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57 Maggio 2019
Speciale Fragilità: Tra vecchie e nuove dipendenze. Spunti di riflessione

Editoriale

Gentili lettrici e lettori,

Vi presentiamo in questo numero un percorso in cui  evidenziamo alcune fragilità umane emergenti del nostro tempo, dai risvolti sociali e dalle implicazioni individuali sulla salute ed etiche rilevanti per il loro diffondersi e per le sfide nuove che pongono in essere nel contrastarne le cause di un fenomeno che appare complesso e che necessita di strategie. Si intitola: «Fragilità: tra vecchie e nuove dipendenze. Spunti di riflessione».

Tutti gli Autori, professionisti specialisti a diverso titolo in ambito sanitario, dalla psichiatria alla ginecologia alla chirurgia, e nel settore della comunicazione scientifica, mettono in risalto, alla luce di una lettura antropologica e socio-culturale calata in un panorama nazionale e internazionale in cui si registrano scelte comportamentali che mettono a rischio la propria vita e (quella altrui), come ci sia bisogno di risposte adeguate all’insorgere di problematiche nuove. Si trovano nella ricerca, nello studio clinico e nella bioetica, che con i loro contributi si possono trovare nuove soluzioni nella prevenzione e nella cura. Non sono però sufficienti. Vanno accompagnati da approcci educativi all’interno di una rete tra famiglia, scuola e società, capaci di offrire valori culturali alternativi a quei stili di vita che incidono gravemente sulla salute e sulla società stessa.

Gli Autori sono i docenti che hanno tenuto gli incontri  al Corso «I martedì della bioetica» sul tema «Fragilità: tra vecchie e nuove dipendenze. Spunti di riflessione»,  diretto dal dr. Fabrizio Fracchia,  presidente dell’ Associazione Medici Cattolici Italiani della sezione di Torino. È un ciclo di incontri serali, organizzato dall’AMCI in collaborazione con  «Bioetica & Persona Onlus», con  il patrocinio del Centro Cattolico di Bioetica – Arcidiocesi di Torino, e tenutosi presso la Facoltà teologica di Torino.  In questo numero accogliamo i loro interventi,  che sono stati pubblicati sul settimanale diocesano «La Voce e il Tempo» nella rubrica quindicinale «Bioetica Notizie» coordinata dal Centro Cattolico di Bioetica, ringraziando il direttore del periodico Alberto Riccadonna per la gentile concessione.

Il tema della fragilità e delle dipendenze affrontato nel Corso de «I martedì della bioetica» viene qui introdotto dall’insigne vice presidente nazionale AMCI,  dottor Franco Balzaretti, al quale esprimiamo il nostro più vivo ringraziamento.

Da un resoconto sui dati di consumo di sostanze psicotrope, nuove e vecchie, di dipendenza dal gioco d’azzardo, tra i giovani e non, in un mercato che offre di continuo nuove attrattive nella legalità e nell’illegalità il professor Augusto Consoli, psichiatra e direttore del Dipartimento AslTO5, passa ad un’analisi qualitativa calata sulla tipologia di persone e il loro comportamento sociale, nonché sui servizi di cura sanitari e riabilitativi.

I psichiatri Maurizio Coppola e Piero Prandi, l’uno dirigente medico presso l’Asl CN2 Alba – Bra, l’altro direttore sanitario presso la casa di cura «Sant’Anna» di Casale Monferrato, approfondiscono l’argomento sulle smart drugs. Sono sostanze psicoattive di molecole naturali o sintetiche nuove presenti sul mercato in  continue nuove formule  che cambiano in modo repentino e  sono acquistabili facilmente su internet anche da minorenni. Rappresentano una  nuova piaga “pandemica” sociale i cui effetti sono deleteri, possono comportare gravi rischi per la salute, dall’intossicazione a danni cerebrali irreversibili fino alla perdita della vita per una qualche ora di svago, e risentono dell’impotenza di avere informazioni farmacologiche e tossicologiche non appena si diffondono.

Nella sfera della sessualità in base a quanto conoscono, percepiscono e vivono i giovani ci conducono la ginecologa dottoressa Paola Castagna presso il Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia «Sant’Anna» di Torino e  il medico Massimiliano Caccetta, specialista in Chirurgia Generale presso SC Chirurgia Generale – Ospedale di Rivoli. Spiegano l’influenza dell’uso di alcol o di sostanze d’abuso che può sfociare in  comportamenti aggressivi che oggi si manifestano  nelle sexual addiction e  violenza sessuale prendendo in esame i diversi risvolti della personalità  dell’assuntore e della vittima dello stupro.

Infine la giornalista scientifica Lara Reale ci dà un interessante e inconsueto resoconto sul dramma individuale e sociale che i figli e le figlie vivono alla sopravvivenza del femminicidio: dai molteplici traumi psicologici alle difficoltà, tra cui quella economica, che si trovano loro malgrado “costretti” ad affrontare.

Simile ad un vetro o a un cristallo di raffinato pregio, come quello di Murano o di Boemia, è la natura intrinseca umana. Delicata, gracile, fragile,  «che basta poco perché si frantumi e si trasformi in frammenti inservibili» come  scrive il noto psichiatra Vittorino Andreoli in «L’uomo di vetro». Tutti siamo creature fragili. Anche lo psichiatra, il medico e l’operatore sanitario che nella cura e nel prendersi cura con compassionevole amore della persona malata, comprendono  e “rispecchiano”  su di sé  la fragilità dell’altro.  Vittorino Andreoli  spiega così la fragilità, riferendosi alla sua esperienza professionale:

Ho dedicato il mio tempo alla follia, al dolore mascherato di insensatezza, di depressione; alla sofferenza che si fa silenzio, che sdoppia le identità e fa di un uomo uno schizofrenico. Un lavoro che molti ritengono esclusivo dei forti, degli uomini di ferro che magari si piegano ma non si rompono, degli uomini di pietra cui il vento rende liscia la pelle, che cambiano forma, ma non perdono mai la durezza e il destino fissati per sempre.
La fragilità richiama il tempo e la caducità del tempo, del tempo che passa. Ebbene, se sono stato, e sono, un buon psichiatra, se ho aiutato i miei matti, ciò è avvenuto per la mia fragilità, per la paura di una follia che si annida dentro di me, per la fragilità che avverto capace di sdoppiarmi, di togliermi la voglia di vivere e di rendermi simile a un depresso che chiede soltanto di scomparire per cancellare il dolore di cui si sente plasmato.
E il dolore è una qualità dell’essere fragile.
Ecco perché voglio gridare la mia fragilità, dirlo ai miei matti, a tutti coloro che corrono da me per ancorarsi a una roccia. Devono sapere che semmai si attaccano a un vetro di Boemia, a un vaso di Murano, colorato, magari soffiato in forme curiose e piene di fascino. Come un vetro io, psichiatra fragile, tante volte ho corso il rischio di rompermi.
Una gracilità che però aiuta l’altro a vivere, che mi ha permesso di capire la fragilità e di rispettarla, di stare attento a non manipolare gli uomini, a non falsificarli. Ho amato persino i frammenti di uomo, mi sono dedicato con pazienza a metterne insieme i suoi pezzi.
La fragilità rifà l’uomo, mentre la potenza lo distrugge, lo riduce a frammenti che si trasformano in polvere. (V. Andreoli, «L’uomo di vetro», Rizzoli 2008)

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