Rianimatori e medici: un documento etico per maxi -emergenza su scarsa disponibilità di posti di terapia intensiva rispetto alle necessità Un testo con cui Fnomceo e Siaarti propongono una modifica al Codice deontologico medico
01 Novembre 2020La rapida ascesa dei casi di contagio fa temere il ripetersi di uno scenario in cui medici e rianimatori si sono trovati alcuni mesi fa all’inizio della pandemia da Covid: in una situazione di emergenza laddove le necessità di ricovero in terapia intensiva sono superiori alle risorse disponibili «i medici si sono trovati a dover scegliere quali pazienti ammettere».
Di comune accordo la Fnomceo e la Siaarti hanno voluto stilare un documento condiviso di comportamento etico ogni qualvolta si presenti una situazione simile, quella generata dall’attuale pandemia da Sars-CoV-2 in corso, o legata ad una maxi-emergenza futura, prevendo che in circostanze drammatiche in cui, data la straordinarietà e l’eccezionalità dell’evento per il quale non tutti possono beneficiare di uno specifico trattamento clinico, dinanzi ad una grave carenza di risorse persistente rispetto alle necessità sia possibile dare «la precedenza per l’accesso ai trattamenti intensivi a chi potrà ottenere grazie ad essi un concreto, accettabile e duraturo beneficio». Hanno stabilito dei criteri di triage per l’accesso. Per chi non risulterà eleggibile si prenderanno «in carico prestando loro le cure appropriate e proporzionate di cui vi sia disponibilità».
Il documento è stato redatto dopo uno studio di lavoro per riflettere su quali criteri scegliere per l’accesso in tali situazioni gravi di straordinarietà valutando anche la possibilità di modificare o integrare il Codice deontologico medico.
Per decidere chi può accedere alle terapie intensive in questi casi straordinari Fnomceo e Siaarti individuano criteri di selezione che li definiscono “rigorosi, espliciti, concorrenti e integrati, valutati sempre caso per caso, quali: la gravità del quadro clinico, le comorbilità, lo stato funzionale pregresso, l’impatto sulla persona dei potenziali effetti collaterali delle cure intensive, la conoscenza di espressioni di volontà precedenti nonché la stessa età biologica, la quale non può mai assumere carattere prevalente».
I criteri di scelta deontologici riguardano nel loro insieme i seguenti parametri: il rispetto, la tutela della dignità e della salute della persona, la proporzionalità e l’adeguatezza delle cure, l’equità d’accesso, il criterio di beneficialità, l’età e/o le altre situazioni di vulnerabilità. Riguardo all’età il documento precisa: «non sia un principio che possa diventare “norma” assoluta ed esportabile in altro contesto e in differenti situazioni. In particolare, va considerato paritario il principio d’accesso alle cure in cui l’età biologica ed altre eventuali vulnerabilità concorrono alla valutazione degli elementi del giudizio clinico». Un punto su cui la posizione si differenzia dal precedente documento nelle Raccomandazioni etiche cliniche per l’ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione, in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili della Siaarti redatte marzo scorso all’emergere di queste problematiche, e sul quale si ebbero accesi dibattiti: «Può rendersi necessario porre un limite di età all’ingresso in TI. Non si tratta di compiere scelte meramente di valore, ma di riservare risorse che potrebbero essere scarsissime a chi ha in primis più probabilità di sopravvivenza e secondariamente a chi può avere più anni di vita salvata, in un’ottica di massimizzazione dei benefici per il maggior numero di persone. In uno scenario di saturazione totale delle risorse intensive, decidere di mantenere un criterio di “first come, first served” equivarrebbe comunque a scegliere di non curare gli eventuali pazienti successivi che rimarrebbero esclusi dalla Terapia Intensiva».
Il medico è tenuto ad informare il paziente che ha diritto ad esprimere un consenso, in caso di incapacità «le scelte sono condivise col rappresentante legale o attuate a seguito di Dichiarazioni Anticipate di Trattamento (DAT) o Pianificazione Condivisa delle Cure (PCC) Il coinvolgimento del familiare è nell’ambito di una corretta comunicazione, salvo espressa delega del paziente». Il medico a sua volta «non agisce in assenza di consenso e in presenza di dissenso» e «in stato di necessità, il medico decide avendo in capo a sé la responsabilità della decisione clinica in base alla posizione sostanziale di garanzia finalizzata a tutelare la persona malata e a non determinarne in alcun caso l’abbandono». Infatti il medico predisporrà assistenza necessaria «affinché l’eventuale progressione della patologia risulti il meno dolorosa possibile e soprattutto sia salvaguardata la dignità della persona, mediante un sostegno idoneo ad alleviarne le sofferenze fisiche, psichiche e spirituali».
Infine il testo prevede che in situazioni di incertezza prognostica si possano avviare trattamenti intensivi e se poi sono ritenuti inefficaci dinanzi a «prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte, il medico deve astenersi dal ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati», e quindi sospendere il trattamento.