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Troppe perdite tra gli operatori sanitari: Il perchè risponde l’ANAAO mentre la SIMG elabora un Vademecum per Medici di Medicina Generale

02 Aprile 2020

Nell’emergenza da Covid-19 in cui si cerca di limitare il più possibile la diffusione di contagio dal virus  Sars-Cov-2, cresce un’altra preoccupazione, data dalla quotidiana crescita di contagi, purtroppo anche decessi, da chi dipendiamo per la nostra cura, assistenza e vita. Dai dati raccolti dalla  Sorveglianza integrata Covid-19 dell’Istituto Superiore di Sanità, riporta nell’ultimo aggiornamento al 2 aprile 10.657  (650 più di ieri)  operatori sanitari tra 106.399 casi positivi (+3730 di ieri).

Coloro che hanno perso la vita svolgendo la loro professione  con profonda dedizione nel servizio di emergenza da Covid-19 prestato per la  salute del prossimo, dal censimento di Quotidianosanità.it  –  certamente come altri loro colleghi lavorando fra tante difficoltà dai turni massacranti alla sicurezza –   sono  69 medici, 23 infermieri di cui 2 suicidi, 5 autisti soccorritori, 4 psicologi, 4 operatori socio-sanitari, 3 farmacisti, 3 educatori professionali, 2 decessi tra i tecnici sanitari di radiologia medica, 1 ostetrica, 1 fisioterapista e 1 tecnico sanitario di laboratorio biomedico.

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Sorveglianza Integrata Covid-19 in Italia, agg. 2 aprile 2020 – ISS- Fonte: Ministero della Salute

  L’associazione dei Medici dirigenti  ANAAO-ASSOMED cerca di fare chiarezza sui motivi che hanno portato al contagio  oltre 10mila operatori sanitari pubblicati  in una nota odierna a firma rispettivamente di Adriano Benazzato, coordinatore della Conferenza dei Segretari Regionali,  e Carlo Palermo segretario nazionale. Ne riporta 4 cause lamentando il mancato rispetto del diritto fondamentale alla salute  dell’art. 32 della Costituzione e del principio di non maleficità (primum non nocere). Dal punto di vista deontologico il medico potenzialmente contagiato e non messo  in quarantena diventa diffusore della malattia.

Le misure di contenimento sono state attivate tardi (lockdown) e  non si era preparati, anche per problemi strutturali soprattutto nei Ps ospedalieri e nel territorio all’azione di prevenzione e contenimento del “rischio  biologico”.  Richiama all’attenzione delle raccomandazioni di Carlo Urbani, morto per Sars in Vietnam il 2003, «di isolare strettamente i pazienti contagiati e proteggere con ogni mezzo gli operatori sanitari che rappresentano il bene più prezioso nella lotta contro l’espansione dell’epidemia»;

La carenza, «o assoluta mancanza in alcuni casi ed inadeguatezza in altri», dei DPI per categoria di rischio III, le maschere FFP2 e FFP3, occhiali o visiere, sovracamici/tute, guanti, calzari, copricapo. Non risultavano stoccati, in contrasto con la normativa vigente o la carenza è stata coperta con norme ad hoc innalzando a dignità di DPI la mascherina chirurgica. Fa riferimento all’art. 34 dl 9/2020.  Si lamenta di aver accettato le tutele minime dettate dall’Oms il 27 febbraio anche per le aree “flagellate da guerre e carestie”;

L’omissione di sorveglianza della sicurezza per il personale sanitario. Si spiega che il personale sanitario sia stato escluso dal dovere di isolamento fiduciario in caso di esposizione non protetta a Covid-19 con alcuni indirizzi legislativi (es art. 7 dl 14/2020) previsto  invece con il DPCM n. del 23 02 2020. Molti operatori sanitari non hanno voluto far ritorno nelle loro case perché prima non erano esonerati dal continuare il proprio lavoro per il rischio di chiudere alcuni servizi per carenza cronica di personale e poi sono stati costretti alla quarantena al termine del servizio per il rischio di diffondere il contagio ai propri cari (comma 22);

la tempistica disattesa per i tamponi naso faringei con conseguente mancata messa in sicurezza del personale. Gli esami diagnostici sono stati effettuati solo ai sanitari con  problemi respiratori marcati mentre si può essere positivi al Covid-19 nei casi asintomatici o pauci-sintomatici. E i sanitari sono così diventati diffusori di virus nei luoghi di lavoro e nelle loro famiglie.

L’Associazione prevede il rischio di avere comunque un personale ridotto nonostante l’impiego di nuove risorse a causa del mancato rispetto delle procedure per la  limitazione del contagio e la salvaguardia della salute degli operatori sanitari.

Benazzato e Palermo concludono scrivendo che se le cose non cambiano è probabile che si richieda da parte di molti « il “diritto di  resistenza” del lavoratore a fronte di un pericolo per la propria salute “grave”, “immediato”, “inevitabile”».

Il susseguirsi veloce di norme per l’emergenza sanitaria da Covid-19 ha creato una certa confusione tra i medici di medicina generale che sono particolarmente esposti al rischio di contagio, 60 mila professionisti «in prima linea contro il Coronavirus», lo ricorda la Società Italiana di Medicina Generale (SIMG) nella sua premessa ad un Vademecum stilato di recente con alcuni consigli per fare evitare loro  il rischio di contagio e a loro volta di non essere diffusori, intitolato “tra buon senso e concretezza“.
Vengono date alcune preziose regole  su come  si dovrebbe comportare  il medico di medicina generale in base a quanto viene dato in dotazione oggi dinanzi a diverse situazioni:

–  Identificare il paziente sulla base del sospetto clinico.   Ad un colloquio telefonico «Sulla base dei sintomi che  riferisce il paziente saresti sorpreso che fosse affetto da COVID-19?». Se la risposta è «non sarei sorpreso» identificalo e poniti il sospetto diagnostico. Segnaliamo questi pazienti al servizio di igiene, perché è giusto, è di buon senso. Il nostro ruolo è identificare il paziente (siamo Medici di Medicina Generale), il loro compito è creare percorsi che confermino il nostro sospetto.

Isolare in via precauzionale il paziente e mettere in quarantena i contatti stretti (almeno i familiari).  Dobbiamo isolare il paziente sintomatico dal suo contesto familiare e procedere in via precauzionale alla quarantena dei familiari. Non si comprende quali siano gli strumenti burocratici per farlo tra le tante circolari. Però abbiamo dalla nostra parte la comunicazione in primis (spieghiamo al paziente le norme di isolamento e ai familiari il comportamento da seguire come precauzionale – quarantena.  Il Covid-19 corre veloce, più veloce dell’apparato burocratico.

Monitorare i pazienti. Contatto anche due volte il giorno. Intervista telefonica ben fatta con domande precise, monitoraggio costante, saturazione, rilevazione di parametri (temperatura, pressione arteriosa, frequenza cardiaca e frequenza respiratoria) e la maggioranza dei pazienti può essere gestita a domicilio senza ulteriori interventi.

Impostare una terapia sintomatica e di supporto. Che siano le Società scientifiche di riferimento a indicarci, attraverso il confronto intersocietario, come trattare il paziente a domicilio; ci sono terapie di comprovata efficacia –  ossigeno liquido, che nelle aree più colpite è difficile reperire – che non necessitano di Aifa o RCT. Se viene proposto un trattamento con farmaci, che questi siano disponibili sul territorio e non rimangano parole scritte su documenti virali inoltrati su chat di gruppo.

Pianificare il percorso del paziente.  Il monitoraggio serve ad analizzare l’andamento clinico del paziente e si identificano le red flags per attivare in modo appropriato il servizio di Emergenza e Urgenza. Confrontiamoci con i colleghi ospedalieri.

Comunicare con il paziente e tra operatori.  Servono parole chiare, lucide e di buon senso. Comunichiamo al paziente anche la straordinarietà del momento che vive il ssn. Comunicare e informare non sono la stessa cosa. Parliamoci, confrontiamoci, sosteniamoci tra operatori, categoria che comprende infermieri, personale di segreteria e amministrativo, farmacisti, volontari, servizi sociali e altri.

Alle regole segue una richiesta su una questione che lascia confusi: «il  sommerso dei pazienti identificati e che non hanno eseguito il tampone per la diagnosi guarisce clinicamente. Su può identificarlo con facilità, considerarlo non infettivo difficile, forse impossibile sena l’esecuzione di un tampone (anzi due). Servono esperti che si confrontino con noi medici di medicina generale e ci diano delle indicazioni semplici».

 

 

 

 

 

 

 

Redazione Bioetica News Torino