricerca di Nappi, Gargale, Marrocco et al. è apparsa sulla rivista scientifica internazionale IEEE Journal of Electromagnetics, RF and Microwaves in Medicine and Biology, (2021), A Fractal-RFID Based Sensing Tattoo for the Early Detection fo Cracks in Implanted Metal Prosteses.

La nota spiega che il rilevamento può avvenire con una diagnostica invasiva come la risonanza magnetica o i raggi X e nei casi peggiori viene dato dal paziente stesso all’insorgenza del dolore che avviene però quando il danneggiamento è ormai avanzato.

Per il prof. Marrocco «l’inevitabile inconveniente di un intervento di revisione potrebbe invece essere mitigato a condizione che la generazione di micro-fratture sia tempestivamente identificata nello stato iniziale e il paziente sia sottoposto, quando possibile, a una opportuna correzione posturale».

Questo sensore, chiamato anche “tatuaggio elettronico” si forma, viene spiegato, con un’incisione sulla superficie della protesi, sia metallica, ceramica o polimerica, che poi viene riempita con un isolante e una vernice conduttiva che forma l’elettrodo, che è collegato ad un microchip. Non è invasivo della protesi ortopedica e rileva le informazioni utili: «un’innovazione che apre la strada ad una diagnosi precoce per il paziente», afferma Marrocco, che suggerisce che il microchip con la piccola memoria interna potrebbe svolgere la funzione di “una cartella clinica digitale” che conserva dati tecnici e medici.

CCBySa

redazione Bioetica News Torino