Ricerca Aipo sulle qualità delle cure sanitarie nell’ospedalità privata a confronto con quella pubblica
13 Maggio 2019L’ospedalità privata accreditata dà un importante sostegno al Sistema sanitario nazionale del Paese: a livello nazionale le strutture private registrano infatti esiti clinici migliori rispetto agli ospedali pubblici – in 15 su 19 indicatori di qualità delle prestazioni sanitarie. È quanto emerge da un rapporto «Sulla qualità degli outcomes clinici nell’ospedalità privata», elaborato da Innogea, e presentato a Cernobbio in questi giorni, dal 9 al 12 maggio, durante la 55ma Assemblea generale dell’Associazione Italiana Ospedaliera Privata (Aipo), che ha condotto tale ricerca.
Si tratta di un’analisi basata sui dati di esiti clinici dell’ultimo Rapporto 2017 del Programma nazionale esiti (Pne) svolto da Agenas per il Ministero della Salute che comprende la valutazione, l’analisi, la misurazione e il monitoraggio delle performance clinico assistenziali delle strutture sanitarie per poter migliorare la qualità e l’equità di accesso alle cure. Il Pne attinge informazioni dalla scheda di dimissione ospedaliera (SDO) relativa alle dimissioni da ricoveri pubblici e privati in tutto il territorio nazionale e dal sistema dell’anagrafe tributaria. Con il confronto con le strutture ospedaliere e dell’Asl pubbliche la ricerca dell’AIOP − come si legge dal Rapporto Sulla qualità degli outcomes clinici nell’ospedalità privata pubblicato su quotidianosanita.it del 10 maggio − si pone l’obiettivo di valutare l’impatto dell’ospedalità privata sul Ssn riguardo a volume di attività svolte e di qualità di prestazioni fornite, di fornire l’andamento sulla dispersione dei valori tra le Regioni e al loro interno tra le strutture private e di individuare criticità per migliorare i servizi. Gli indicatori usati sono gli stessi nel Pne, i “Treemap” per la valutazione di qualità delle strutture ospedaliere – sono 19 e altri 6 indicatori rilevanti per il volume di casi trattati. Si deve considerare che nella ricerca a livello nazionale tra gli ospedali pubblici non sono compresi quelli “classificati” e gli enti religiosi e le strutture private comprendono case di cura, IRCCS privati e fondazioni private; poi che i dati “ADJ” risultano da una procedura di “aggiustamento” ottenuta semplicemente dal rapporto tra numero dei casi trattati ed esito clinico mentre quella applicata da Agenas di “Risk adjustment” utilizza coefficienti di correzione del dato grezzo considerando fattori diversi quali il genere, l’età ed una serie di comorbilità presenti nell’episodio di ricovero in esame e nei ricoveri avvenuti nei due anni precedenti e viene applicata solo per le strutture che hanno trattato più di 50 casi nel periodo di riferimento. A livello regionale invece sono riportate la Regione, il numero dei casi “grezzi”, il numero dei casi “ADJ”, l’esito “grezzo” e l’esito “ADJ” in percentuale, tra Ospedali pubblici e strutture private. Le tabelle non riportano le Regioni che nel settore privato hanno trattato meno di 100 casi nel periodo considerato da Agenas e quelle che avendo un basso volume di prestazioni fornite non hanno un esito ADJ. Il Rapporto contiene più di 100 tabelle e grafici per poter dare una panoramica della capacità clinica delle strutture ospedaliere private a livello sia nazionale sia regionale.
I 19 indicatori “Treemap” sono suddivisi per sette aree cliniche cardiocircolatorio, nervoso, respiratorio, chirurgia generale, gravidanza e parto, chirurgia oncologica e osteomuscolare. Il settore privato presenta esiti clinici migliori di quello pubblico in 15 indicatori su 19 (si veda la tabella del Rapporto Innogea – AIPO). In verde è segnalato l’esito migliore nel confronto tra pubblico e privato ospedaliero.
Sono quattro gli indicatori in cui il settore pubblico emerge rispetto al privato: frattura del collo del femore over 65 per intervento entro 2 giorni, infarto miocardico acuto con mortalità a 30 giorni, colecistectomia laparoscopia: degenza postoperatoria entro 3 giorni e per parti cesarei primari.
Per l’area clinica cardiocircolatorio l’attività delle strutture private risulta presente in varie Regioni – dove vi siano 100 casi trattati e disponibilità di dati ADJ- in 13 regioni per lo scompenso cardiaco congestizio, in 10 per la valvuloplastica ed il by-pass aortocoronarico, in 6 per l’infarto miocardico acuto e in 4 per la riparazione di aneurisma non rotto dell’aorta addominale. Riguardo alla dispersione a livello regionale, nei dati sulla valvuloplastica, a fronte di una media nazionale del 2,58% per le strutture private e del 2,83% per gli Ospedali pubblici, la Lombardia registra un valore di 1,77% su 4.847 casi trattati e la Campania un valore di 5,21% su 1.324 casi trattati. Tra le regioni vicino alla Campania c’è il Piemonte con 968 casi trattati ed un esito di 2,88%. Il trattamento dell’Infarto miocardico acuto è presente in sei Regioni Lombardia, Emilia Romagna, Lazio, Puglia, Calabria. Sul piano delle dispersioni la mortalità entro 30 giorni va dal 3,66% per la Calabria al 14,6% per l’Emilia Romagna, dato che va approfondito secondo il Rapporto in quanto quest’ultima regione ha la più alta percentuale relativa a pazienti trattati con PTCA entro 2 giorni (93,06% rispetto alla media nazionale esiti 44,8). Nell’area clinica nervoso sul piano dell’Ictus ischemico: mortalità a 30 giorni su media nazionale esiti 10,9 (Rapporto Pne 2017), gli Ospedali pubblici presentano una media di 6,0% mentre le strutture private del 7,41%. Nell’area clinica chirurgica generale per una colecistectomia laparoscopia: degenza postoperatoria entro tre giorni dinanzi ad una media nazionale esiti 72,71, nelle strutture private la percentuale media Adj è 80,86% con interventi distribuiti in 14 regioni, con più di 100 casi trattati e presenta Dati ADJ, mentre nelle strutture pubbliche è di 70,92%. La tendenza è inversa per l’area clinica gravidanza e parto dove la proporzione di parti cesarei registra esiti clinici migliori di quelli privati con una media di 25,37% rispetto a quelli privati con il 38,60%, in 8 regioni Lombardia, Friuli, Lazio, Campania, Puglia, Calabria, Sardegna e Sicilia. Riguardo alle complicanze durante il parto e il puerperio si registra una media di 0,62% nelle strutture private rispetto a 0,97 in quelle pubbliche a fronte di una media nazionale esiti di 0,78%. Nell’area clinica chirurgia oncologica per TM polmone: mortalità a 30 giorni le regioni in sono stati trattati almeno 100 casi dalle strutture private sono Lombardia, Emilia R., Campania, Puglia e Sicilia con una media nazionale dello 1,25% a fronte di 1,30 % nelle strutture pubbliche. Per TM Stomaco mortalità a 30 giorni su una media nazionale esiti di 6,16 si presenta una media nazionale di 2,92% nelle strutture private che è rappresentata dalla sola Lombardia che ha più di 100 casi di intervento chirurgico e dati ADJ. Su nuovi interventi di resezione entro 120 gg da intervento conservativo mammella emerge il 6,45% nelle strutture private in 8 regioni Lombardia, Veneto, Emilia R., Lazio, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia, e il 8,40% in quelle pubbliche a fronte di una media nazionale esiti di 8,26. Per l’area clinica osteomuscolare la frattura del collo del femore superiore 65 di età: intervento chirurgico entro due giorni presenta una media nazionale di 67,16% nelle strutture private in sei regioni con più di 100 casi e dati ADJ Lombardia, Lazio, Campania, Calabria e Sicilia mentre di 20,89% negli ospedali pubblici a fronte di una media nazionale esiti di 57,8.
Si è sempre fatto riferimento al Pne anche per gli altri 6 indicatori concernenti l’alto volume dei casi trattati dalle strutture private nell’area clinica osteomuscolare. Si considerano per le protesi d’anca le riammissioni a 30 giorni, le revisioni a due anni, per le protesi di ginocchio le riammissioni a 30 giorni, le revisioni a due anni, per l’artroscopia di ginocchio il reintervento entro 6 mesi e per le protesi di spalla le riammissioni a 30 giorni. I volumi di procedure eseguite dal privato vanno dal 35,2% per le protesi d’anca al 64,5% per le protesi di ginocchio con una media esiti ADJ di 2,25% nelle strutture private rispetto a 2,59% in quelle ospedaliere e asl pubbliche.
Al di là delle prestazioni eseguite con risultati migliori in numerosi indicatori nel settore privato su quello pubblico, si riscontra una dispersione di valori tra regioni e all’interno delle regioni tra le singole strutture al pari di quanto succede in quelle pubbliche. Si propone dunque a livello regionale di lavorare sulla riduzione delle dispersioni nell’ospedalità privata. Infine il Rapporto mette in evidenza che i grafici sulla dispersione «dimostrano che strutture ospedaliere sia pubbliche che private con lo stesso volume di prestazioni registrano outcomes clinici assolutamente diversi», sollecitando alla riflessione su come e in che modo la dimensione delle strutture ospedaliere e il volume di attività svolta incidono come fattori determinanti della qualità degli esiti clinici. E la risposta data è: «solo se sono fattori che creano le condizioni per progettare ed attuare interventi efficaci sulle quattro dimensioni della qualità», individuandole in tecnico-professionale, organizzativa, ambientale e relazionale che vengono ampiamente discusse.