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Dall’Associazione AIGO riflessioni sulla Relazione ministeriale sui dati 2018 della legge 194/78, in particolare l’aborto farmacologico

30 Giugno 2020

Alcuni giorni dopo la pubblicazione della Relazione ministeriale con i dati del 2018 riferiti all’applicazione della legge 194 del 1978 riguardante la tutela sociale della maternità e l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) l’AIGO, l’Associazione Italiana Ginecologi Ostetrici Cattolici, rileva alcune considerazioni.

La prima riguarda l’aborto farmacologico

L’Associazione fa osservare che, da quanto emerge dalla Relazione, risultano diminuiti gli interventi di IVG registrati nel 2018 rispetto all’anno precedente di 4.405, precisamente  76.328 nel 2018 in confronto con gli 80.733 effettuati nel 2017, ma vi è un “significativo incremento” di confezioni di contraccettivi d’emergenza vendute − + 38.086  − di Ulipristal acetato (ella one) o  pillola dei cinque giorni dopo e Levonorgestrel (Norlevo) o pillola del giorno dopo, per un totale di 598.167. L’incremento può essere legato,  come spiega la Relazione,  alle delibere AIFA del 21 aprile 2015 (per ellaOne) e del 1 febbraio 2016 (per Norlevo) che hanno eliminato l’obbligo di prescrizione per le maggiorenni. L’Associazione vuol fare riflettere sulla perdita di embrioni ricorrendo ai contraccettivi di emergenza. Afferma:  «Calcolando che solo nel 20% delle 598.167 utenti di queste pillole ci sia stata la fecondazione il numero di embrioni in tal modo eliminati sarebbe 101.688!».

TAB 1. Tasso di abortivita per classi di età e per regione 2018 fonte Ministero SalutePoi ipotizza una percentuale del tasso di abortività per le ragazze di età inferiore ai vent’anni assai superiore al 3,9 per mille indicato nella Relazione, pari a  41,58 per mille.  Fa riferimento a quanto il direttore del Centro di Ginecologia del San Raffaele Resnati di Milano, la dr.ssa Alessandra  Graziottin,  affermò nel 2012 a margine di un incontro sul tema Patentino sul sesso sicuro della  Società italiana di Ginecologia e Ostetrica (SIGOT), «più della metà delle 357.800 confezioni di Norlevo vendute nel 2011 erano state acquistate da ragazze con meno di 20 anni» e tiene conto di una  situazione simile.

Inoltre fa notare come dalla Relazione emerge un aumento del 3% e una variabilità fra regioni rispetto al 2017 sull’utilizzo dell’aborto farmacologico con Mifepristone (Ru486) e prostaglandine nelle Regioni che arriva al 20,8% e che raggiunge un picco del 44,1% in Piemonte, del 38% in Liguria, del 36,9% in Emilia Romagna, del 29,3% in Toscana, del 27,8%% in Puglia e del 25,2% nel Lazio.  Sono stati effettuati, dalle informazioni giunte dalle Regioni, nel 2018 15750 interventi IVG con Ru486 mentre nel 2017 erano 14267.

La seconda solleva la questione della certificazione di urgenza

Nella Relazione viene descritto che il  rilascio è maggiore rispetto all’anno precedente (21,3% nel 2018 e il 19,2% nel 2017), il cui aumento che avviene negli anni, può essere un indicatore di problemi di liste di attesa, di carenza di servizi disponibili per effettuare l’IVG o di necessità di ricorso all’urgenza per poter svolgere l’intervento con il Mifepristone e prostaglandine entro i tempi previsti nel nostro Paese (49 giorni di gestazione). L’Associazione  domanda: «Da quando in medicina, per poter fare un tipo di intervento medico più comodo per il medico, viene certificata un’urgenza che impedisce alla donna di avere a disposizione i 7 giorni previsti dalla legge 194/1978 per riflettere ed accogliere il figlio e la espone pure a maggiori rischi per la sua salute ?»  Fa constatare  poi come a pag. 49 della Relazione  emerge che «dai dati del modello D12/Istat relativi al 2018. l’88,5%  delle IVG effettuate con Mifepristone+prostaglandine sono avvenute entro i 49 giorni di gestazione, come indicato in Italia (Supplemento ordinario della GU del 1/12/2009)» e chiede della restante percentuale,  l’11,5%, chi l’abbia autorizzata  e se sono stati presi i necessari  provvedimenti da parte del Ministero.
Dalla Relazione ministeriale si può osservare la durata delle 88,5% delle IVG nel 2018 che  è stata inferiore alle 24 ore e per il 4,8% la donna è rimasta ricoverata  per una sola notte.

Infine, l’Associazione  evidenza attendendo un chiarimento da parte del Ministero della Salute l’anomala situazione della  Liguria che su 816 colloqui IVG ha emesso 884 certificati.

Una terza riguarda l’incompletezza dell’informazione sulle  complicanze

La Relazione ( a pag. 49) descrive che nel 2018 il 96,5% delle donne  sottoposte ad aborto farmacologico non ha riportato complicanze immediate e  solo nel 2,4% dei casi è stato necessario ricorrere all’isterosuzione o alla revisione della cavità uterina per terminare l’intervento, indicando un miglioramento negli anni dell’effettuazione della procedura. Tuttavia essa non fornisce – come fa notare l’AIGO –  informazioni sulla percentuale di controlli post-dimissione e sulle complicanze riscontrate, che nel 2011 erano state riscontrate nel 7,1% del 96,9 % delle donne che avevano fatto il controllo post-dimissione.

L’Associazione pone anche una riflessione sui dati di mortalità materna  in riferimento alle diverse metodiche di aborto farmacologico (RU486, RU 486 in combinazione  con Prostaglandine, Prostaglandine …) dal 2005 al 2018 con dimissione volontaria precoce, ossia prima della completa espulsione del bambino e degli annessi ovulari, la cui percentuale è molto alta, 2,53 ogni 100mila donne, «almeno 25 volte più alta dell’aborto chirurgico».  Evidenzia poi come  in Piemonte l’uso del Mifepristone combinato al prostaglandine nel 2014 presentava una mortalità materna di  1,08 ogni 100mila donne, «la più alta riscontrata in altri lavori e 10,8 volte maggiore di quella dell’aborto chirurgico».

Infine, non sempre i dati al momento della dimissione sulle schede  D12/Istat o su SDO pervenute dalle Regioni al Ministero sono complete di informazioni (ad esempio l’epoca gestionale, tipo di complicanze etc.). L’Associazione rivolge un invito al Ministero affinché la prossima Relazione non contenga la voce “non rilevato”, confidando in una maggiore severità da parte dei funzionari addetti al controllo.

Un quarto aspetto verte sulla necessità di politiche familiari a sostegno della maternità

La maggior parte vi ricorrono donne di età tra i 20 e i 35 anni, che abitano nelle zone maggiormente produttive dell’Italia, dovuto  probabilmente per motivi lavorativi, come spiega l’Associazione.

Infine, un quinto punto sulla obiezione di coscienza nell’IVG

L’aspetto rilevante emergente dalla Relazione è che «l’obiezione di coscienza non rappresenta un ostacolo per l’IVG in Italia e che il 15% dei ginecologi non obiettori non ha fatto alcuna IVG nel 2018».

(Aggiornamento 01 luglio 2020, ore  9.50)
Redazione Bioetica News TorinoRedazione Bioetica News Torino