Rosario Livatino, il giudice santo Un convegno a lui dedicato. "L'unione in Rosario Livatino del diritto con la virtù della giustizia praticata fino alla prova del martirio"
Il 21 dicembre 2020 la Congregazione della Causa per i Santi ha innalzato il magistrato Rosario Angelo Livatino (1952 – 1990) a servo di Dio per il martirio: fedele laico, ucciso, in odio alla fede, sulla strada che conduce da Canicattì ad Agrigento il 21 settembre 1990.
Alla sua figura di magistrato e martire servo di Dio è dedicato il convegno organizzato dal Centro Studi Rosario Livatino, costituitosi nel 2015, a 25 anni dalla morte del giovane giudice siciliano ucciso per mano dei mafiosi nel 1990 mentre si recava al lavoro presso il Tribunale di Agrigento, da un gruppo di giuristi e studia e approfondisce in un quadro di riferimento giuridico tematiche di attualità legate soprattutto al diritto alla vita, la famiglia, la libertà religiosa e i limiti della giurisdizione.
CONVEGNO: si svolge martedì 5 gennaio alle ore 18 su https://ww.facebook.com/centrostudilivatino.
È replicabile nei giorni a seguire sul canale You Tube del Centro Studi Rosario Livatino http://bit.ly/3py45f6
Coordinato da Domenico Airoma e Alfredo Mantovano interverranno:
S. Em. il cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi
S. Ecc. Monsignor Vincenzo Bertolone, arcivescovo di Catanzaro – Squillace postulatore della Causa di beatificazione di Rosario Livatino
Davide Rondoni, poeta
Pres. Federico Cafiero de Raho, procuratore nazionale antimafia
Prof. Avv. Mauro Ronco, presidente del Centro studio Rosario Livatino
Marina Casini, Gigi De Palo, Alberto Gambino, Massimo Gandolfini, Domenica Menorello, Damiano Nocilla e altri.
Alcuni stralci dal decreto della Congregazione della Causa dei Santi:
Il 21 settembre 1990, il Servo di Dio venne ucciso in un agguato, sulla strada statale 640 che conduce da Canicattì verso Agrigento, mentre viaggiava da solo, in automobile, per recarsi in Tribunale, dove lavoravaRosario Livatino.
In quegli anni a Canicattì e in tutto il territorio agrigentino la situazione sociale era scossa da una vera e propria “guerra” di mafia, che vedeva contrapposti i clan emergenti (denominati Stiddari) contro Cosa Nostra, il cui padrino locale era Giuseppe Di Caro, che abitava nello stesso condominio del Servo di Dio.
La dinamica dell’omicidio si caratterizzò per particolare ferocia, come fu riconosciuto dalla Corte d’Assise di Caltanissetta. In fin di vita, prima del colpo di grazia esploso in pieno volto, egli si era rivolto agli assassini con mitezza.
La motivazione che spinse i gruppi mafiosi di Palma di Montechiaro e Canicattì a colpire il Servo di Dio fu la sua nota dirittura morale per quanto riguarda l’esercizio della giustizia, radicata nella fede. Durante il processo penale emerse che il capo provinciale di Cosa Nostra Giuseppe Di Caro, che abitava nello stesso stabile del Servo di Dio, lo definiva con spregio santocchio per la sua frequentazione della Chiesa.
Dai persecutori, il Servo di Dio era ritenuto inavvicinabile, irriducibile a tentativi di corruzione proprio a motivo del suo essere cattolico praticante. Dalle testimonianze, anche del mandante dell’omicidio, e dai documenti processuali, emerge che l’avversione nei suoi confronti era inequivocabilmente riconducibile all’odium fidei. Inizialmente, i mandanti avevano pianificato l’agguato dinanzi alla chiesa in cui quotidianamente il Magistrato faceva la visita al Santissimo Sacramento.
Il Servo di Dio era consapevole dei rischi che correva. Malgrado le intimidazioni, continuò a compiere il proprio dovere con rettitudine, rispettoso verso ogni persona, anche se indagata o detenuta. Giunse ad accettare la possibilità del martirio attraverso un percorso di maturazione nella fede. A trentacinque anni volle ricevere la Cresima. La partecipazione ai sacramenti e l’assidua preghiera lo resero sempre più consapevole nella sua testimonianza cristiana. Per non esporre alla morte altre persone «lasciando vedove e orfani», rifiutò la scorta; questa motivazione poté influire anche sulle mancate nozze. Durante alcuni momenti di scoraggiamento si affidava al Signore. Nelle sue agende personali appare sistematicamente la sigla S.T.D. a significare “Sub tutela Dei”.
La fama di martirio del Servo di Dio perdura sino ad oggi ed è accompagnata da una certa fama di segni.
Fino al 05 Gennaio 2021
Convegno in memoria di Rosario Livatino e per la promulgazione del decreto di servo di Dio
Dalle ore 18.00 alle ore 20.00
webinar
Partecipazione gratuita
Per informazioni:
Centro Studi Rosario Livatino
info@centrostudilivatino.it
www.centrostudilivatino.it