Tumori al seno in fase iniziale. Un decreto per inserire nei lea i Test genomici Servono all'oncologo per conoscere se la chemioterapia può essere utile alla terapia ormonale.
11 Luglio 2021 Vi sono casi in cui si può non ricorrere, qualora l’oncologo lo ritenga, alla chemioterapia in una diagnosi di carcinoma mammario, i cui effetti collaterali sono ben noti per la sua tossicità, stanchezza, perdita di capelli, vomito, disturbo del sonno, psicologici e sociali nelle relazioni familiari e lavorative. La letteratura scientifica recente dimostra che non tutte le donne possono trarre benefici dalla chemioterapia, generalmente solo una paziente su dieci. Dinanzi a tumori al seno che crescono sotto lo stimolo ormonale (ormonoresponsivi) se sono contenuti e con ridotto numero di linfonoidi coinvolti è possibile ricorrere alle sole terapie ormonali.
E se effettivamente è un vantaggio la chemioterapia per le donne con tumore ormonoresponsivo aggiungendola alla terapia ormonale vi è uno strumento di analisi in più che accompagna quelle tradizionali, il test genomico. Serve a intravedere, attraverso l’analisi di specifici geni che regolano la crescita del tumore, la sua capacità di invadere altri organi e di manifestarsi dopo un certo tempo, l’aggressività o meno dei tumori al seno quando sono in stadio iniziale e aiuta a definire una terapia più appropriata post-operatoria per la paziente.
Alcuni mesi fa il movimento per la tutela dei diritti delle donne con tumore al seno Europa Donna Italia
aveva chiesto con una petizione di oltre 15 mila firme ottenute con la campagna Chemio. se posso la evito al Governo di accelerare l’avvio della prestazione sanitaria gratuita di test genomici per il carcinoma mammario con un provvedimento, giacché vi aveva istituito nel 2020 un apposito fondo nazionale di 20 milioni di euro. Alla campagna presero parte importanti associazioni di tutela e del mondo sanitario oncologico, tra i quali Aiom, Fondazione Onda, Cittadinanza attiva, Lilt, Siapec (società italiana di Anatomia patologica e di citopatologia diagnostica) e IncontraDonna.
La Presidente di Europa Donna Italia, Rosanna D’Antona, faceva osservare come ogni anno si hanno 8mila pazienti che ricevono tali cure senza averne bisogno mentre il prof. Carlo Tondini che dirige l’Oncologia medica dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII riferiva di uno studio in Lombardia in cui l’uso del test genomico aveva ridotto sul piano economico significativamente le spese, 2.000 euro di un test contro una chemioterapia da 7 mila.
E ora il decreto ministeriale del 18 maggio scorso, pubblicato di fresco sulla G.U. il 7 luglio (n. 161), Modalità di riparto e requisiti di utilizzo del fondo per test genomici ormonoresponsivo per il carcinoma mammario in stadio precoce, entrato in vigore, consente di poter usufruire finalmente del fondo per i rimborsi dei test nei 21 sistemi sanitari regionali: «Non è infatti più accettabile prolungare ulteriormente l’attesa delle pazienti: delle moltissime con tumore iniziale che, grazie ai test genomici, potranno evitare cure aggressive e invalidanti, ma anche di tutte le altre che potranno contare su scelte terapeutiche sempre più basate sulle evidenze della medicina personalizzata, che rappresenta il futuro ormai sempre più prossimo della lotta al cancro», ha commentato D’Antona.
Cosa dice il decreto in riferimento ai Test genomici?
Per evitare il ricorso alla chemioterapia laddove non sia utile e favorire un trattamento personalizzato del carcinoma mammario ormonoresponsivo in stadio precoce il decreto ne favorisce l’analisi con l’utilizzo gratuito di test genomici. Come? Ripartendo le risorse del fondo già stanziato di 20 milioni di euro tra le regioni e le province autonome secondo criteri definiti: popolazione residente, incidenza e prevalenza del carcinoma mammario e stratificazione clinica patologica, presentati in una tabella allegata al testo del decreto (vedi Tabella 1. Ripartizione fondi, decreto min. n. 161/2021 GU).
Come si gestisce un carcinoma della mammella in fase precoce?
Con la chirurgia asportando la porzione di seno interessata o combinando con la radioterapia e una terapia adiuvante (chemioterapica), nella maggioranza dei casi, per eliminare le cellule tumorali residue.
Per i due terzi dei tumori mammari l’insorgenza e lo sviluppo dipende dagli estrogeni, ormoni prodotti dall’organismo. La terapia ormonale può essere usata per ridurre le dimensioni del tumore prima dell’intervento chirurgico (terapia neoadiuvante) o più spesso dopo l’operazione a cui possono seguire chemioterapia e/o radioterapia per evitare una recidiva. La scelta per la terapia ormonale è data dalla presenza di recettori (proteine) per gli estrogeni e/o per il progesterone che si trovano sulla superficie esterna delle cellule tumorali; il legame tra queste proteine e gli ormoni stimola la crescita e la proliferazione delle cellule tumorali.
Nei casi di tumori triple negative, HER2 positivi o con alto rischio di recidiva alla terapia ormonale si aggiunge un trattamento chemioterapico e/o farmaci a bersaglio molecolare.
Esistono diversi tipi di tumori al seno e ciascuno si sviluppa sulla specifica biologia del singolo tumore e della singola donna e pertanto è opportuno una medicina personalizzata.
Perché i test genomici?
Essi integrano l’informazione degli altri esami clinici-patologici, strumentali e molecolari e considerando i benefici attesi, le comorbidità e la preferenza delle pazienti orientano verso una terapia personalizzata.
La maggior parte dei tumori al seno si presentano di tipo ormonoresponsivi e per conoscere se la chemioterapia, con le sue tossicità, può essere utile o meno in aggiunta alla terapia ormonale vengono eseguiti i test genomici.
Sono indicati quando si vuol conoscere se è utile per la paziente affetta da carcinoma mammario nella fase iniziale (stadio I-IIIA) con recettori ormonali positivi ER+) e con recettori del fattore di crescita epidermico umano 2 negativi Her2-. la chemioterapia adiuvante post operatoria in aggiunta alla ormonoterapia
Non sono indicati quando la paziente nega il consenso alla chemioterapia adiuvante o dall’oncologo. E anche quando si è in presenza di carcinoma in fase iniziale ER+ HER- individuate a basso rischio di ricorrenza per i quali la sola terapia ormonale è sufficiente rispetto ad un alto rischio di ricorrenza in cui in tal caso va associata la chemioterapia adiuvante post-operatoria.
Chi prescrive i test genomici?
L’equipe multidisciplinare dei centri di senologia che ha in carico la paziente per l’indicazione, l’esecuzione e il follow up nell’eventualità della chemioterapia valuta la richiesta del test. Viene eseguito una sola volta a meno che non sorga un nuovo tumore ad un paziente che può anche essere residente fuori dalla regione o provincia in cui viene effettuato. Si esegue su un campione di tessuto tumorale asportato.
(CCBYSA)