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Rapporto CeDAP: denatalità, primo figlio con più di 30 anni, ricorso prevalente di PMA Fivet e Icsi dopo i 40 anni

25 Marzo 2021

Calo della natalità, primo figlio in media sui 32 anni di età, taglio cesario risulta ancora eccessivo e viene effettuato soprattutto nelle strutture di cura private accreditate. un sovra-utilizzo degli esami diagnostici in gravidanza, i parti con Pma Fivet e Icsi, sono alcuni dati rilevati e analizzati sui parti in Italia nel 2018 dal Rapporto CeDAPhttp://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_3034_allegato.pdf (certificato di assistenza al parto) – del Ministero della Salute che fornisce informazioni di tipo sanitario, epidemiologico e socio-demografico attorno all’evento della nascita.

Il Rapporto elaborato dal Certificato di Assistenza al Parto (CeDAP) considera 397 punti nascita ospedalieri nel 2018, di cui 368 sono monopresidio e 29 articolati su più presidi a cui corrispondono a 75 punti nascita, identificando 443 singoli punti di nascita. Dal rilevamento CeDAP i parti totali sono 435.113 e rileva 442.676 nati totali (441.457 nati vivi + tasso di 2,59 nati morti ogni 1000 nati). l calo delle nascite continua rispetto ai 461.284 nel 2017. La rilevazione è data dalle schede inviate, certificato redatto entro i 10 giorni alla nascita dall’ostetrica o dal medico che assiste Il parto o dal medico responsabile dell’unità operativa in cui è avvenuta la nascita. I casi di mortalità o di malformazioni le informazioni sono date dal medico che li ha accertati.

Punti di nascita. Considerata la classificazione dei punti nascita in base al numero dei parti annui (meno di 500, da 500 ai 799, da 800 a 999, da 1000 a 2499, da 2500 in poi) si è rilevato un 61,8% presso 156 strutture con almeno 1000 parti effettuati all’anno. Nei centri di grandi dimensioni con almeno 1000 parti annui delle Regioni del Centro-nord sono stati effettuati la maggior parte dei parti, pari a più del 70%: Lombardia, Emilia Romagna, Province Autonome di Trento e Bolzano, Toscana e Lazio. Al Sud la maggior parte, più del 40%, è avvenuta nei centri più piccoli, con meno di 1000 parti annui.

Dei 443 singoli punti di nascita, dove risultano effettuati 434.754 parti, la maggior parte, 388.817 parti, è effettuata presso le strutture pubbliche nei 390 punti nascita. 46 punti di nascita sono quelli delle strutture private accreditate con 45.363 parti. 7 sono i punti di nascita presso le strutture private con 574 parti. Il ricorso al parto a domicilio è registrato in Piemonte, Lombardia, Trentino, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia Romagna, Marche e Puglia, per un totale di 0,06%. Sommando il tutto con uno 0,02% dei parti presso altri luoghi, il numero totale dei parti rilevati è 435.113.

Sui 443 punti nascita sono presenti 120 Unità di terapia intensiva neonatale (Tin) di cui 102 unità sono collocate in strutture con più di 1000 parti annui. Le unità operative di Neonatologia (Uotin) sono 223 con 126 in strutture con più di mille parti annui. Sul totale di 434.574 parti ospedalieri il numero medio di parti per punto di nascita nelle suddette unità è di 981.
Secondo il Rapporto la percentuale emersa dei parti estremamente e molto pre-termine nei punti nascita privi di Terapia intensiva neonatale corrisponde «tra gli indicatori raccomandati dalla Commissione europea ai fini del monitoraggio della salute perinatale (indicatori PERISTAT) ed è inoltre inserito, nella cosiddetta Griglia LEA, tra gli indicatori di monitoraggio dell’assistenza ospedaliera nelle Regioni italiane»: in base alla classificazione dello European Perinatal Health Report 2013, dai dati pervenuti si rileva che su «ogni 100 parti si registrano 6,8 parti pre-termine», quelli inferiori alla 37°sett. di gestazione. Nei punti nascita senza Tin e/o Uon con meno di 500 parti all’anno la frequenza dei parti pre-termine (< 37 settimana di gestazione) è del 3,62%, di questi il 3,05% è dato da parti molto pre-termine (dalle 28 alle 31 settimane di gestazione) e dallo 1,58% dai parti estremamente pre-termine (dalle 22 alle 27 settimane di gestazione).

Età: parti e aborti spontanei. Distinguendo fra italiane e straniere l’età media delle prime è di 32, 9 anni, con un primo figlio a 31 mentre delle seconde è di 30, 5 anni con un primo figlio a 28,7 anni.
Poi considerando i parti il 63,3% provengono da madri coniugate, il 34,3% da nubili e il 2,4% da separate, divorziate o vedove. Le ragazze madri con meno di 20 anni risultano nubili nell’84,5% dei casi e coniugate nel 15%.
Sulla provenienza geografica della madre la maggioranza con il 27, 6% è africana, seguita dal 23,7% dell’Unione Europea, dal 21,8% dagli altri paesi europei, asiatica con il 18,7% e dalle Americhe del Nord/Oceania e Centro Sud per il 8,1%.
Riguardo all’età: sotto i 20 anni la Sicilia è la regione con il numero più alto di parti; tra i 20 e i 29 anni la Sicilia, seguita da Campania, Calabria e la PA di Bolzano; tra i 30 e 39 anni la Basilicata seguita da Lombardia, Marche, Abruzzo, Molise; dai 40 anni la Sardegna seguita da Lazio e Toscana.
Sui 435.113 parti gli aborti spontanei avuti in gravidanze precedenti risultano: il 15,42% per 1-2 aborti, prevalentemente nella fascia di età tra i 40 e i 49 anni per il 25,58 %, seguito dalla fascia di età tra i 50 e i 65 anni per il 20,81% mentre la percentuale più bassa con un 4,32% nell’età tra i 15 e i 19 anni; il 1,06% per più di 2 aborti spontanei, nella fascia di età tra i 50-65 anni per il 5,14%. La regione che ha registrato il numero più alto di aborti spontanei pregressi per parto è la Valle d’Aosta sia nel 2017 che nel 2018 mentre il minor numero è il Lazio sia nel 2017 che nel 2018.

Controlli durante la gravidanza. C’è una differenza tra cittadine italiane e straniere riguardo alle visite. Riguardo alla mancanza di visita in età gestativa sono di più le donne con cittadinanza straniera che non si sottopongono ad alcuna visita, per una percentuale dell’1,9, rispetto allo 0,9% di quelle italiane.
Per le ecografie da una a 3 risultano effettuate in gravidanza aventi il maggior numero in Piemonte (49,7%) seguito dalla PA Trento (41,7%), Veneto (39,9 %), Emilia Romanga (38,1%). Per quelle da 4 a 6 ecografie si distingue la regione Valle d’Aosta (54,5%) seguita da PA Bolzano (52,3%), Friuli Venezia Giulia (53,2%). 7 e più ecografie sono state effettuate prevalentemente in Sardegna (69,9%), Basilicata (65,7). Il Rapporto osserva: «ancora il fenomeno dell’eccessiva medicalizzazione e del sovra-utilizzo di prestazioni diagnostiche in gravidanza. Il numero di ecografie effettuate non appare correlato al decorso della gravidanza».

Tra le diagnosi prenatali invasive l’amniocentesi è quella più effettuata, nel 4,8% sui 435.113 parti, seguita dall’esame dei villi coriali pari allo 2,6 % delle gravidanze e dalla funicolocentesi nello 0,5% delle gravidanze. L’amniocentesi viene eseguita prevalentemente a partire dai 40 anni per il 15,5% dei parti, seguita dallo 11,59 per la fascia di età tra i 38 e i 40 anni.

Parto – durata della gestazione, cesareo, parti plurimi. Il 92,7% corrisponde alla maggior parte dei parti, calcolati su 435. 113, che avviene tra la 37 e la 41 settimana di gestazione mentre lo 0,3% tra la 22 e la 27 settimana di gestazione (parti estremamente pre-termine), lo 0,6% tra la 28 e la 31 settimana di gestazione (parti molto pretermine), lo 0,8% tra 32° – 33° settimana di gestazione e per il 5,1% i parti pre-termine tardivi tra la 34 e la 36ma settimana di gestazione. Oltre le 41 settimane i parti post termine risultano 0,6%. Risulta patologica il 2,8% tra le 28 e le 31 settimane di gestazione nello 0,6% sui parti totali; il 2,9 % nello 0,8 tra la 32 e la 36 settimana di gestazione sui parti totali; il 12,2% tra il range 34 e 36 settimane di gestazione nel 5,1 % sul totale dei parti e l’80,2% tra la 37 e la 41 settimana di gestazione nello 92,7% sui totali dei parti.

Sul taglio cesare su 434.391 parti ospedalieri afferma il Rapporto: «si registra un’elevata propensione all’uso del taglio cesareo nelle case di cura accreditate in cui si registra tale procedura nel 47,6% dei parti contro il 30,5% negli ospedali pubblici». E del 77, 87% presso le strutture private. La maggior parte dei parti è spontaneo nelle strutture pubbliche con il 64,5% e private accreditate con il 48,8%, mentre per il 21,1% nelle strutture private. Sulla differenza di provenienza della madre il taglio cesareo ricorre di più nelle donne con cittadinanza straniera (27% dei parti di madri straniere) rispetto alle donne italiane nel 33,7% dei parti di madri italiane.
I parti vaginali dopo un precedente parto cesareo ricorrono prevalentemente nelle strutture pubbliche (12,2%) rispetto al 4,8% nelle case accreditate e un 2,8% in quelle private.

Il travaglio è spontaneo con 248.453 casi e indotto con 82,077 casi su un totale di parti senza cesareo di elezione 347.772.

Sui parti plurimi viene esplicitamente riferito che l’incidenza è «considerevolmente maggiore nelle gravidanze con procreazione medicalmente assistita, con un valore nazionale pari al 15,86%. La frequenza dei parti plurimi risulta più elevata fra le madri con più di 40 anni». Risultano in totale 7.433 parti plurimi, cifra che rappresenta l’1,6% del totale 435.113. Se si considera per età della madre e tipologia di procreazione medicalmente assistita o meno risulta che: sotto i 20 anni senza PMA i parti plurimi sono lo 0,53% mentre con la PMA pari a 0,0%; tra i 20 e i 29 anni senza PMA i parti plurimi sono 1,01% rispetto alla PMA per il 16,13%; tra i 30 e i 39 anni senza PMA i parti plurimi avvengono per l’1,42% mentre con la PMA per il 16,41%; con più di 40 anni sono senza PMA l’1,56% mentre con PMA i parti plurimi risultano il 15,04%.

Neonato, peso alla nascita, mortalità. Inferiore ai 1500 grammi sono nati vivi l’1% dei nati mentre nel range comune tra 2500 e 3299 il 46,3% e tra il 3300 e 3999 il 41,2% e con un peso alla nascita oltre i 4000 il 5,2% dei nati. Con età gestazionale tra 37 e 42 settimane sono nati prevalentemente con peso alla nascita tra i 2500 e i 2399 grammi il 47,28%, seguita dal peso tra 3300 e 3999 il 44,23%.
Del punteggio Apgar a 5 minuti dalla nascita risulta secondo il peso alla nascita un punteggio sfavorevole, depresso, fra 1 e 3 i nati sotto i 1500 grammi per il 4,5%.
I nati morti risultano 1.148 dei quali una quasi metà (41,9%) non viene riportata la causa di morte – comunque in crescita rispetto al 2017 – mentre per il 34,7% è assente e per il 4,9% è errata e il 18,6% incompatibile con età/sesso.

Sono riportate le prime 30 cause di natimortalità. In numero maggiore, pari al 17,7% dei nati morti, dovute ad “altre e mal definite manifestazione morbose ad insorgenza perinatale”, ad “altri problemi fetali e placentari che interferiscono con il trattamento della madre” per il 17,5%, a “ipossia intrauterina e asfissia alla nascita” per il 15,4%, seguito dall’8,4% per “aritmie cardiache” , dallo 7,3% per “esito del parto”, dal 6,8% dal “feto o neonato affetto da complicazioni della placenta, del cordone ombelicale e delle membrane”. Per “anomalie cromosomiche” per lo 0,3% e per “anencefalia e anomalie simili” per lo 0,4% al pari per aborti spontanei, infezioni specifiche del periodo perinatale, per anomalie congenite del tratto alimentare superiore, malattie respiratorie del feto e del neonato, per ipertensione complicante la gravidanza, il parto e il puerperio.

Sono riportate 5.641 nascite con malformazioni tra le quali 738 non sono indicate o sono riportate in modo errato. La maggior parte, 1049, presenta anomalie del bulbo cardiaco e anomalie della chiusura del setto cardiaco, a cui seguono con 511 le anomalie congenite degli organi genitali, con 459 altre anomalie congenite del sistema circolatorio, con 390 altre anomalie congenite del tratto alimentare superiore, con 383 alcune malformazioni congenite del sistema muscoloscheletrico. Vi sono poi 334 anomalie congenite del sistema urinario e 316 “altre anomalie congenite degli arti”. Attorno al 3% sono malformazioni che riguardano palatoschisi e labioschisi (174), anomalie cromosomiche (163), altre anomalie del sistema nervoso (159) e altre anomalie congenite del cuore (151). Al 2% riguardano altre anomalie muscoloscheletriche congenite, congenite dell’orecchio, della faccia e del collo, del sistema digestivo. Sono rari i casi di spina bifida (12), anencefalia e anomalie simili (8), patologie non infiammatorie dell’ovaio, della salpinge e del legamento largo (4), altra ernia della cavità addominale senza menzione di ostruzione o gangrena (7).

PMA. 11.026 sono i parti con la procreazione medicalmente assistita: la maggior parte, pari al 43,8% con FIVET – fecondazione in vitro e trasferimento embrioni nell’utero – mentre il 35,5% con ICSI – fecondazione in vitro tramite iniezione spermatozoo in citoplasma; tendenza che si è mantenuta negli anni precedenti 2017 e 2016.

Si è ricorso al taglio cesareo sui 11.2016 parti con PMA per il 52,62% e spontaneo per il 37,97%.
I parti plurimi risultano 7.433 di cui il 15,5% nelle gravidanze con riscorso alla PMA. Vi ricorre maggiormente, per il 12,89% donne di età superiore ai 40 anni, seguita da 4,82% da donne in gravidanza con età tra i 38 e i 40 anni.

Commento della Federazione nazionale della Professione Ostetrica

Alla luce del Rapporto CeDAP curato dal Ministero della Salute riferito al 2018, la FNOPO, su Quotidianosanità, fa presente il calo delle nascite e la forte contrazione del numero di donne che decidono di affrontare la gravidanza che destano preoccupazioni per il futuro, la mancanza di un ricambio generazionale, prevedendo la necessità di investire sulla medicina del territorio e potenziale il «personale ostetrico nei consultori familiari, presso i quali la donna accolta dall’ostetrica può trovare il suo punto di riferimento per fare prevenzione, programmare una gravidanza ed essere successivamente seguita in tutto il percorso perinatale. Per realizzare tutto questo, è indispensabile però che chi ne ha la competenza e l’autorità senta l’esigenza di intervenire e di sostenere con i fatti le donne/coppie dando loro gli strumenti e le possibilità concrete per poter realizzare responsabilmente il proprio progetto di maternità e paternità».

redazione Bioetica News Torino