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Studio sperimentale preclinico italiano su placente di donne: tracce di microplastica

11 Dicembre 2020

Tracce di pigmenti e particelle di microplastica sono state rilevate nella placenta di alcune donne in uno studio preclinico descrittivo e osservazionale tenuto al Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia di San Giovanni Calibita presso l’Ospedale Fatebenefratelli di Roma in collaborazione con il Dipartimento di Scienza della Vita e dell’Ambiente dell’Università Politecnica delle Marche. Condotto dal dr. Antonio Ragusa direttore dell’UOC di Ostetricia e Ginecologia al Fatebenefratelli di Roma e pubblicato sulla rivista «Environment International» (v. 146, January 2021, 106274), lo studio pone «una luce nuova sul livello di esposizione umana alla microplastica e alle micro particelle in generale»: «per il ruolo cruciale che la placenta riveste nel sostenere lo sviluppo fetale e nell’agire da interfaccia tra l’ambiente fetale e quello della cavità uterina, diventa fonte di preoccupazione la presenza di particelle (di plastica) esogene e potenzialmente dannose».

Microplastica e microparticelle in generale possono divenire un potenziale rischio per la salute del feto e della madre perché potrebbero intervenire sul tessuto placentare andando a interferire ad esempio sul meccanismo immunologico durante la gravidanza riducendo il sistema di difesa o sul sistema di segnali comunicativi nella relazione materno-fetale e causare esiti avversi, tra i quali preclampsia e riduzione dello sviluppo fetale. Ulteriori studi devono essere tuttavia approfonditi, afferma la ricerca, «per determinare se la presenza di microplastica nella placenta umana possa causare risposte immunitarie o guidare al rilascio di contaminanti tossici che risultano dannosi per la gravidanza».
Quel che si teme, il dr Ragusa afferma su Ansa.it (9 dicembre 2020): è «probabile che in presenza di frammenti di microplastiche all’interno dell’organismo la risposta del corpo, del sistema immunitario, possa cambiare, essere diversa dalla norma».

Studio

È stato effettuato su campione di placenta provenienti da 6 donne in salute al termine del parto avuto in modo naturale presso l’Ospedale Fatebenefratelli, Isola Tiburtina, di Roma. Tra i criteri di esclusione per la partecipazione alla sperimentazione vi sono diagnosi di malattia gastrointestinale, abuso di alcol, fumo di sigarette, sintomi di diarrea o costipazione nelle due settimane precedenti il parto, assunzione di antibiotici nelle due settimane precedenti il parto, assunzione di trattamenti dentali abrasivi, sempre nelle due settimane precedenti il parto. Hanno compilato anche un questionario che richiedeva informazioni sulle loro abitudini alimentari nella settimana precedente il parto e se avessero fatto uso di cosmetici e dentifrici contenenti sostanze di microplastica o polimeri sintetici. Dalle placente sono state prese tre porzioni per l’analisi, rispettivamente la parte materna, fetale e le membrane amniotiche, che sono state etichettate e depositate in bottiglie di vetro dal coperchio metallico conservati sotto i 20° e senza nessun altro trattamento.

L’analisi di ricerca delle microplastiche è stata effettuata mediante la tecnica dello studio dei materiali spettroscopica Raman vibrazionale presso il Laboratorio del Dipartimento di Scienze della Vita e Ambientale dell’Università Politecnica di Ancona. Con un’analisi retrospettiva si sono poi comparati i dati raccolti dallo spettrometro Raman con quelli riportati nella SLOPP Library di Microplastica e nella biblioteca di KnowItAll software (Bio-Rad Laboratories).

Durante la sperimentazione, per evitare ogni contaminazione da materiale plastico, si è ricorso all’osservanza di un protocollo “libero da plastica”. In tal modo ginecologi e infermieri hanno usato guanti in cotone durante l’assistenza al parto, teli di cotone sono stati usati per coprire i letti nella sala parto e così via.

Risultati

Sono rinvenuti nella placenta di 4 donne 12 frammenti di microplastica e precisamente 5 microplastiche nella parte fetale, 4 in quella materna e 3 nelle membrane amniotiche. Tutte le microplastiche analizzate riportavano pigmenti. I ricercatori hanno potuto identificare tipo commerciale, formula molecolare, dimensione e colore contenuto nelle microplastiche confrontando i risultati trasmessi dal software KnowItAll con le informazioni ottenute consultando l’Agenzia di Chimica Europea (ECHA). Si sono trovate tracce di composti per colorare la plastica e la gomma e un’ampia gamma di cosmesi; tintura di tessuti; deodoranti per ambienti; saponi, rossetti etc.

La dimensione delle microplastiche è sui 10 micron, solo due erano inferiori a 5. Non si sa come le microplastiche possano raggiungere il sistema circolatorio materno, si ipotizza un accesso e un trasporto alla placenta attraverso il sistema respiratorio materno e il tratto gastrointestinale (tramite l’alimentazione). Le tracce sono presenti in 4 su 6 placente analizzate.

Redazione Bioetica News Torino