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Quali effetti ha il consumo di alcol sulla salute? E nella società? Nella Relazione del ministero della Salute

18 Dicembre 2020

Il Ministero della Salute ha pubblicato la Relazione, presentata al Parlamento agli inizi di dicembre, sul quadro epidemiologico del consumo di alcol nella popolazione italiana nel 2018, su iniziative intraprese per ridurne il consumo a tutela della salute individuale e l’impatto nella società e sulle criticità. Quali danni può provocare alla salute? Esistono differenze di età per il consumo, vi sono alcune fasce di età più di altre da tutelare? Come comportarsi per mantenere uno stile di vita sano?

Prima di diffondere i dati raccolti e analizzati dal Ministero, perché la Relazione è così importante ed attesa ogni anno?

L’alcol è dalle Agenzie Internazionali di salute pubblica considerato “una sostanza tossica e cancerogena” e l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro lo classifica nel gruppo 1, “sicuramente cancerogeno per l’uomo”. L’etanolo non è un nutriente, contiene solo gli zuccheri come sostanza nutritiva, ma ha un alto potere calorico pari a 7 kcl pr g. Un bicchiere al giorno pari a 12 grammi di alcol corrisponde circa 70 kcal. Il suo apporto energetico andrà ad aggiungersi a quelle già del fabbisogno oppure a sostituire le calorie apportate da alimenti importanti per la nutrizione. L’etanolo ha la capacità di sciogliersi nell’acqua corporea e diffondersi in tutti i distretti corporei eccetto il tessuto osseo e adiposo. Contribuiscono agli effetti avversi al’uso di alcol sia la quantità assunta che il livello di concentrazione di etanolo nel sangue, ovvero l’alcolemia. I rischi a cui si può andare incontro vanno dalle problematiche legate al peso ai danni al fegato – epatiti alcoliche, steatosi, cirrosi, al tratto dell’apparato digerente – gastriti acute e croniche, ulcere, emoraggie, pancreatiti, al sistema nervoso – correlate alla neurotossicità dell’acetaldeide, ai tumori – bocca, faringe, laringe, esofago, fegato, mammella, colon-retto.
Tanti sono i fattori da cui dipende la metabolizzazione dell’alcol; una volta assunto in 30-60 minuti è distribuito in tutto l’organismo dipende da: quantità ingerita, modalità di assunzione – digiuno o al pasto, composizione corporea, peso, sesso, età, genetica, etnia, capacità individuale di metabolizzazione dell’alcol, abitudine al bere, uso di farmaci. Esiste una differenza di genere: le donne per minore percentuale di acqua corporea hanno un’alcolemia più elevata degli uomini; di età: gli anziani e donne presentano una minore capacità di metabolizzazione; i giovani per peso, soprattutto i minori, hanno una minore efficienza dei meccanismi di metabolizzazione dell’alcol. E riguardo a questi ultimi, l’acetaldeide, metabolita primario dell’etanolo, quale sostanza neurotossica va ad agire sui neuroni del cervello ancora in sviluppo e lo danneggia in modo irreversibile.
Quindi, per diversi fattori menzionati, non esiste una soglia sotto il quale si può bere senza rischi; tuttavia si può dire che le linee guida italiane indicano un uso a “basso rischio” corrispondente a un consumo di 2 unità alcoliche per l’uomo pari a 24 grammi e 1 per la donna adulta e anziani pari a 12 grammi.

L’Istituto Superiore di Sanità riporta nel documento che nel 2016 nell’Unione Europea sono morte 290 mila persone per patologie oncologiche attribuibili all’uso di alcol (il 29%), cirrosi epatica (20%), malattie cardiovascolari (19%) e lesioni (18%) e fra queste maggiormente le vite dei giovani adulti. Di tutti i decessi attribuibili all’alcol nel mondo il 28% è causato da incidenti stradali e atti di autolesionismo e violenza interpersonale.

alcol e cibo
da Pixabay

Il monitoraggio riguarda così il consumo abituale che eccede le quantità di alcol definite a minor rischio (lower-risk drinking): sotto i 18 anni va evitato, per le donne adulte e gli anziani ultra 65enni al giorno non va superata una Unità di Alcol puro (UA) mentre per gli uomini adulti non oltre le due Unità di Alcol. I minori non possono bere alcolici, la legge ne vieta vendita e somministrazione, e dovrebbero comunque astenersi anche via occasionale, proprio per motivi legati alla salute come menzionato pocanzi. L’Istituto Superiore di Sanità fa osservare come a partire dagli 11 anni nel 2018 circa 5 milioni e 500mila persone hanno dichiarato di aver abitualmente ecceduto nell’uso, e purtroppo la percentuale più alta è quella della fascia degli adolescenti di 16-17 anni e tra gli anziani ultra 65 anni. Poi anche il consumo fuori pasto che a partire dagli 11 anni è cresciuto, un comportamento che riguarda quasi quasi 16 milioni di persone nel 2018. Infine il fenomeno del binge drinking ,in cui si assume in un’unica occasione di consumo elevate quantità di alcol, solitamente pari a 60 grammi ( 5-6 unità alcoliche, 1 equivale a 12 grammi di alcol puro) che desta preoccupazione in particolare per i più giovani per i gravi rischi che può comportare alla salute di chi beve e la sicurezza verso gli altri. Si è rilevato che nel 2018 hanno consumato 6 o più bicchieri di bevande alcoliche in un’unica occasione nel 2018 sono dagli 11 anni in su 4 milioni di bevitori binge.

Adolescenti, giovani e alcol

Uno studio transnazionale HBSC, che monitora il comportamento, le condizioni sanitarie e i contesti sociali di ragazzi dagli 11 ai 15 anni, pubblicato nel 2018 e riferita alla regione Europea dell’Organizzazione Mondiale della Salute. Emerge che nel 2014 il 12,9% dei 15enni beve regolarmente, con cadenza settimanale, si ubriacano, almeno due volte, un quarto dei ragazzi (245) e più di un quinto le ragazze (21%), mentre si inizia a bere in età precoce, entro o prima dei 13 anni. Riguardo ai gusti che nel 2014 la birra è la bevanda più consumata tra i giovani e in Italia la prevalenza è fra le più alte nella regione Europea. Bere settimanale, ubriacarsi e iniziazione precoce all’alcol avviene maggiormente tra gli adolescenti nelle famiglie ad alto reddito.

Si è avuto un andamento di consumo di alcol decrescente negli anni a fronte di un programma di strategie politiche in Europa dell’Oms. Ha avuto un riscontro positivo, basti pensare che nei paesi come il Regno Unito caratterizzato da un’alta prevalenza a comportamenti rischiosi alcol-correlati si abbia una diminuzione di casi. Il controllo dei prezzi, l’aumento del limite di età per l’acquisto può aver contribuito ad un calo nei consumi e poiché la tassazione pare essere stata quella più efficace, si afferma nel documento, seppure l’adozione di modalità differenti ha reso un andamento diverso tra i Paesi. Un altro intervento di contrasto al bere riguarda la limitazione o il divieto di pubblicizzazione di alcol.

In Italia tra i giovani i 18 e i 24 anni sono più diffusi i comportamenti a rischio per il consumo di alcol, e tra questi il binge drinking, che è frequente anche tra i giovanissimi dagli 11 ai 17 anni. E tra le bevande più preferite vi è la birra, seguita da aperitivi alcolici per i ragazzi mentre per le ragazze si rovescia l’ordine.

Il binge drinking e il continuo bere in quantità eccessive causano effetti simili a quelli delle sostanze psicotrope illegali: inducono dipendenza fisica, psichica, assuefazione, craving, compulsività e altri disturbi di comportamento e, provocano danni notevoli a livello sociale.

Ingressi in Pronto soccorso

Nel 2018 in Italia si sono avuti, dai dati del ministero della Salute, circa 40mila accessi attribuiti a patologie causate dall’alcol, caratterizzati da una diagnosi principale o secondaria. Attorno al 70% si tratta di cittadini italiani, e il 3,5% romeni, seguiti da marocchini, polacchi e albanesi. Maggiormente il genere maschile, in particolare nella fascia di età tra i 18 e i 44 anni. Prevale l’assegnamento del codice verde nel triage medico, più della metà circa il 66%, mentre il rosso si aggira attorno ai 2%. Il 70% ha avuto dimissione a domicilio mentre il 5% rifiuta il ricovero e lo 0,5% abbandona l’ospedale in corso di accertamenti. Il 15% è stato assegnato una diagnosi principale di abuso di alcol ed episodico mentre lievemente inferiore il 12% una diagnosi di effetti tossici dell’alcol etilico. Vi giunge poco più della metà tramite l’ambulanza 118 e per un 27% in modo autonomo.

Nelle diagnosi attribuibili all’alcol alla dimissione del paziente risultano soprattutto per malattia epatica cronica come steatosi, epatite e cirrosi attorno alle 30 mila persone (56%), seguite dalle sindromi da dipendenza da alcol (12 mila) , come intossicazione acuta – ubriacatezza acuta in corso di alcolismo, e alcolismo cronico e dipsomania, e poi al terzo posto, per abuso di alcol per effetti postumi dell’ubriacatura, circa 8 mila.

Incidenti stradali

Nel corso del 2018 hanno riportato lesioni negli incidenti stradali 172.500 persone con circa 3300 vittime e 242mila feriti. Dati in calo rispetto all’anno precedente. Riguardo ai comportamenti sono diminuite le sanzioni per guida in stato di ebbrezza alcolica mentre sono aumentate quelle sotto l’influenza di sostanze stupefacenti. In stato di ebbrezza risultano soprattutto i giovani conducenti di autovetture tra i 25 e i 32 anni accaduti di notte corrispondente all’80% delle sanzioni.

Per quel che riguarda la guida sotto l’influenza da alcol, su 58.600 incidenti 5.000 risultavano in stato di ebbrezza, tendenza in aumento rispetto all’anno precedente. Dai dati riferiti a controlli operati da Polizia stradale e carabinieri nelle notti di fine settimana per contrastare il fenomeno delle stragi del “sabato sera”, risulta che tra i conducenti sottoposti a controllo con etilometro è risultato positivo il 5%.

Farmaci per la terapia farmacologica

In Italia sono approvati per il trattamento della dipendenza alcolica sei farmaci: disulfiram, acamprosato, naltrexone cloridrato, sodio oxibato, metadoxina e nalmefene. Tali molecole differiscono tra loro per il differente meccanismo d’azione, che si riflette poi sulle specifiche dell’indicazione terapeutica, oltre alla diversa modalità di erogazione e rimborsabilità. Infatti, su un totale di 35 confezioni autorizzate in Italia, 19 confezioni (54%) risultano in commercio nel 2018. Di queste, 13 sono a totale carico del SSN: 2 confezioni a base di sodio oxibato classificate in fascia di rimborsabilità H e 11 confezioni (8 a base di naltrexone, 2 di acamprosate e 1 di disulfiram) classificate in fascia A; le restanti 7 confezioni risultano a totale a carico dei cittadini (fascia C): una a base di disulfiram e tutte quelle a base di metadoxina e nalmefene. La spesa farmaceutica nel 2018 in regime di assistenza convenzionata si è aggirata attorno al milione di euro.

Sono state dispensate 1,9 milioni di dosi di medicinali per il trattamento di dipendenza alcolica. Rispetto all’anno precedente, è stato osservato una riduzione dei consumi (-149 mila dosi, -7,5% rispetto al 2017), dovuto soprattutto alla riduzione dei consumi di disulfiram. I medicinali a base del naltrexone, anche se impiegati prevalentemente nel trattamento della disassuefazione della dipendenza da oppiacei, continuano a registrare un incremento dei consumi (+13%).

Redazione Bioetica News Torino