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News dall'Italia

Si può partorire in anonimato

07 Ottobre 2022

«Possiamo davvero, in coscienza, lasciare alla casualità la salvezza di una vita o, almeno con vicende di questo tipo, ci sentiremo finalmente chiamati a vivere questa società con la giusta responsabilità verso i più deboli e indifesi?»: è il commento che Marina Casini presidente del Movimento per la Vita lascia sul sito associativo nel giorno del ritrovamento da parte di un contadino del piccolo abbandonato dopo il parto, in un sacchetto di plastica, ai margini di una stradina sterrata di campagna, a Paceco nel trapanese. Lo hanno chiamato Francesco Alberto, in memoria del santo del giorno e patrono della Città, nonché del carabiniere che lo ha soccorso.

Sono rassicuranti le parole della direttrice di neonatologia all’Ospedale Antonio Abate di Trapani dove il neonato è stato subito ricoverato in terapia intensiva: si alimenta al biberon, i problemi di disidratazione si sono risolti, pare nato a termine di gravidanza e non ha apparenti complicanze.

Numerose sono le situazioni di difficoltà – economiche, lavorative, di studio, affettive in una relazione/separazione di coppia – in cui una madre, in giovanissima età o matura, può trovarsi a decidere di compiere un tale gesto drammatico, che sa di essere sbagliato, che lo custodirà nel segreto del suo cuore provocandole sofferenza quando riemergerà il senso di colpa per non aver avuto il coraggio di essere più forte delle decisioni prese da altri su di lei o proprie per ignoranza, egoismo, paura di essere giudicati, paura di non farcela da sola. Non può essere lenito neppure il dolore di una madre, schiava dei maltrattamenti dei suoi aguzzini che lucrano vendendola come merce sulle strade dell’illegalità, che vive un legame affettivo, nonostante tutto, verso quella creaturina in grembo da cui è costretta separarsi.

Si parla spesso della 194/1978 in merito all’interruzione volontaria di gravidanza ma essa norma anche la tutela sociale alla maternità; è per la verità il primo titolo. L’art. 2 spiega il ruolo dei consultori familiari deputati a luoghi che «contribu[iscono] a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza», a informarla «sui servizi sociali, sanitari e assistenziali concretamente offerti dalle strutture operanti nel territorio» e sulle «modalità idonee a ottenere il rispetto delle norme della legislazione sul lavoro a tutela della gestante». Luoghi dell’ascolto dei problemi e delle proposte per il benessere della donna e della vita in grembo, tra le quali quella di informare sulla possibilità di poter partorire in anonimato.

La stessa direttrice sanitaria Simona La Placa che ha in cura il neonato, della cui vicenda abbiamo citato pocanzi, ha espressamente menzionato, su Ansa (6 ottobre 2022) del parto in anonimato a cui si può ricorrere «in ospedale senza nessun rischio e assecondando il diritto della donna di non riconoscere il figlio e al tempo stesso di garantire la sicurezza del parto e del nascituro».

Così come si accompagna una madre e il suo bambino affetto da gravissima disabilità fetale per tutto il percorso pre e postnatale, con la stessa amorevole cura si accompagna una donna dalla gravidanza alla nascita di un bambino che ha deciso di non riconoscerlo e darlo in adozione. La legge n. 127 del 1997 nell’art. 30 sulla dichiarazione di nascita, al comma 1 recita: «La dichiarazione di nascita è resa da uno dei genitori, da un procuratore speciale, ovvero dal medico o dalla ostetrica o da altra persona che ha assistito al parto, rispettando l’eventuale volontà della madre di non essere nominata».

Mentre il nome della madre rimane per sempre in segreto entro dieci giorni dal parto, nell’atto di nascita del bambino viene scritto “nato da donna che non consente di essere nominata”, con il quale si dà l’identità anagrafica, acquisizione di un nome e cittadinanza che gli dà la capacità giuridica di “persona” che gli consente dopo la segnalazione al Tribunale dei Minori di essere immediatamente adottabile, ad avere il diritto a crescere e vivere in una famiglia (legge 184/1983, art. 11). L’adottabilità può essere tuttavia sospesa per un periodo di due mesi qualora la madre sia impossibilitata per motivi gravi a formalizzare il riconoscimento o fino al compimento del 16mo anno di età qualora la madre è minore dei 16 anni e desidera riconoscerlo.

Il ministero della salute spiega che «il diritto a rimanere una mamma segreta prevale su ogni altra considerazione o richiesta e ciò deve costituire un ulteriore elemento di sicurezza per quante dovessero decidere, aiutate da un servizio competente ed attento, a partorire nell’anonimato». Infatti se la madre naturale ha dichiarato di rimanere anonima quando sarà adulto l’adottato non potrà avere accesso alle informazioni, così come stabilisce il comma 7 dell’art. 24 della legge n.149 del 2001 sull’adozione e affidamento dei minori: «L’accesso alle informazioni non è consentito se l’adottato non sia stato riconosciuto alla nascita dalla madre naturale e qualora anche uno solo dei genitori biologici abbia dichiarato di non voler essere nominato, o abbia manifestato il consenso all’adozione a condizione di rimanere anonimo».

Diritto che prevale sulla possibilità giuridica (comma 5 art. 24 149/ 2001) concessa all’adottato, all’età di 25 anni, di poter accedere alle informazioni sull’ «origine l’identità dei propri genitori biologici. Può farlo anche raggiunta la maggiore età, se sussistono gravi e comprovati motivi attinenti alla sua salute psico-fisica. L’istanza deve essere presentata al tribunale per i minorenni del luogo di residenza».

Invece di gesti disperati, irrazionali che macchiano di omicidio nell’intento di liberarsi di una creatura indifesa dinanzi alla quale si sente tutto il peso di scelte errate o di vie senza uscita, ma che conducono al passaggio di una giustizia penale, c’è possibilità di compiere un atto di giustizia verso chi, un innocente, non ha alcuna colpa e verso se stessi, riscattandosi dandolo alla luce oltre che con il parto in anonimato o rivolgendosi ai consultori per sapere come fare, lasciando il nascituro in una delle tante “porte di salvezza”, per il neonato e per la stessa madre, diffuse sul territorio italiano: sono “le culle per la vita“.

Basta spingere lo sportello per depositarvi in anonimato il piccolo, sapendo che dell’altra parte lo accoglieranno con amore affidandolo alle cure sanitarie. Un ascolto, un’assistenza, un accompagnamento alle necessità di mamme viene dal volontariato del movimento per la vita attraverso diversi progetti come Gemma che offre un servizio di adozione prenatale a distanza di madri in difficoltà, le case di accoglienza per poter vivere in serenità la gravidanza fino al primo anno del bambino, il centro di aiuto alla vita.

(aggiornamento 7 ottobre 2022, ore 10.26)

redazione Bioetica News Torino