La Sala Teatro della Piccola Casa della «Divina Provvidenza» di Torino era stracolma di volontari provenienti da differenti realtà associazionistiche socio assistenziali, operatori sanitari e pastorali convenuti sabato 12 novembre per il convegno promosso dalla San Vincenzo de Paoli di Torino, che era accreditato come evento formativo ecm per tutte le professioni sanitarie. Oltre a questi partecipanti accoglieva però anche una spiccata presenza giovanile, ben visibile seduta in fondo alla sala e composta da 150 studenti dell’Istituto «Cavour» di Torino, accompagnati da don Rossi, anch’essa lì giunta per ascoltare problematiche e riflessioni su un tema sociale, etico e sanitario toccante nel vivo della nostra società, così attraversata da una crisi economica che perdura da anni or sono, quale appunto «Salute e Povertà».
Nel porgere i saluti all’assemblea l’arcivescovo di Torino monsignor Cesare Nosiglia ha messo in luce alcuni aspetti che sono stati poi trattati nel corso del convegno, come «la mancanza di salute conduce talvolta a forme di povertà sempre più accentuate sia a livello fisico che morale e culturale» o «l’umanità si rivela nello stare insieme, nell’accompagnare, nell’ascoltare, nel prendere tempo per i poveri e i sofferenti, soprattutto quando sono affetti da malattie e disabilità» o ancora «nell’esercizio del volontariato occorre educare e far emergere quella carità che non è commiserazione ma condivisione. Ogni volontario, ministro della consolazione è chiamato a farsi servo e strumento di umanità verso il suo prossimo. Bisogna dare se stessi per gli altri, conoscere le persone e donare loro del tempo sulla base delle loro e non nostre necessità».
Nello spirito dei loro fondatori, i cottolenghini e i sanvincenziani proseguono ancor oggi il loro impegno al servizio dell’uomo povero e sofferente. E non appare dunque cosa strana che entrambe le realtà siano promotrici di tale convegno «fortemente voluto con passione e tenacia dal dr. Giovanni Bersano» presidente del ACC – SVdP Torino, come ha sottolineato in apertura sr Liviana Trambaioli, direttrice Case di Assistenza Cottolengo. Oggi la povertà allarga i propri confini e dalle persone più emarginate si estende «oltre all’apparenza di povertà, come gli anziani e le persone con basso reddito», ha sostenuto sr Trambaioli. Nel considerare il crescente numero di persone che non riescono ad accedere più alle cure, situazione che ancor più si aggrava per le persone emarginate, ha affermato: «Curarsi per tanti è un lusso. Per assurdo ci troviamo in un sistema dove il ticket nazionale si somma a quello regionale producendo così un costo superiore alla prestazione». Di “gocce di prossimità in un oceano del bisogno” che è anche quotidiano, costituiscono esempi lodevoli nell’ambito cottolenghino la recente campagna di raccolta fondi «Sos ticket» in favore di coloro che non possono permettersi di pagare le cure e al contempo informativa sul disagio sociale che si sta ora vivendo, e il servizio specialistico di ambulatorio infermieristico aperto a marzo di quest’anno intitolato al dottor Granetti.
Diversi interventi si sono poi susseguiti facendo incontrare e mettendo a confronto realtà diverse, come si era prefissa l’associazione vincenziana, quella del mondo sanitario e socioassistenziale con quella associativa di ispirazione cristiana religiosa e laica nell’intento di trovare all’interno del complesso panorama presentato delle possibili proposte per rispondere ai bisogni delle persone in difficoltà.
Intervista al dottor Giovanni Bersano
All’ideatore del convegno, il dottor Giovanni Bersano, presidente Associazione del Consiglio Centrale San Vincenzo de Paoli, nonché medico oncologo e palliativista e direttore degli hospice in Canavese, che ha moderato l’incontro della mattinata con illustri relatori, poniamo due domande.
Cominciando dal titolo del convegno può spiegare quale rapporto esiste tra salute e povertà?
Se una persona non benestante, cioè con limitate sicurezze in senso lato, si ammala, specie di una affezione grave o cronica, corre il rischio di impoverirsi significativamente e in breve tempo stante la situazione economico-finanziaria attuale e il venir meno di servizi e sussidi che un tempo erano garantiti. Se ad ammalarsi è una persona che già si trova in una situazione di povertà ecco che corre il rischio di essere travolto irrimediabilmente dalle due situazioni.
È senz’altro vero che in Italia abbiamo ancora un SSN efficiente, nonostante tutto, ma i dati OCSE dicono che la spesa pro-capite per la salute, in Italia, ammonta a 3.272 dollari di cui i ¾ derivano dal finanziamento pubblico e il resto è spesa “out of pocket”, ossia spesa di tasca propria da parte del cittadino. Questi numeri collocano l’Italia sotto la media OCSE e al 20° posto in una graduatoria con tutti i principali paesi dell’UE. Non può sorprendere, quindi, che milioni di cittadini rinuncino a certe cure per motivi economici.
Mi pareva giusto, quindi, che si potesse riflettere con tale Convegno su questi temi e che promotrice di tale riflessione fosse proprio la San Vincenzo Torinese che capillarmente è inserita nel tessuto sociale della Diocesi e “vive” tante situazioni di disagio e povertà.
Come ci interpella la povertà riguardo ai principi di solidarietà e sussidiarietà?
La povertà è una presenza costante, anche nelle società più opulente, i sociologi ci dicono che in ogni società normalmente esiste una determinata quota di individui che vivono “ai margini”. Oggi,però, con la crisi globale, esistono, o meglio si aggiungono, le cosiddette “nuove povertà” che ci interpellano in modo ancor più accorato e pressante.
Presento tre esempi. Sicuramente l’emergenza più pressante del nostro tempo è rappresentata dal problema lavoro. Oltre alla difficoltà di trovarlo si è aggiunta quella di mantenerlo; infatti drammatica è la situazione di chi si trova ad averlo perso, specie se in età avanzata e se questo costituiva l’unico reddito familiare. La famiglia diventa povera in brevissimo tempo anche perché è assai difficile, se non impossibile, riciclarsi in un mondo, quello del lavoro appunto, profondamente cambiato rispetto a come si era abituati a pensarlo.
Altra considerevole emergenza è quella abitativa. È noto come siano aumentate significativamente e drammaticamente le azioni di sfratto.
Non possiamo dimenticare, inoltre, la quantità di cittadini immigrati dal Sud del mondo che molto spesso si trovano in situazioni di totale indigenza, nuclei familiari con numerosi bambini ai quali manca tutto!
È evidente che ciascuno di noi, come cittadino e soprattutto come cristiano, viene interpellato a rispondere personalmente e collettivamente.
Lo Stato deve garantire almeno i diritti fondamentali e salvaguardare le conquiste in campo sociale che tanto sono costate in passato a chi si è battuto con determinazione e impegno soprattutto nel nostro mondo occidentale. Il ruolo del Volontariato deve essere quello di assicurare la sussidiarietà e la solidarietà organizzata, non certo quello di sostituirsi allo Stato, mantenendo la sua funzione Profetica, ossia quella freschezza e verità necessarie a rappresentare i grandi temi di equità e giustizia.
Quando ero al liceo un’insegnante mi aveva introdotto all’opera di Teilhard de Chardin che a un certo punto afferma: «Noi non siamo esseri umani che vivono una esperienza spirituale. Siamo esseri spirituali che vivono una esperienza umana» proprio per quest’essenza spirituale dobbiamo essere consapevoli che umanamente possiamo e dobbiamo darci da fare pur nella frustrante situazione che quanto ciascuno di noi può fare non è che una goccia nell’oceano. Tuttavia, se questa goccia non ci fosse, all’oceano mancherebbe come ci ricorda Madre Teresa di Calcutta e inoltre, in virtù della nostra essenza spirituale dobbiamo soprattutto affidarci alla Divina Provvidenza che arriva sicuramente dove noi non arriviamo con modalità misteriose e inimmaginabili.
***
Nell’accennare i discorsi dei relatori tenuti al Convegno, in breve, in ambito sanitario, sul piano bioetico il prof. Enrico Larghero, responsabile del Master in Bioetica alla Facoltà Teologica di Torino, ha sottolineato la necessità di creare una Alleanza terapeutica, fatta di fiducia reciproca, dinanzi alla sempre più ormai evidente complicata relazione in crisi oggi tra medico, persona assistita e operatore sanitario. Sul dovere di cura ha richiamato l’attenzione sulla competenza professionale da un lato e sulla coscienza umana dall’altro, una relazione incentrata sull’ascolto e sul farsi vicino alla persona malata e fragile, nonché sulla consapevolezza di operare in un contesto multietnico, pluriculturale e multireligioso. Infine, alla tutela del bene comune fanno parte il diritto alla cura, recepito come recita l’articolo art. 32 della nostra Costituzione − e non aspettiva “di guarigione” a tutti i costi − e i principi di solidarietà e sussidiarietà.
Il direttore generale dell’AslTO4 Lorenzo Ardissone ha invece parlato di come garantire la salute dei cittadini facendo quadrare la difficile economia del SSN, della difficile gestione di cronicità e fragilità, della sperimentazione del servizio di Infermiere di comunità come anello di congiunzione tra famiglie, comuni, parrocchie, associazioni di volontariato e presidi di cura, di formazione “umanistica”. «L’unico criterio di valutazione non possa, assolutamente, essere un budget economico. Oggi c’è bisogno di metodo e nel metodo la cosa indispensabile è sapere che noi lavoriamo per l’uomo nei suoi momenti di fragilità e dobbiamo essere capaci di accoglierlo e di orientare il suo percorso di cura», ha affermato Ardissone. Fare rete diventa necessario: «Una grande attenzione va posta alle famiglie che diventano il primo caregiver del paziente cronico. Allora creare sinergie con i comuni, con le parrocchie, con il volontariato, con le istituzione religiose e con le Istituzioni pubbliche presenti sul territorio diventa una pietra miliare per il servizio sanitario pubblico per sostenere modelli che nascono per soddisfare l’esigenze dell’uomo prima che quelle del bilancio». Si deve sviluppare una rete di servizi volta alla persona, come «una gestione dei percorsi dalla ammissione al ricovero ospedaliero alla dimissione sia a domicilio che in struttura con una capacità di lettura delle necessità e della offerta sia sempre più facilitante e non confondente, con una sinergia operativa tra ospedale, territorio, specialisti, medici di medicina generale».
Della situazione torinese tratteggia il quadro l’assistente sociale presso il Cottolengo Nicoletta Lilliu, a contatto con le richieste non solo dei bisogni primari ma recentemente anche delle cure sanitarie. Oggi il lavoro non esime dalla povertà: vi sono situazioni di famiglie monoreddito che faticano ad arrivare a fine mese e si rivolgono ai centri per pagamento di bollette, affitto o cure sanitarie.
Infine è stata protagonista la pluralità delle voci di volontariato − Casa Morgari, Anapa, Avo, Avulss, Unitalsi − che mette al centro la persona ed è operativa in diversi settori oncologico, ospedaliero, domiciliare, psichiatrico, psicologico e spirituale. Moderate dal direttore dell’Ufficio diocesano per la Pastorale della Salute don Paolo Fini, con le loro presentazioni e riflessioni i rappresentanti delle diverse associazioni hanno fatto intravedere la speranza di una possibile futura rete su temi trasversali come salute e povertà, tra i soggetti impegnati nella carità e altri soggetti pastorali. In tal modo la crisi economica che colpisce anche le stesse associazioni non porterebbe a fare meno di quanto la realtà richieda, come è stato più volte ribadito nel corso del convegno e dal direttore della Caritas Pierluigi Dovis.
Una necessità che trae forza anche dal coraggio del noto progetto di rete oncologica in Piemonte e Valle d’Aosta, un’esperienza ormai decennale, diretto dal professor medico oncologo Oscar Bertetto. Oltre ai servizi legati all’ambito sanitario, vanta anche quello della «Protezione Famiglia» che offre sostegno psicologico e sociale per rendere meno problematica la fragilità nella famiglia del malato oncologico grave dove sono presenti bambini o altri soggetti fragili. Si pensi alla situazione di un bambino piccolo con un genitore ammalato o ad una qualunque famiglia monoreddito con figli in cui il padre si ammala e muore.
© Bioetica News Torino, Dicembre 2016 - Riproduzione Vietata