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News dall'Italia

«Vietare gli Ogm è un grave danno. Non ci sono prove che siano nocivi»

04 Ottobre 2014

È opportuno e salutare, anche in funzione delle sfide che vengono dalla grave crisi economica del Paese, che si torni a parlare in dettaglio e con pacatezza di Ogm, tema controverso e vissuto a mio giudizio troppo emotivamente. È un fatto nuovo e che mi dà speranza.

Nel corso di un recente convegno organizzato a Mantova da Confagricoltura di Lombardia e Veneto si sono discusse le ragioni che impediscono di fare in Italia ciò che la Spagna fa con vantaggi per ambiente ed economia: coltivare (anche) mais migliorato con le biotecnologie. Moltissimi prodotti del made in Italy alimentare esistono grazie alla mangimistica Ogm, che importiamo dall’estero. Evidentemente non fa male né alla salute né tantomeno al gusto. Però fa molto male alle nostre tasche, visto che la bilancia agroalimentare è in deficit fisso per almeno 4 miliardi di euro all’anno da decenni. Questi sono dati certi e dimostrati.

Sono ancora in cerca di prove contro l’impiego di Ogm (mais, soia, cotone). Li sto studiando uno a uno. E’ un impegno. La letteratura scientifica è difficile, ma è pubblica e accessibile a tutti. Con l’aiuto di diversi colleghi ho capito che per alcuni Ogm, come il mais, le prove di sicurezza ambientale e per la salute umana sono esaustive e certificate. Per altri, come la colza, no. In questo caso c’è un rischio di commistione con piante affini. Tra pochi mesi scadrà anche il brevetto sul mais Ogm dopo che quello sulla soia resistente a un erbicida è appena scaduto. Alcuni Paesi si stanno organizzando per avvantaggiarsene ulteriormente. Noi no. Contro gli Ogm si ascoltano argomenti che sono gli stessi da almeno tre lustri.

Mi chiedo come si possano ignorare quindici anni di prove e pubblicazioni scientifiche sulla sicurezza di piante come il mais o il cotone Bt, o la soia Ogm. Le critiche sono le solite. “Non sono sicuri”. “Non sappiamo cosa possano fare nel lungo periodo”. Ma questi sono giudizi vaghi. Opinioni o premonizioni. Intanto negli Stati Uniti (come in Spagna) li coltivano e, come noi, li consumano da oltre vent’anni. L’Agenzia che certifica la sicurezza ambientale e umana (Efsa di Parma), la Commissione Europea, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, e una moltitudine di scienziati abituati al confronto internazionale hanno controllato e concluso che, ad esempio, il mais Bt è sicuro. O meglio, che è più sicuro per l’ambiente e la salute umana del mais tradizionale irrorato da insetticidi o del mais biologico che presenta talvolta preoccupanti livelli di micotossine cancerogene. Possibile che tutti questi enti pubblici autorizzino cose pericolose? Se qualcuno ha dati diversi, e auspicabilmente non manipolati o artefatti, li deve mettere a disposizione affinché siano controllati.

Il Governo e la politica economica del Paese non possono basarsi sui “sentimenti” o sulle opinioni, invece che su fatti scientificamente validati. Nell’interesse del Paese le decisioni devono essere prese confrontando fatti, numeri e statistiche. Queste sono le regole del confronto scientifico, ma in ultima istanza anche democratico. Altrimenti è come se Galileo Galilei non fosse nemmeno nato e non avessimo ancora capito cosa ha permesso di triplicare l’aspettativa di vita, curare malattie, riscaldare le case, andare sulla Luna, etc.

Oggi si fa pagare caro il cosiddetto cibo biologico dando garanzie del fatto che sarebbe senza Ogm. Non mi pare onesto. Nessun italiano può aver certezza di aver mai mangiato, che so, un salame biologico proveniente da animali non alimentati con Ogm, né questa sicurezza ci sarà fino almeno al 2018 e forse oltre (come risulta dal Regolamento 836/2014 della CE, che rinnova l’ennesima deroga per i mangimi di polli e maiali biologici). Non mi interessa discutere se un mangime privo di Ogm sia meglio o peggio, anche se mi incuriosirebbe un esperimento per stabilire se qualcuno noterà mai una differenza nella “tipicità italiana” del salame ottenuto da animali nutriti con uno dei due mangimi. Mi preme discutere come stanno davvero le cose. Di quel che si può dimostrare. Non so che farci se sono una scienziata, ma il mio primo dovere è dire sempre e solo cosa è provato oggi, al meglio delle nostre conoscenze. Per contro chiedo altrettanto. Non opinioni.

Da vent’anni s’invoca il principio di precauzione contro gli Ogm. Da vent’anni li stiamo già sperimentando, nutrendoci indirettamente e vestendoci con cotone Ogm. E non capisco perché il principio di precauzione non dovrebbe valere per gli insetticidi, che da decenni due volte l’anno si spargono su centinaia di migliaia di ettari di mais con danni già visibili sia sulla perdita di biodiversità (farfalle, coccinelle, larve) sia per le intossicazioni umane riconosciute anche dall’Accademia Pontificia delle Scienze.

L’Italia “libera dagli Ogm” usa due volte e mezzo più pesticidi degli Stati Uniti, che coltivano sia Ogm sia prodotti biologici, senza integralismi, scegliendo caso per caso e non privandosi di nessun tipo di agricoltura. Noi scienziati non possiamo nemmeno studiarli. Non possiamo sperimentare per recuperare piante in estinzione come, ad esempio, il pomodoro San Marzano o il riso Carnaroli. Eravamo alla frontiera nelle biotecnologie vegetali. I progetti giacciono da 15 anni chiusi nei cassetti dei laboratori delle nostre università pubbliche (non di multinazionali). Singolare un Paese che uccide la propria innovazione agitando spauracchi privi di analisi approfondite dei rischi e dei benefici.

Non capisco nemmeno il silenzio di un governo di sinistra, che si disinteressa di quei milioni di cittadini costretti dalla crisi a ridurre la spesa alimentare e che non possono certo ricorrere al costoso biologico (ne fa uso il 2% della popolazione) – al quale, ripeto, non sono contraria.

Da ultimo, mi domando come sia possibile avere l’attivista politica Vandana Shiva come Ambassador di Expo2015. Anche dopo l’intervista pubblicata il 3 ottobre su la Repubblica», nella quale non confuta nessuno degli argomenti del «New Yorker». Ammette di non avere un dottorato in fisica, ma solo un master e il dottorato in filosofia. Non è quindi una scienziata in ambito della fisica come aveva lasciato intendere. Non ripete più che i semi Ogm sarebbero sterili e rimane sul vago in merito ai suicidi dei contadini che lei attribuisce ai semi di cotone Ogm di Monsanto. Prima diceva che erano 280 mila. Anche le sue critiche ai brevetti sono del tutto fuori luogo. I contadini sono proprietari anche dei semi Ogm acquistati e li possono riseminare sui loro terreni tutte le volte che desiderano. Ma siccome tutti i semi ibridi, quindi anche non Ogm, se riseminati diventano meno produttivi, da sempre i contadini i semi (Ogm e non-Ogm) li riacquistano, e se conviene economicamente acquistano anche quelli brevettati.

Grazie all’uso dei semi Ogm da parte dei contadini, l’India in pochi anni è diventata il secondo produttore di cotone al mondo ed il 93% dei contadini indiani ha scelto semi di cotone Ogm. Vogliamo dire che i contadini indiani sono passati tutti a comprare e coltivare semi Ogm perché rendevano di più? E come non essere solidali con i nostri agricoltori che chiedono un’eguale libertà d’impresa, cioè di poter coltivare (anche) mais modificato con lo stesso gene che ha reso vantaggioso il cotone indiano.

Concludo, esprimendo anche inquietudine per il fatto che 40mila aziende agricole, molte delle quali vorrebbero coltivare sia biologico sia Ogm, in tutta libertà e sicurezza (perché la coesistenza è possibile), chiudono ogni anno in Italia. Mentre apprendo che Coldiretti, contraria agli Ogm, vende e usa mangimi Ogm.

C’è qualcosa di profondo che non va nel nostro Paese. La vicenda degli Ogm è paradigmatica. Come lo sono il caso Stamina, la sperimentazione animale, i vaccini, etc. È la perdita del senso di cosa è “vero in modo accertabile”. La scienza cerca prove. I partiti cercano voti. Al Paese serve una visione e una cultura politica che torni a valorizzare i fatti e le competenze, come presupposto per recuperare la fiducia degli elettori.

Elena Cattaneo


 

Fonte: la Repubblica

Lara RealeGiornalista ScientificaRedazione Web Arcidiocesi di Torino