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«Turismo dei trapianti», il boom cinese

20 Novembre 2014

La denuncia, rilanciata anche dal sito della Laogai Research Foundation, arriva dalle pagine di “Epoch Times”. E alza il velo su un commercio drammatico perché giocato sul crinale tra vita e morte e che in Cina continua a essere fiorente: quello dei trapianti illegali. «Un paziente taiwanese – racconta Epoch Times – ha ricevuto un rene e un polmone compatibili dopo solo un mese in un ospedale nella città nella Cina settentrionale ». Un lasso di tempo “fulmineo” considerato la cronica mancanza di organi che da anni affligge la Cina e che nutre il «turismo dei trapianti». Un dato può essere utile per un confronto: «Il tempo medio di attesa per ricevere un rene compatibile per un paziente negli Usa è da quattro a cinque anni, secondo quanto dichiarato dal Dipartimento della Salute L e dei Servizi Umani degli Usa a marzo».

Come è stato possibile, allora, accorciare in modo così netto i tempi? Semplice: rivolgendosi al mercato illegale. «Il viaggio completo per il trapianto è durato tre mesi nella Cina continentale ed è costato al paziente e alla sua famiglia 500mila dollari in tutto». Come riportato dall’agenzia ufficiale Xinhua, il Consiglio di Stato cinese ha emesso un regolamento in materia di trapianto di organi nel 2007, mentre un programma pilota è stato attivato nel 2010. Da allora un totale di 1.611 persone hanno donato i loro organi per il trattamento di 4.382 pazienti.

«Anche se la Cina ha fatto progressi in questi ultimi anni, il Paese deve ancora affrontare una grave carenza di organi», ha ammesso Zhao Baige, vice presidente esecutivo della Croce Rossa cinese. Secondo Zhao, in Cina su 300mila pazienti che necessitano di trapianto di organi ogni anno, solo 10mila ne ricevono uno nelle 169 strutture del Paese. Una forbice che alimenta il mercato illegale. Secondo la denuncia di Radio Asia, gli ospedali cinesi praticano prelievo forzato di organi da prigionieri condannati a morte, ma anche tra i membri del movimento Falun Gong, tra gli uiguri e i tibetani. Un sistema che Pechino ha promesso di abolire lo scorso anno.

Come? Lanciando un programma pilota per incentivare la donazione volontaria di organi in 25 tra province e comuni. Un piano che però non convince David Matas, avvocato per i diritti umani, ascoltato da Epoch Times, per il quale sarebbe ancora in atto nel gigante asiatico «una pesante militarizzazione del trapianto». E l’impegno a porre fine all’approvvigionamento di organi dai prigionieri sarebbe già stato abbandonato.

Luca Miele

fonte: Avvenire

approfondimenti: http://m.theepochtimes.com/n3/954464-david-matas-transplant-tourism-from-the-middle-east/

Lara RealeGiornalista ScientificaRedazione Web Arcidiocesi di Torino